Che vuol dire “precettare”
Viene dal latino e si usa quasi solamente in relazione agli scioperi per indicare la facoltà del governo di posticiparli, limitarne la durata o cancellarli
Martedì sera il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha precettato lo sciopero dei lavoratori del trasporto pubblico in programma per venerdì, ossia ne ha limitato la durata a un massimo di quattro ore, tra le 9 e le 13. Lo sciopero sarebbe dovuto durare otto ore, ma secondo il governo un’interruzione così prolungata del trasporto pubblico avrebbe generato un disagio eccessivo.
Il termine “precettazione” deriva da una forma tarda del verbo latino praecipĕre, che fra i suoi diversi significati ha anche “ordinare”, “prescrivere”. Nel linguaggio giuridico “precettare” descrive l’attività di un’autorità che ordina a un certo soggetto di comportarsi in un certo modo, punendolo se le disposizioni vengono violate. Pur non essendo specifico di quest’ambito, di fatto il termine “precettazione” viene utilizzato abitualmente solo in relazione agli scioperi, anche se le leggi non fanno mai riferimento a questa espressione.
La precettazione di uno sciopero non è immediata. A eccezione delle situazioni di particolare necessità o urgenza, il governo deve prima chiedere il parere alla commissione di garanzia sugli scioperi, un’autorità amministrativa indipendente che vigila sui modi e sui tempi di convocazione degli scioperi. Era stata proprio la commissione a esprimere i primi dubbi sullo sciopero di venerdì: lunedì aveva diffuso una delibera in cui invitava le associazioni sindacali a modificarne gli orari e le modalità di convocazione.
La possibilità per il governo di intervenire in modo diretto sull’organizzazione di uno sciopero è relativamente recente. In Italia il diritto allo sciopero è tutelato dall’articolo 40 della Costituzione, secondo cui questo può essere esercitato «nell’ambito delle leggi che lo regolano». Fino al 1990 però non c’era nessuna legge del genere, e le proteste venivano organizzate in una situazione di vuoto legislativo, con molti disagi sia per i datori di lavoro che per i lavoratori.
Nel 1990 il sesto governo di Giulio Andreotti approvò la legge n. 146, con l’obiettivo di conciliare il diritto allo sciopero con quello della popolazione di accedere ai servizi pubblici, come i trasporti, le poste e gli ospedali. Furono quindi introdotte varie limitazioni, tra cui la possibilità per il governo di limitare la durata di uno sciopero se ritiene che possa compromettere in modo eccessivo «i diritti della persona costituzionalmente tutelati». È questa limitazione a essere definita precettazione.
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Prima di precettare uno sciopero il governo deve anche perlomeno provare a trovare un compromesso con i sindacati, motivo per cui martedì Salvini aveva convocato un incontro prima della precettazione.
Solo dopo aver sentito la Commissione di garanzia e aver incontrato i sindacati interessati, il governo – quindi il presidente del Consiglio o un suo ministro – può procedere con la precettazione. Per legge è possibile posticipare o ridurre la durata di uno sciopero fino a quarantotto ore prima del suo inizio: Salvini ha firmato la lettera di precettazione martedì sera, rispettando quindi di poco le tempistiche, dato che lo sciopero dovrebbe iniziare venerdì mattina.
Il governo può comunque derogare a questa regola nel caso in cui nei giorni immediatamente precedenti allo sciopero siano ancora in corso dei tentativi di mediazione con i sindacati. Salvini aveva usato proprio questo espediente lo scorso luglio: aveva convocato a sorpresa una riunione con i sindacati il giorno prima di uno sciopero dei treni, la cui durata era poi stata limitata da 23 a 12 ore.
Lo sciopero di venerdì non riguarda solo il settore dei trasporti, ma coinvolge anche i dipendenti pubblici e i lavoratori dell’istruzione, oltre ai lavoratori di tutti i settori ma solo in alcune regioni del centro Italia. È stato organizzato per chiedere aumenti salariali e protestare contro la politica economica del governo di Giorgia Meloni, e sarebbe dovuto durare otto ore o un interno turno. Secondo la Commissione di garanzia i sindacati non hanno tenuto conto della concomitanza tra gli scioperi, né delle limitazioni imposte dai contratti collettivi nazionali alla durata delle proteste in alcuni settori (per esempio, i Vigili del Fuoco e i lavoratori del trasporto pubblico locale possono scioperare per un massimo di quattro ore consecutive).