Non era un buon momento per una crisi in Portogallo
Il governo di António Costa, che si è dimesso per un presunto scandalo di corruzione, aveva in corso progetti e riforme economiche, e ora rimarrà tutto fermo per mesi
In Portogallo l’inchiesta su presunte tangenti legate all’estrazione di litio, che ha portato all’arresto di cinque persone legate al governo portoghese, alle dimissioni inaspettate del primo ministro, António Costa, alla caduta del governo e all’indizione di elezioni anticipate, avrà effetti che vanno oltre la politica. Il governo uscente era impegnato in alcune operazioni economiche piuttosto strategiche e importanti, che non potrà però portare avanti in questo momento di transizione in cui resta in carica solo per gli affari correnti.
Ciò significa che i vari piani del governo per l’economia resteranno in stallo per un po’, almeno fino alla formazione del prossimo governo dopo le elezioni. Ce ne sono almeno tre notevoli: l’impegnativa privatizzazione della compagnia di bandiera, la TAP Air Portugal, l’ambizioso piano di riforma delle agevolazioni fiscali per i residenti stranieri, e la gestione dei fondi europei del Recovery Fund. C’è poi una questione più ordinaria, ma comunque rilevante per l’economia portoghese: il governo deve anche approvare il budget per il prossimo anno entro la fine di dicembre.
Possono sembrare progetti non poi così urgenti, soprattutto per un’economia che va tutto sommato bene: il Prodotto Interno Lordo è in crescita e il debito pubblico in percentuale del PIL è addirittura sceso sotto i livelli del 2019. Secondo l’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il paese ha però bisogno di investimenti, riforme e piani di lungo periodo, anche per far fronte ad alcune storiche debolezze come il rapido invecchiamento della popolazione e la carenza di personale qualificato per la crescita dell’economia. E i tre piani del governo che potrebbero subire ritardi rientrano proprio tra gli interventi più rilevanti per garantire tutto questo.
Il primo, ossia la vendita della TAP Air Portugal, la compagnia di bandiera attualmente sotto il controllo dello stato, era nei piani da tempo. Nel corso della sua storia, la compagnia ha alternato incessantemente proprietà pubblica e privata: era stata privatizzata l’ultima volta nel 2015, per poi essere rinazionalizzata nel 2020, quando l’azienda era in crisi e lo stato l’aveva comprata nell’ambito di un piano di salvataggio concordato con la Commissione Europea.
Dopo quattro anni in perdita, l’anno scorso la compagnia ha ottenuto un profitto di 65,6 milioni di euro e per quest’anno sono previsti risultati ancora più positivi. A settembre il governo aveva annunciato di volerla vendere e di voler concludere l’operazione entro la metà del prossimo anno. Erano interessate alcune tra le più grandi compagnie europee, tra cui Lufthansa, Air France-KLM e IAG Cargo, ma è probabile che l’operazione resterà ferma finché non ci sarà un nuovo governo nel pieno delle sue funzioni.
Questo implica che lo stato dovrà aspettare ancora vari mesi prima di incassare i proventi della vendita. Ma le conseguenze non sono solo finanziarie: di fatto si sposta in avanti il ripensamento strategico dell’azienda, che sotto il controllo pubblico è stata solo rimessa in condizioni di funzionare e di smettere di perdere soldi. La vendita di TAP doveva anche essere l’occasione per il governo di ripensare al settore aereo nazionale in termini generali e di lungo periodo.
Il secondo grosso intervento economico che sarà probabilmente posticipato è la riforma delle agevolazioni fiscali per i residenti stranieri in Portogallo: sono attualmente molto generose e da anni per questo attraggono moltissimi pensionati e nomadi digitali, che spostano la residenza nel paese per godere dei vantaggi fiscali.
Il programma fu introdotto nel 2009 come misura per arginare almeno parzialmente le conseguenze della crisi economica del 2008, che in Portogallo furono particolarmente dure. Il paese rilasciava anche i cosiddetti “visti d’oro” alle persone straniere che acquistano case e appartamenti di un certo valore nel paese. I visti garantivano la possibilità di vivere e spostarsi liberamente nell’Unione Europea per cinque anni, e hanno avuto molto successo soprattutto tra persone di nazionalità russa e cinese.
Il governo aveva recentemente deciso di terminare questo sistema di incentivi per tentare di porre fine all’aumento dei prezzi delle case, che soprattutto nelle grandi città come Porto e Lisbona sono diventati molto alti e poco in linea con il tenore di vita dei residenti.
Per tentare poi di arginare la storica carenza di professionisti e la strutturale emigrazione giovanile aveva poi annunciato misure per incoraggiare i giovani più qualificati a restare nel paese, come sconti fiscali per i primi cinque anni di lavoro dei laureati e rimborso delle tasse universitarie per chi inizia la propria carriera lavorativa in Portogallo.
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Queste misure dovevano essere inserite nel budget del prossimo anno, e non è chiaro se ci rientreranno comunque: non è scontato perché l’abolizione di agevolazioni ormai consolidate nel sistema economico locale, e che per anni hanno garantito buone entrate fiscali, richiede una certa forza politica, che non è detto che un governo dimissionario abbia.
Infine c’è la questione legata ai fondi del Recovery Fund. Il Portogallo ha già ricevuto una somma pari a 2,7 miliardi di euro, ma deve accelerare con l’approvazione dei progetti residui se vuole ricevere i restanti 22 miliardi entro la scadenza del 2026. Finora è stato utilizzato solo il 12 per cento dei fondi.
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