Il museo che espone opere d’arte censurate altrove
A Barcellona, raccoglie oltre 200 quadri, sculture e installazioni ritirate da altri centri d'arte per motivi sociali, politici o religiosi
A fine ottobre a Barcellona è stato inaugurato un museo d’arte dedicato interamente a opere censurate, ossia che in passato sono state ritirate da altre mostre o esposizioni perché ritenute inappropriate o controverse dal punto di vista sociale, politico o religioso. È il “Museo dell’Arte probita” (“Museu de l’Art prohibit” in catalano): la collezione include opere di artisti molto noti come Gustav Klimt o Pablo Picasso, ma anche quadri e sculture con un chiaro intento sociale e rappresentazioni satiriche di alcuni dei più noti leader internazionali dell’epoca contemporanea, dall’ex presidente statunitense Donald Trump al leader messicano Emiliano Zapata.
Il museo si trova tra il barrio gotico, Plaça de Catalunya e Casa Milà, nel centro di Barcellona. È nato da un’idea del giornalista e imprenditore Tatxo Benet, che da anni colleziona opere d’arte censurate e tuttora finanzia il museo. Nel 2018 Benet acquistò alla Mostra internazionale di arte contemporanea di Madrid (ARCO) l’opera “Prigionieri politici nella Spagna contemporanea” (“Presos politicos en la España contemporánea”), un’installazione dell’artista Santiago Sierra composta da 24 fotografie in bianco e nero di uomini e donne con il volto pixelato, in riferimento a 74 persone che l’artista considera prigionieri politici, detenuti che sono stati condannati a causa delle loro idee politiche (in questo caso vicine alla sinistra).
Al tempo la presenza all’ARCO di un’opera con un così forte significato politico fece molto discutere, e poco dopo l’acquisto da parte di Benet venne ritirata su richiesta degli organizzatori della mostra: in sostanza fu censurata. Benet ha poi ceduto l’opera al Museo de Lleida, una città in Catalogna.
Grazie a questa vicenda Benet si appassionò di opere d’arte sottoposte a censura, e cominciò a collezionarle. Oggi nel Museo dell’Arte proibita sono esposte oltre 200 opere tra quadri, fotografie, sculture, installazioni e prodotti audiovisivi. Molte furono create nel ventesimo o ventunesimo secolo, ma alcune risalgono al diciottesimo secolo.
Tra le opere esposte c’è McJesus di Jani Leonen, che raffigura il pagliaccio Ronald McDonald crocifisso, e una scultura di León Ferrari del 1965 che raffigura Gesù crocifisso su un aereo militare statunitense, in riferimento alla guerra in Vietnam che era in corso in quel periodo. Il video Freedom Fries: Still Life di Yoshua Okón mostra l’interno di un ristorante McDonald’s con una persona obesa, nuda, stesa su un tavolo.
L’opera “Silence” di Zoulikha Bouabdellah rappresenta 30 paia di scarpe con tacco a spillo su altrettanti tappeti da preghiera musulmani: fu rimossa da un museo di Clichy, in Francia, nel 2015 dopo l’attentato terroristico compiuto presso la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, a Parigi.
Alcune delle opere esposte hanno precisi riferimenti politici: c’è un ritratto di Donald Trump nudo, un dipinto del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata nudo, con un sombrero rosa e le scarpe col tacco, e una statua del dittatore spagnolo Francisco Franco posta all’interno di un frigorifero per le bibite. Nel 2012 quest’ultima opera, chiamata Always Franco e creata dell’artista contemporaneo Eugenio Merino, venne esposta all’ARCO suscitando alcune polemiche.
"Always Franco" sculpture (2012) by Eugenio Merino, who said at time. "I put him inside fridge because I thought he was still fresh, he's still present in our society," Change since is that dictator's defenders, always there before, are now much more in open with their ugly heads pic.twitter.com/TGeihJ04bu
— Nick Lloyd (@Civil_War_Spain) April 21, 2023