Al nuovo rapporto sugli abusi nella Chiesa italiana mancano dei pezzi
È il secondo realizzato dalla Conferenza episcopale italiana e riguarda il solo 2022, ma i dati che contiene sono ancora pochi
Giovedì 16 novembre è stata pubblicata la seconda parte del rapporto “Proteggere, prevenire, formare” della Conferenza episcopale italiana (CEI), che contiene un’indagine indipendente commissionata dalla Chiesa italiana sulla pedofilia e sugli abusi sessuali e commessi al proprio interno.
La prima parte del rapporto era stata pubblicata nel novembre del 2022, e riguardava solo alcuni casi segnalati alla Chiesa stessa avvenuti tra il 2020 e il 2021. La seconda parte analizza invece i casi segnalati alla Chiesa nel 2022, ma nonostante sia stato presentato come un grosso passo in avanti per le indagini interne al clero, ha grosse lacune. Questo soprattutto a causa del numero ancora piuttosto basso di persone che si sono rivolte alle autorità ecclesiastiche per denunciare presunti abusi.
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Come la prima parte, anche la seconda è stata realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, e riguarda le rilevazioni fatte sulle attività dei servizi territoriali e dei centri di ascolto per la tutela dei minori delle diocesi, cioè le zone amministrative in cui la Chiesa divide i pezzi di mondo in cui è presente.
Hanno partecipato alla rilevazione 190 diocesi italiane (su 206, nel precedente rapporto erano state 166) e le segnalazioni sono arrivate da 108 centri di ascolto per la tutela dei minori che fanno riferimento a 160 diocesi italiane (pari al 77,7 per cento del totale). Nel primo rapporto si diceva che i centri di ascolto attivi erano 90, e che solo 30 avevano fornito i dati per la rilevazione dei casi di abusi.
Dei 108 centri di ascolto che hanno partecipato all’indagine, però, solo 38 hanno segnalato “1 o più contatti” di presunte vittime di abusi nel 2022, un dato in crescita rispetto al biennio 2020-2021 ma comunque molto basso: ci sono infatti 70 centri di ascolto che non hanno avuto nessun contatto. Questo dimostrerebbe come il sistema dei centri di ascolto diocesani non funzioni come dovrebbe, come spiegato al quotidiano Domani da Francesco Zanardi, presidente della “Rete L’abuso”, associazione che si occupa della tutela delle persone vittime di abusi sessuali da parte di religiosi. «Nel 2022 sono arrivate più vittime alla “Rete L’abuso” che a tutti gli sportelli diocesani italiani», ha detto Zanardi.
Secondo il rapporto nel 2022 sono stati segnalati 32 casi di presunti abusatori e il numero delle presunte vittime è 54: 18 tra questi casi si riferiscono al passato, mentre 14 al presente. Nel biennio 2020-2021 le presunte vittime di abusi erano risultate 89 e i presunti abusatori 68. Secondo il nuovo rapporto i presunti autori degli abusi hanno un’età compresa tra i 40 e i 60 anni in oltre la metà dei casi. Per la quasi totalità sono maschi (31 su 32), per il 37 per cento laici e per il resto religiosi o sacerdoti. Dall’analisi emerge inoltre che i luoghi in cui sono avvenuti i presunti abusi sono nella maggior parte dei casi le parrocchie (17 casi su 29).
Per quanto riguarda l’età delle presunte vittime di abuso, quasi metà sono ragazzi tra i 15 e i 18 anni (25 in tutto), 19 hanno più di 18 anni. Il rapporto non parla mai esplicitamente di pedofilia, pur riconoscendo 4 casi di presunti abusi nella fascia 10-14 anni, 4 casi nella fascia 5-9 anni e 2 casi nella fascia 0-4 anni. Il rapporto dice inoltre che le presunte vittime sono in netta prevalenza femmine (44).
Riguardo al numero di contatti di presunte vittime di abusi con i centri di ascolto diocesani, nel 2022 sono stati complessivamente 374, un dato in crescita rispetto al biennio 2020-2021 (nel 2020 i contatti erano stati 38, e nel 2021 erano stati 48). Cambiano però i motivi dei contatti: in più della metà dei casi nel 2021 il motivo era la denuncia di presunti abusi, mentre nel 2022 nell’81,9 per cento dei casi i contatti sono avvenuti per richiedere informazioni, e solo nel 18,1 per cento dei casi per presentare una denuncia all’autorità ecclesiastica.