La caotica rimozione del capo di OpenAI
Cosa sta succedendo nella società famosa per ChatGPT dopo l'allontanamento di Sam Altman, tra grandi incertezze e ripensamenti
Venerdì sera l’annuncio della rimozione di Sam Altman dal suo incarico di CEO della società OpenAI ha colto di sorpresa non solo buona parte degli analisti e osservatori, ma anche le stesse persone che lavorano all’interno della startup e nelle sue principali società partner come Microsoft.
Da cofondatore dell’azienda e suo CEO, Altman era il personaggio più in vista nell’ormai affollato settore delle aziende che si occupano di intelligenza artificiale (AI), soprattutto grazie ai successi raccolti nell’ultimo anno da ChatGPT, il sistema sviluppato da OpenAI. Un allontanamento così repentino era difficile da prevedere e ha portato una certa confusione nell’azienda, sulla quale ci sono interessi economici enormi, al punto da far sorgere qualche ripensamento all’interno del consiglio di amministrazione che ha preso la decisione.
Altman ha scoperto venerdì di essere stato rimosso dal proprio incarico poco dopo essere stato invitato a una riunione in videoconferenza con il consiglio di amministrazione. Ilya Sutskever, uno dei cofondatori di OpenAI, ha letto un breve comunicato ad Altman nel quale gli veniva comunicato di non avere più la fiducia del consiglio di amministrazione perché non era stato chiaro e sincero su alcune iniziative, «minando le capacità» dello stesso consiglio di svolgere il proprio ruolo. La dichiarazione alquanto vaga e non sostanziata nelle ore successive da ulteriori dettagli ufficiali ha portato diversi giornali, come il New York Times, a consultare alcune fonti interne a OpenAI per capire le effettive motivazioni di una decisione così drastica attuata in un momento di grande visibilità e potenzialità di sviluppo per la startup.
OpenAI era stata fondata nel 2015 da Altman, Sutskever, Greg Brockman e Elon Musk come una iniziativa senza scopo di lucro per la ricerca e lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale, orientati alla creazione di una AI generale, cioè in grado di svolgere praticamente qualsiasi compito. Nel 2018 Altman affiancò alla non profit una società vera e propria, che si chiama sempre OpenAI, e trattò con Microsoft ottenendo un finanziamento di 1 miliardo di dollari. L’investimento fu molto importante per sviluppare le prime versioni di ChatGPT e soprattutto avere le infrastrutture informatiche necessarie per farlo. Visti i risultati promettenti raggiunti, Microsoft in seguito investì altri 12 miliardi di dollari.
La nuova entità commerciale sarebbe stata comunque sotto il controllo del consiglio di amministrazione della non profit. I ricavi che genera l’azienda vengono condivisi con gli investitori come Microsoft, ma solo entro un certo limite. Tutto ciò che supera quel limite viene immesso nella non profit per sostenere le sue attività. L’organizzazione è piuttosto articolata e secondo alcuni osservatori ha contribuito a complicare i rapporti tra i dirigenti.
Sutskever, per esempio, aveva istituito all’interno di OpenAI un gruppo di lavoro con il compito di verificare che le varie evoluzioni di ChatGPT non costituissero un pericolo per la società. Già in passato Sutskever aveva sollevato preoccupazioni sulle implicazioni e gli effetti dei sistemi di intelligenza sempre più sofisticati. Altman aveva mostrato un certo interesse per l’argomento, ma al tempo stesso voleva sfruttare il più possibile la grande visibilità ottenuta da OpenAI nell’ultimo anno per attirare nuovi investimenti ed espandersi. Per questo alla fine dell’estate aveva viaggiato nel Medio Oriente e stretto contatti con SoftBank, la grande e ricca società giapponese specializzata in investimenti nel settore tecnologico, per un potenziale investimento da un miliardo di dollari da utilizzare soprattutto per lo sviluppo di nuovi dispositivi basati su ChatGPT.
Nel frattempo Sutskever aveva continuato a sollevare i propri dubbi, soprattutto sulle conseguenze di un impiego dei sistemi di intelligenza artificiale senza particolari limitazioni e controlli. Al tempo stesso aveva visto ridimensionarsi il proprio ruolo nell’azienda, dopo che Altman aveva deciso di promuovere Jakub Pachocki a direttore della ricerca: fino ad allora Pachocki era stato sotto Sutskever, mentre da quel momento era al suo stesso livello.
Sutskever poteva comunque contare sul sostegno di altre persone nel consiglio di amministrazione, come Tasha McCauley e Helen Toner, che negli ultimi tempi avevano partecipato attivamente al dibattito sui potenziali effetti negativi e distruttivi delle AI sull’umanità. Uno scenario in cui un’intelligenza artificiale causi la distruzione della specie umana è con le tecnologie di oggi improbabile se non impossibile, ma secondo gli attivisti che chiedono maggiori controlli e regole le cose potrebbero cambiare rapidamente visti i veloci progressi.
Dopo l’annuncio della rimozione del CEO, Brockman ha lasciato la società insieme a diverse altre persone vicine ad Altman, compreso Pachocki, mentre il ruolo di CEO è stato assunto temporaneamente da Mira Murati, fino a quel momento Chief Technology Officer, cioè la persona che si occupa delle decisioni sugli aspetti tecnologici. Mentre la notizia si diffondeva, tra i circa 700 dipendenti molti faticavano a capire quali fossero le motivazioni dietro una decisione così repentina e quali potessero essere le prospettive per OpenAI, senza uno dei suoi personaggi più in vista e conosciuti. Le successive dimissioni di altre figure chiave per lo sviluppo di ChatGPT e vicine ad Altman hanno acuito ulteriormente quelle preoccupazioni. Lunedì è stata diffusa una lettera firmata da 505 dipendenti di OpenAI che chiedono esplicitamente le dimissioni di tutti i membri del cda della società.
Breaking: 505 of 700 employees @OpenAI tell the board to resign. pic.twitter.com/M4D0RX3Q7a
— Kara Swisher (@karaswisher) November 20, 2023
La rimozione di Altman ha generato preoccupazioni anche al di fuori dell’azienda. Stando al sito di informazione Axios, per esempio, Microsoft ha appreso della decisione di rimuovere Altman solo pochi minuti prima che venisse resa pubblica da OpenAI con un comunicato. Il CEO di Microsoft, Satya Nadella, ha poi diffuso un proprio comunicato per ribadire l’importanza dell’investimento nella startup, ma secondo varie fonti la rimozione di Altman aveva suscitato un certo nervosismo all’interno di Microsoft soprattutto per le modalità in cui era stata effettuata.
Sabato Microsoft ha iniziato a fare pressioni per ottenere il ritorno di Altman e Brockman nelle loro rispettive posizioni all’interno di OpenAI, ma per come sono strutturate la non profit e la società vera e propria gli investitori non hanno particolare voce in capitolo, per quanto Microsoft possa comunque far pesare il proprio investimento da 13 miliardi di dollari.
Secondo alcune fonti consultate dal sito di tecnologia The Verge, il consiglio di amministrazione avrebbe trattato per il ritorno di Altman e Brockman: sembrava che nel tardo pomeriggio di sabato fosse stato raggiunto un accordo, ma le trattative si sarebbero poi fermate. Altman starebbe inoltre valutando la possibilità di fondare una nuova società secondo altre informazioni raccolte dal New York Times, nella quale potrebbero confluire molte persone di OpenAI rimaste deluse dall’allontanamento di Altman.