Se l’India vince i Mondiali di cricket
Domenica gioca la finale della Coppa del Mondo del suo sport preferito, l'unico tra i più diffusi in cui ha rilevanza internazionale
Dopo oltre un mese di partite lunghe quasi una intera giornata, i Mondiali di cricket ospitati dall’India terminano domenica con un’attesissima finale tra la nazionale di casa e l’Australia. È stata la prima edizione dei Mondiali di cricket ospitata interamente dall’India, che ha distribuito le partite del torneo in modo omogeneo tra dieci città, da nord a sud: alcune più grandi e conosciute come Nuova Delhi, Mumbai e Bangalore, altre più che altro suggestive come Dharamsala, città ai piedi dell’Himalaya e vicina ai confini con Pakistan e Cina.
L’India era data come grande favorita già in partenza e mercoledì scorso ha ottenuto un posto in finale battendo la Nuova Zelanda. Ha vinto tutte e dieci le partite giocate fin qui, in cui ha incontrato tutte le partecipanti al torneo, comprese l’Australia, l’Inghilterra e i grandi rivali del Pakistan. Nella finale di domenica ha la possibilità di tornare a vincere dopo dodici anni dall’ultima volta, quando organizzò la Coppa del Mondo insieme a Sri Lanka e Bangladesh. La finale di quel torneo la vinse a Mumbai proprio contro lo Sri Lanka, e il paese intero festeggiò per giorni, tra celebrazioni e folle che si possono vedere soltanto in India e soltanto per il cricket, una disciplina per cui la passione indiana ha raggiunto livelli ineguagliabili, nonostante sia stata inventata in Inghilterra e portata in India nel periodo coloniale.
Il cricket è diventato una delle poche cose che accomunano e talvolta uniscono oltre 1 miliardo e 400 milioni di persone in un paese talmente vasto e complesso da non avere una lingua ufficiale, in quanto unione di diversi stati linguisticamente e culturalmente diversi tra di loro.
Insieme alla Cina, l’India è uno dei due paesi più popolati al mondo e tra i più grandi anche per estensione del territorio. Le differenze all’interno di questi due paesi sono enormi, cosa che li rende anche poco decifrabili da un punto di vista occidentale. E anche in un periodo come quello attuale, in cui tante forme di intrattenimento raggiungono facilmente proporzioni globali facendo conoscere società e luoghi più remoti, il ruolo di questi due enormi paesi, e in particolare dell’India, continua a rimanere piuttosto marginale.
Da circa due decenni la Cina partecipa regolarmente — talvolta anche ospitandoli — a grandi eventi sportivi come le Olimpiadi, ma la sua partecipazione e soprattutto l’impatto sulla popolazione cinese si inseriscono all’interno del programma politico della dittatura che la governa. L’India invece, che è la più grande democrazia al mondo, è rimasta pressoché sempre assente dal panorama sportivo internazionale, se non disinteressata, e il suo peso demografico e culturale in questo ambito rimane ampiamente sottorappresentato.
Questo succede perché nello sport l’India continua a stare per conto suo. Non ha mai ospitato i Giochi olimpici e nella storia ha vinto appena una trentina di medaglie: come l’Irlanda e meno dell’Estonia. A calcio gli indiani giocano ancora poco: anni fa provarono a istituire un ambizioso campionato nazionale, ma l’interesse durò poco. Anche negli altri sport professionistici più diffusi l’India non fa mai parlare di sé, ad eccezione di uno, il cricket appunto, l’unica disciplina in cui si può vedere competere ad alto livello una selezione di professionisti indiani, e quindi intravedere tutto quello che si muove intorno.
Più della metà dell’intero giro di affari generato dal cricket nel mondo proviene dall’India, il cui campionato nazionale istituito nel 2008 — la Indian Premier League — è valutato circa 7 miliardi di dollari e attira ogni anno i migliori giocatori stranieri: in primis inglesi, sudafricani, australiani e neozelandesi. Nel settembre del 2020, in un periodo in cui in India la pandemia da coronavirus era fuori controllo, il campionato venne trasferito addirittura negli Emirati Arabi Uniti pur di farlo iniziare, evitando così di compromettere la stabilità economica dell’intero movimento internazionale.
Proprio per l’enorme impatto che il cricket ha sulla popolazione indiana, il governo e in particolare l’attuale primo ministro Narendra Modi sono stati molto coinvolti nell’organizzazione di questa Coppa del Mondo, per tanti anche in modo eccessivo. La finale di domenica si giocherà per esempio allo stadio di Ahmedabad, che con 130mila posti è il secondo impianto sportivo più grande al mondo. Dal 2021 lo stadio in questione è intitolato proprio a Modi, che in passato fu a capo del comitato del cricket nello stato di Gujarat, di cui è originario e di cui Ahmedabad è il capoluogo.
Anche per questo, alla vigilia di questa Coppa del Mondo il Guardian aveva scritto: «Si tratta di una campagna politica aggressiva, una manifestazione elettorale di sei settimane prima delle prossime elezioni in un paese in cui la rappresentativa dello sport nazionale sembra sia stata assimilata dal partito al potere».
Domenica allo stadio di Ahmedabad si attende il tutto esaurito con oltre 130mila spettatori presenti, praticamente tutti indiani. Dal termine della semifinale in cui l’India ha battuto la Nuova Zelanda, i prezzi dei voli per Ahmedabad e degli alberghi in città sono aumentati anche di dieci volte rispetto ai giorni precedente. Lo stesso sta succedendo a Gandhinagar, città poco distante da Ahmedabad, e a Indore, dove è presente l’altro aeroporto della regione, anche se dista quasi 400 chilometri.
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