Non si sa ancora come risolvere la situazione della Garisenda
Nel comitato tecnico si dibatte su come mettere in sicurezza la torre di Bologna che ha iniziato a torcersi in modo anomalo
Per la serata di venerdì 10 novembre era attesa la relazione del comitato tecnico scientifico della Garisenda, una delle due celebri torri di Bologna che negli ultimi mesi ha iniziato a oscillare e torcersi più del solito. La torre pendente è sotto osservazione da diversi anni per prevenire problemi di stabilità: i segnali raccolti da giugno a ottobre hanno imposto la chiusura della piazza e la limitazione della circolazione. Il comitato deve dare indicazioni precise su cosa fare, cioè sugli interventi necessari per mettere in sicurezza la zona e sul progetto di restauro per tentare di raddrizzare la torre. Nonostante le riunioni delle ultime due settimane, all’interno del comitato non è stato trovato un accordo, quindi non si sa ancora che fare con la Garisenda.
Il comitato tecnico scientifico è formato da 14 tra ingegneri, geologi e altri esperti. Nelle ultime settimane hanno lavorato a una relazione in cui verrà fatto il punto su tutti i dati raccolti negli ultimi anni, sulle anomalie degli ultimi mesi e soprattutto su cosa fare. Secondo le informazioni preliminari, il problema principale è la torsione, che pare aver cambiato direzione: ora punta verso sud, verso la torre degli Asinelli, un movimento diverso e più veloce rispetto a quello registrato negli ultimi anni.
La relazione non è stata ancora approvata perché tra gli esperti non c’è un accordo sulla definizione del rischio e in definitiva sulla gravità della situazione. I giornali bolognesi hanno ricostruito un vivace dibattito interno al comitato sulle parole da utilizzare nel documento finale: un conto è parlare di allarme, un conto di “rischio crollo”. Alcuni membri sono più cauti, altri invitano a non sottovalutare i dati. Mercoledì ci sarà un altro incontro, forse l’ultimo. Già sabato, dopo il rinvio della relazione di quasi una settimana, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano si è lamentato dei ritardi.
Anche sulle soluzioni non ci sono certezze. «Come durante la pandemia gli scienziati si sono riuniti e hanno trovato il vaccino, così mi aspetto che il comitato indichi la soluzione da adottare», ha detto la scorsa settimana il sindaco di Bologna, Matteo Lepore. «Ci sono diverse soluzioni allo studio, ma intanto che si sta dibattendo io metto la torre in sicurezza. Quando l’intervento sarà terminato, l’area pedonalizzata sotto le Torri sarà tra le più frequentate al mondo».
Negli anni sono stati proposti diversi interventi per garantire più stabilità: uno dei progetti consiste nell’iniezione di malta per riempire i vuoti all’interno della struttura e in questo modo consolidarla. Questo restauro non è mai partito davvero per via della lunga fase di selezione dei materiali da utilizzare. Non è possibile utilizzare malta qualunque: ne va scelta una compatibile con i materiali originali della torre.
«Individuare che tipo di malta iniettare è un’operazione molto lunga. Se oggi faccio un’iniezione, devo sapere come reagirà la selenite [il materiale che compone il basamento della torre, ndr] tra tre o sei mesi. La situazione è complicata e non si può rischiare di sbagliare per la fretta», ha spiegato Raffaela Bruni, ingegnera fino al 2020 a capo del Dipartimento lavori pubblici, mobilità e patrimonio del comune. Bruni guiderà il comitato per il restauro che riceverà le indicazioni dall’attuale comitato tecnico scientifico. La malta giusta è stata trovata, ma non è ancora certo che questa sarà la soluzione definitiva.
Un altro progetto proposto nel 2020 prevedeva di costruire uno o due grandi tralicci come base dei tiranti per stabilizzare la Garisenda, un’ipotesi molto complicata e non senza incognite. Il traliccio, infatti, dovrebbe avere fondazioni importanti e un sistema di pali, con possibili conseguenze per tutti gli edifici intorno.
Uno degli interventi già decisi è l’installazione di una gabbia intorno alla torre, una struttura che ha due funzioni: proteggere la zona in caso di crollo e permettere agli operai che saranno impegnati nel restauro di raggiungere tutte le parti della torre. Verrà installata una prima gabbia nel giro di poche settimane, poi una versione definitiva nei prossimi mesi. Dall’esterno sarà molto simile ai ponteggi utilizzati per le ristrutturazioni dei palazzi.
Nel frattempo lunedì mattina è iniziato il censimento degli abitanti che vivono vicino alla torre, nell’area definita “zona rossa”. Secondo i dati più recenti a disposizione del comune sono 459 persone, di cui 46 con meno di 10 anni e 14 seguite dai servizi sociali. Gli agenti della polizia locale hanno suonato i campanelli di tutte le case per consegnare opuscoli su cosa fare in caso di pericolo, e per raccogliere informazioni di contatto come i numeri di cellulare. Il piano di emergenza prevede che tutti gli abitanti siano informati con messaggi oltre che con sirene e megafoni. I punti di raccolta in caso di evacuazione saranno in piazza Nettuno, piazza Minghetti, piazza Santo Stefano e piazza Rossini, mentre eventuali sfollati saranno accolti alla biblioteca Salaborsa e all’Autostazione della città.