L’esercito del Myanmar non riesce a fermare l’offensiva militare dei ribelli
Gli attacchi di diversi gruppi e su diversi fronti sono considerati la principale sfida al potere della giunta militare al governo dal 2021
Diversi dei gruppi ribelli che si oppongono al governo del Myanmar hanno iniziato una grossa operazione militare coordinata contro l’esercito birmano, mettendo in piedi il più grande attacco contro la giunta militare al potere dal 2021. Da tre settimane i ribelli conquistano ogni giorno nuovi centri abitati, mentre l’esercito finora non è riuscito a organizzare una controffensiva efficace. Fra i gruppi coinvolti ci sono le Forze di difesa del popolo (PDF), una milizia attiva in tutto il paese che vuole il ritorno alla democrazia, ma anche le milizie etniche che da decenni combattono contro l’esercito per l’autonomia o l’indipendenza della propria regione. Sono gruppi ben organizzati, che in alcuni casi controllano anche pezzi di territorio.
Il Myanmar, paese dove vivono 53 milioni di persone e che è grande più del doppio dell’Italia, fu governato da un regime democratico o semidemocratico dal 2015 al 2021, quando la leader di fatto del governo era Aung San Suu Kyi, nota anche per avere vinto il premio Nobel per la Pace nel 1991. Nel 2021 però il generale Min Aung Hlaing, comandante in capo delle forze armate, guidò un colpo di stato che riportò al potere una giunta guidata dai militari. Nei mesi successivi ci furono molte proteste nelle maggiori città del paese, che però furono represse con violenza dal nuovo regime. Quel movimento di protesta si trasformò poi nella resistenza armata delle Forze di difesa del popolo.
L’offensiva attuale è stata chiamata “Operazione 1027”, perché è iniziata il 27 ottobre. Le operazioni militari sono partite nello stato di Shan, nel nordest del paese, al confine con la Cina, dove vari gruppi armati combattono da decenni il governo centrale. I primi attacchi sono stati condotti dall’“Alleanza dei tre fratelli”, che riunisce tre delle milizie etniche più grandi, con più esperienza e meglio armate del Myanmar: l’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang, l’Esercito Arakan, e l’Esercito dell’alleanza democratica nazionale. Dopo l’iniziale successo di queste operazioni, l’esercito birmano ha cominciato a essere attaccato da altri gruppi armati.
Le Forze di difesa del popolo e alcune milizie etniche, fra cui il Fronte nazionale Chin nel nord e le Forze di difesa delle nazionalità karenni nel sudest, hanno attaccato l’esercito da diverse direzioni. Gli attacchi sono avvenuti principalmente in aree di confine con la Cina, l’India e la Thailandia, e il risultato è che ora l’esercito controlla in maniera estesa solo le pianure centrali del Myanmar.
Secondo un rapporto dell’ONU, le persone costrette a lasciare la propria casa a causa delle violenze sono state finora più di due milioni. Diverse ricostruzioni indicano che i ribelli evacuano preventivamente i villaggi e le cittadine che conquistano, per evitare che la popolazione civile rimanga coinvolta nel contrattacco dell’esercito, che spesso include bombardamenti aerei e di artiglieria. Il numero di miliziani uccisi non è chiaro: probabilmente sono diverse centinaia in entrambi gli schieramenti.
L’esercito birmano può contare su armamenti e mezzi forniti da Russia e Cina (fra cui aerei ed elicotteri) e unità d’élite che non sono ancora state impiegate sul campo. Per i ribelli la questione è diversa: alcuni gruppi sono molto male armati e sono costretti a ricorrere a mezzi artigianali e insoliti per contrastare l’esercito (si finanziano anche con un videogioco online). Finora però l’esercito non è riuscito a prevalere, forse perché deve rispondere su più fronti e parte svantaggiato nei combattimenti che avvengono in zone remote o poco raggiungibili, dove cioè i ribelli hanno maggiore conoscenza del territorio. Sembra anche che il morale dei soldati sia basso: in alcune delle battaglie recenti decine di militari hanno deciso di arrendersi ai ribelli.
Nonostante la Cina sia uno dei principali alleati del Myanmar, alcuni ritengono l’Operazione 1027 sia avvenuta con il consenso delle autorità cinesi: o meglio, l’ipotesi è che la Cina sapesse e che abbia lasciato fare ai ribelli senza opporsi. Recentemente in quelle zone si erano diffusi centri, gestiti da milizie alleate del governo, in cui venivano trattenute persone cinesi rapite o attirate con l’inganno per fare truffe online ai loro connazionali. La Cina, che collabora con una milizia attiva nello Shan (ma non coinvolta nell’Operazione 1027) per contrastare le truffe, si era lamentata col governo del Myanmar, che però non era riuscito a contrastarne le diffusione. Altri gruppi armati ribelli hanno detto di volersi impegnare per chiudere quei centri e consegnare i responsabili alla Cina.
L’operazione è considerata la più grande sfida che abbia dovuto affrontare la giunta militare da quando è al potere. Sembra comunque improbabile che i successi militari dei ribelli provochino in un rovesciamento del regime. È invece più probabile che i ribelli vogliano sfruttare le vittorie per costringere il governo ad accettare alcune rivendicazioni e ottenere così maggiore autonomia nei territori già controllati.