Negli ultimi anni David Cameron ha fatto soprattutto il lobbista
La sua nomina a ministro degli Esteri britannico è stata una sorpresa, anche per le polemiche riguardo a vari suoi incarichi
La novità più sorprendente del rimpasto di governo nel Regno Unito deciso dal primo ministro Rishi Sunak è stato l’incarico di ministro degli Esteri assegnato all’ex primo ministro David Cameron. Cameron ha 57 anni e da sette non aveva più ruoli politici: si era dimesso nel 2016 dopo l’esito del referendum su Brexit, da lui indetto con una decisione politica molto rischiosa e contestata.
Da allora pur rimanendo iscritto ai Conservatori Cameron si era allontanato da ruoli attivi e dal partito, facendo di fatto solo il lobbista. Aveva cioè rappresentato aziende private, perorandone la causa e gli interessi presso il mondo politico. In varie occasioni questa sua nuova attività era stata soggetta a critiche e in un caso, quello della società di servizi finanziari Greensill Capital, lo aveva portato ad essere coinvolto in un grosso scandalo legato al fallimento dell’azienda, senza però conseguenze legali.
Negli ultimi tempi non c’erano stati segnali di un riavvicinamento di Cameron al partito, almeno pubblicamente. L’ex premier britannico, in carica dal maggio 2010 al luglio 2016, aveva molto limitato i suoi interventi pubblici, e nelle ultime interviste aveva anche criticato due decisioni del governo di Sunak: la cancellazione del progetto di un treno ad alta velocità fra Birmingham e Manchester e la riduzione dei fondi destinati agli aiuti internazionali.
Il suo ritorno con un ruolo attivo e di primo piano nel governo Conservatore di Sunak è anche sorprendente per l’apparente distanza fra Cameron e l’attuale classe dirigente del partito che negli ultimi anni si è spostata decisamente verso destra. In questo senso la nomina di Cameron è stata interpretata come una concessione di Sunak all’ala moderata del partito.
Durante il periodo in cui era stato primo ministro Cameron aveva varato alcune riforme con l’obiettivo dichiarato di aumentare la trasparenza dell’azione di governo, comprendendo in questo progetto anche un tentativo di regolamentazione dei lobbisti, con la creazione di un registro ufficiale. Due anni dopo la sue dimissioni da primo ministro Cameron cominciò però un’intensa attività di consulenza con aziende private, spesso in ambito internazionale.
Non è stato il primo a farlo fra gli ex primi ministri del Regno Unito: in questo campo Tony Blair è spesso indicato come il precursore. Dopo la fine della sua carriera da primo ministro Blair, ancora relativamente giovane, ha mantenuto una vita politica piuttosto attiva a livello internazionale. Divenne per un periodo inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente, un gruppo composto da ONU, Unione Europea, Stati Uniti e Russia impegnato a trovare una soluzione pacifica al conflitto israelo-palestinese (senza successo). Poi divenne consulente e collaboratore di numerose aziende internazionali e di prestigiose università.
“Lobby” è un termine inglese che deriva a sua volta dalla parola latina che significa “loggia”, “tribuna”: in origine è stato utilizzato nel Diciannovesimo secolo per indicare la Camera dei Comuni, una delle due assemblee che costituiscono il parlamento britannico, il luogo dove i deputati incontravano il pubblico e, in particolare, i rappresentanti dei vari gruppi di interesse. Le persone che aspettavano i parlamentari nella lobby per parlare con loro furono quindi col tempo chiamati lobbyists. Oggi la parola “lobby” significa “gruppo di pressione”: indica genericamente un gruppo di persone che cercano di esercitare la propria influenza sul potere politico e amministrativo per difendere un interesse.
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Nello specifico ci sono società e figure professionali che si occupano direttamente e specificamente dell’attività di lobbismo, “su commissione”: un’azienda interessata all’approvazione di una determinata legge, insomma, può stipulare un contratto con una società o una persona specializzata perché queste facciano pressione sui politici per una determinata questione.
Cameron ha sfruttato le sue competenze e le notevoli conoscenze internazionali per proporsi ad alto livello in questo ruolo. Dal 2018 divenne consigliere speciale della società finanziaria Greensill Capital, svolgendo intermediazioni anche per cercare di coinvolgere membri del governo dell’Arabia Saudita. Nel 2021 in seguito al fallimento della società finanziaria il Financial Times e il Sunday Times accusarono Cameron di aver cercato di convincere Rishi Sunak, al tempo cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del ministro delle Finanze), a far ottenere a Greensill la massima allocazione possibile di prestiti garantiti dal governo nell’ambito di un meccanismo di finanziamento aziendale istituito durante la pandemia. Il primo ministro Boris Johnson aprì una commissione d’inchiesta da cui Cameron uscì senza conseguenze giudiziarie.
Una seconda inchiesta riguardò invece la sua opera di consulenza e lobbismo per l’azienda statunitense di biotecnologie Illumina. Cameron fu accusato di non essersi iscritto nel registro dei lobbisti creato dal suo stesso governo, ma fu poi sollevato da ogni accusa: la commissione ritenne che il contratto del 2019 fosse un’estensione di uno precedente e quindi non soggetto a dichiarazione.
Più recentemente, nel settembre 2023, ha suscitato polemiche il suo coinvolgimento nella promozione e nella ricerca di fondi per il finanziamento del progetto Port City Colombo, la costruzione di una zona economica speciale e un hub finanziario a Colombo, la capitale dello Sri Lanka. Nonostante Cameron abbia negato di aver parlato con membri del governo cinese, questo progetto è una parte fondamentale della Via della Seta, il grande progetto infrastrutturale voluto dal presidente cinese Xi Jinping. Nei progetti della Cina (che ha assunto il controllo quasi totale del progetto in seguito a problemi economici dello Sri Lanka) Colombo dovrebbe diventare un centro finanziario in grado di competere con Singapore e Dubai.
Cameron è stato anche consigliere e lobbista per la compagnia finanziaria First Data e per l’azienda di software e analisi dati Afiniti, entrambe statunitensi. È membro di una commissione presso la London School of Economics, docente di politica internazionale alla New York University di Abu Dhabi e membro del Washington Speakers Bureau della società di media statunitense Omnicom.
Le sue collaborazioni successive alle dimissioni, ma anche alcune scelte passate di politica estera (come il tentativo di avvicinamento nei confronti della Cina e parzialmente della Russia) sono state definite “problematiche” da molti esponenti delle opposizioni in occasione della sua nomina a ministro degli Esteri.