Che fine ha fatto il movimento zapatista
È nato 40 anni fa e ha avuto una grande influenza sulla sinistra mondiale: oggi continua a operare nel sud del Messico, tra difficoltà crescenti
Il 17 novembre 1983 fu fondato in Chiapas, nel Messico meridionale, l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN), un movimento armato clandestino e anticapitalista che ha avuto e ha tuttora un’importanza fondamentale nello sviluppo della sinistra radicale in America Latina e ha una grossa influenza su molti movimenti di sinistra anche in Europa. Il gruppo divenne molto celebre e ammirato a partire dagli anni Novanta, anche per il carisma del suo leader, un professore universitario che si definiva sottocomandante — il “subcomandante Marcos” — perché si considerava un comandante che obbediva alla sua gente. Negli anni il suo personaggio, che si mostrava in pubblico indossando un passamontagna, come tutti gli altri membri del gruppo, e spesso fumando una pipa, è diventato un’icona globale paragonata anche al rivoluzionario argentino Ernesto “Che” Guevara.
Nel corso del tempo il movimento zapatista ha modificato parzialmente i propri obiettivi, trasformandosi da un gruppo rivoluzionario caratterizzato da azioni di lotta armata a uno che si batte per il riconoscimento dei diritti civili, sociali e di autodeterminazione delle popolazioni indigene. Soprattutto nel corso degli ultimi due decenni, inoltre, ha perso progressivamente centralità. In Chiapas, tuttavia, gli zapatisti continuano a gestire in maniera autonoma parte del territorio, anche se in maniere sempre più contrastate dal governo e dai gruppi criminali locali.
L’EZLN nacque in anni di scontri fra il governo del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), che ha governato il Messico in maniera autoritaria dal 1929 al 2000, e diversi gruppi clandestini armati. L’EZLN fu fondato da alcuni ex membri delle Forze di liberazione nazionale (FLN) – un’organizzazione di ispirazione marxista-leninista che anni prima si era scontrata, perdendo, contro l’esercito messicano – e da persone indigene dello stato del Chiapas. Secondo i suoi fondatori non indigeni, le FLN avevano fallito perché non erano riuscite a coinvolgere gli indigeni locali, che nello stato rappresentavano più del 25 per cento della popolazione e i cui diritti erano stati sistematicamente e storicamente negati dal governo centrale.
Il gruppo prese il nome dal leader rivoluzionario messicano Emiliano Zapata, attivo nei primi decenni del Novecento e figura mitica in Messico e nella sinistra mondiale, e nei primi anni si stabilì e crebbe in segreto nella Selva Lacandona, una foresta del Chiapas abitata dalla popolazione Lacandón, discendente dei maya. Il primo gennaio del 1994 fece partire una rivolta armata in Chiapas che chiedeva libertà, democrazia e giustizia per tutto il popolo messicano. Nei primi giorni della rivolta, l’EZLN occupò alcune città della regione, ma fu piuttosto rapidamente respinto dall’esercito.
Ad ogni modo gli zapatisti rimasero attivi nelle regioni forestali del Chiapas orientale, e riuscirono a creare delle comunità autonome basate su processi decisionali collettivi. Negli anni successivi è stato giudicato che l’insurrezione del 1994 abbia avuto un effetto positivo sul rafforzamento della democrazia messicana: nel 2000 il regime del PRI terminò, e il Messico divenne tutto sommato una democrazia.
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Per anni, il movimento zapatista fu avvolto da un’aura mitica che ebbe un’enorme influenza sulla sinistra mondiale. Il subcomandante Marcos, oltre che un leader politico e militare, è stato anche un grande comunicatore, capace di usare il suo carisma per attrarre l’attenzione del mondo nei confronti della causa zapatista. Tra le altre cose, negli anni il movimento organizzò convegni internazionali e Marcos è stato l’autore di moltissimi scritti politici e filosofici che ebbero una diffusione notevole soprattutto negli anni Novanta, e contribuirono ad aumentare il mito dello zapatismo e di Marcos stesso.
Nel 2014 il subcomandante Marcos annunciò la propria “morte simbolica” come personaggio e cambiò il nome in subcomandante Galeano, per onorare un altro leader zapatista ucciso quell’anno da un gruppo paramilitare nell’ambito di una repressione da parte del governo (una “guerra a bassa intensità” che non si è mai veramente fermata). Contemporaneamente annunciò anche che non sarebbe più stato la voce del movimento dato che «la sua immagine pubblica era diventata una distrazione» e cedette il comando al subcomandante Moisés (un uomo della comunità indigena Tojolabal) in favore di una conduzione più comunitaria. Nonostante questo, è ancora uno dei leader del movimento ed è incluso nei processi decisionali.
Contestualmente, l’ideologia e gli obiettivi del movimento sono cambiati: se nel 1994 l’obiettivo principale del gruppo era di istigare una rivoluzione di sinistra in tutto il Messico, oggi la gestione civile e pubblica dei territori è separata da quella militare e clandestina dell’EZLN e la componente indigena è diventata preponderante rispetto a quella rivoluzionaria. Ad esempio, negli ultimi anni il movimento si è concentrato sul contrasto alla «invasione di imprese depredatrici della natura», ossia le azioni del governo di deforestazione, estrazione di materiali fra cui l’argento, di cui il Messico è il primo produttore mondiale, e costruzione di grandi opere sul territorio indigeno, anche in luoghi considerati sacri.
In queste comunità e nei ranghi dell’Esercito zapatista le donne hanno un ruolo e delle responsabilità di rilievo. L’ideologia zapatista ha incluso da subito il principio dell’uguaglianza di genere e delle rivendicazioni femministe, specialmente nella loro accezione del femminismo indigeno: fra le cosiddette “leggi rivoluzionarie” concepite dal movimento ed enunciate durante la rivolta del 1994 c’era anche la Legge rivoluzionaria delle donne che garantiva loro diritti in materia di matrimonio, figli, lavoro, salute, istruzione, partecipazione politica e militare.
Nell’ultimo mese il movimento zapatista ha annunciato lo scioglimento dei “municipi autonomi”, cioè delle comunità che il movimento gestiva autonomamente. Molti hanno interpretato questo annuncio come un segnale di crisi, e gli stessi leader zapatisti, nei loro comunicati, hanno denunciato il fatto che i territori da loro amministrati sono sempre più invasi e minacciati dall’azione dei cartelli del narcotraffico messicano (che secondo gli zapatisti ricevono il sostegno del governo centrale). Contestualmente allo scioglimento dei municipi il movimento ha presentato anche una «nuova struttura dell’autonomia zapatista», ossia una riorganizzazione amministrativa dei territori, di cui però ancora non si sa molto.