Milei vuole convincere gli argentini che è cambiato
Per il secondo turno delle presidenziali il candidato dell'estrema destra ha proposto un'immagine di sé sorprendentemente moderata
Il 19 novembre in Argentina si terrà il ballottaggio delle elezioni presidenziali tra Javier Milei, un economista ultraliberale di estrema destra, e il candidato di centrosinistra peronista Sergio Massa. La novità principale riguarda Milei, che ha dedicato l’ultima parte della propria campagna elettorale a smentire le principali proposte che aveva sostenuto nel primo turno di votazioni. Milei ha negato di voler privatizzare sanità e istruzione, come aveva sempre sostenuto finora, e più in generale cercato di ricalibrare le posizioni estreme ed eccessive che lo hanno reso noto in Argentina a nel mondo, e che avevano portato il giornale spagnolo El País a definirlo una «furia anti establishment».
Milei sta cercando di assicurarsi il sostegno del centrodestra, che sarà decisivo al ballottaggio del 19 novembre, e in particolare del 24 per cento dell’elettorato che al primo turno aveva votato per Patricia Bullrich, la candidata della coalizione di centrodestra Juntos por el Cambio, arrivata terza: si parla di 6,3 milioni di voti e di una base elettorale piuttosto variegata, che nei fatti potrebbe votare sia per Massa che per Milei. Il primo turno di votazioni era stato lo scorso 22 ottobre e Milei, dato per favorito dai sondaggi, era in realtà arrivato secondo, ottenendo circa 1,7 milioni di voti meno di Massa.
Il «rebrand» dell’immagine di Milei, come l’ha definito il Financial Times, è piuttosto sorprendente. Negli ultimi anni Milei era arrivato a dominare la discussione politica argentina con proposte e comportamenti eccessivi e anticonvenzionali: in stadi e piazze aveva gridato di voler privatizzare sanità e istruzione, di voler «bruciare la banca centrale», aveva definito la vendita di organi «un mercato in più», detto che i politici «devono essere presi a calci in culo» e che lo stato andava «preso a colpi di motosega», tra molte altre cose.
Nelle ultime settimane le immagini di edifici in fiamme dei comizi di Milei sono state sostituite con bandiere argentine, sono scomparse le critiche al Papa (nato in Argentina ed ex vescovo di Buenos Aires), che Milei aveva definito «un lurido uomo di sinistra», e la comunicazione è passata su un piano completamente diverso, molto più conciliante e misurato nei toni. L’occasione in cui questa trasformazione si è resa più evidente è stato uno spot elettorale diffuso questa settimana, in cui Milei, ripreso in primo piano, parla con il pubblico e in sostanza si rimangia tutto quello che aveva sostenuto finora.
Milei dice, con un’espressione seria e pacata, che la «classe politica» ha diffuso «un’enorme quantità di bugie» su di lui e il suo partito. Dice di non avere intenzione di privatizzare né la sanità né l’istruzione né lo sport e di non voler riformare l’Istituto Nazionale per il Coordinamento dell’Ablazione e dell’Impianto, quello che in Argentina regolamenta e supervisiona le donazioni e i trapianti di organi tessuti e cellule: Milei ha detto in sostanza di non avere intenzione di aprire alla possibilità di vendere gli organi, come aveva sostenuto prima (anche se questa idea era già stata presa più che altro come una provocazione).
Milei dice anche di non avere intenzione di allentare le norme sulla detenzione di armi, altro tema presente nel suo iniziale programma elettorale. Milei dice poi, in modo molto vago, di voler «abbracciare le idee che hanno reso grande questo paese» e di voler «porre fine all’inflazione, all’insicurezza e ai privilegi politici per sempre», senza dare dettagli di qualsiasi tipo su come intenda farlo.
Milei non ha fatto invece riferimenti alla sua promessa di rendere effettiva la dollarizzazione, cioè l’abbandono della moneta nazionale a favore del dollaro: è una misura controversa e di difficile applicazione, di primo piano nel suo programma elettorale (Milei si è anche presentato ad alcuni comizi con un enorme dollaro con la sua faccia).
Lo spot è accompagnato da una lenta e distesa musica di pianoforte, e oltre al primo piano di Milei si susseguono una serie di immagini di incontri affettuosi con i suoi sostenitori. In molti casi donne, anche se è noto che i suoi sostenitori sono soprattutto maschi: tra le altre cose Milei è contrario al diritto all’aborto e alla parità salariale tra uomini e donne. Lo spot si conclude con una grande inquadratura che dall’alto riprende una piazza piena di persone e con Milei che dice: «Non abbiate paura, lasciate che la speranza vinca sulla paura».
Sono parole, toni e messaggi radicalmente diversi da quelli che hanno contraddistinto l’ascesa politica di Milei, che ha sempre proposto un’immagine di sè istrionica, sopra le righe e aggressiva, con una retorica populista che in tutti gli ambiti, dall’economia all’immigrazione ai diritti e alla giustizia, ha fatto leva sulla delusione, sulla frustrazione e sulla rabbia di molti elettori ed elettrici nei confronti dei partiti tradizionali.
Il cambio d’immagine ha coinvolto anche il partito di Milei, La Libertad Avanza, che nelle ultime settimane ha cercato di mantenere un profilo più basso, riducendo per esempio il numero di rappresentanti autorizzati a parlare in pubblico, nel tentativo di evitare dichiarazioni controverse che possano magari suscitare polemiche. Settimane fa, per esempio, la politica Diana Mondino aveva paragonato il matrimonio omosessuale ai pidocchi, dicendo: «Se preferisci non lavarti e finire ricoperto di pidocchi, è una tua scelta. Poi non puoi lamentarti se a qualcun altro non piace che tu abbia i pidocchi».
Juan Negri, politologo dell’università Torcuato Di Tella di Buenos Aires, la capitale dell’Argentina, ha detto al Financial Times che «Milei sembra molto a disagio. La necessità di moderarsi lo porta a contorcersi in infinite contraddizioni», su quasi tutte le proposte principali del proprio programma. Altri analisti ritengono comunque che questa strategia comunicativa non lo porterà a perdere i propri elettori del primo turno, che nella maggior parte dei casi è improbabile che votino per Massa.
Un aspetto su cui invece Milei non sta moderando i toni riguarda le denunce di frodi e brogli elettorali che lui e la sorella Karina, la coordinatrice della sua campagna elettorale, hanno rivolto alle autorità. Milei ha sostenuto, senza presentare prove, che alle votazioni del primo turno migliaia di schede con il suo nome siano state danneggiate o addirittura rubate e sostituite con schede con il nome di Massa, e che tutto questo gli sia costato decine di migliaia di voti. Su queste basi Karina Milei ha anche presentato una denuncia formale alle autorità elettorali argentine, sostenendo che siano state attuate «frodi colossali» a danno di suo fratello.
Molti sostenitori di Milei hanno già organizzato alcune proteste in cui hanno denunciato brogli elettorali, attribuendo a questo il risultato deludente di Milei al primo turno. E Milei ha ripetutamente fatto capire di non essere disposto ad accettare una sconfitta, che attribuirebbe a queste presunte frodi.
I due principali partiti della coalizione di centro di Bullrich, Juntos por el Cambio, sono il partito di centrodestra Propuesta Republicana (PRO) e quello di centro Unión Cívica Radical (UCR). Per Milei sarà decisivo soprattutto il primo, che è il più grande della coalizione ed è guidato dall’ex presidente Mauricio Macri, figura centrale nel centrodestra argentino. Gli elettori di PRO si definiscono repubblicani e liberali: durante la campagna elettorale Macri era stato il principale sostenitore di Bullrich, ma aveva sempre mostrato simpatie per Milei e dopo il primo turno di votazioni si è espresso a suo favore, come ci si aspettava che facesse (altri politici vicini a lui l’avevano già fatto).
Milei ha concluso la propria campagna elettorale proprio con un comizio in cui si è mostrato sul palco insieme a Bullrich, che ha abbracciato pubblicamente per poi definire le elezioni di domenica «le più importanti degli ultimi 100 anni». Per Milei è particolarmente importante riuscire a convincere i sostenitori e le sostenitrici di Bullrich, all’interno di PRO: Macri è stato in più occasioni accusato da esponenti della sua coalizione di essersi spostato troppo a destra, e sono quindi gli elettori più moderati di questo partito quelli che potrebbero fare la differenza.