Il Piemonte e la Lindt discutono sulla ricetta dei cioccolatini gianduiotti
Un comitato piemontese vorrebbe ottenere la certificazione IGP, ma l'azienda svizzera si oppone chiedendo modifiche alla ricetta
Il Comitato del gianduiotto di Torino IGP, composto da imprenditori e cioccolatieri e sostenuto dalla Regione Piemonte, sta discutendo con l’azienda dolciaria svizzera Lindt sulla ricetta del gianduiotto, il noto cioccolatino prodotto con nocciole piemontesi. Il comitato e la Regione vorrebbero infatti ottenere la denominazione di Indicazione geografica protetta (IGP) per il gianduiotto, ma Lindt ha chiesto di cambiare la ricetta considerata originale per aggiungere nuovi ingredienti e ridurre il quantitativo di nocciole: proposte che il comitato ritiene inaccettabili.
La denominazione IGP è attribuita dall’Unione Europea a prodotti agricoli e alimentari considerati di alta qualità e fortemente legati al territorio di origine: per ottenerla è necessario che almeno una parte della produzione, lavorazione o preparazione del prodotto avvenga nella città o nella zona indicata come origine. In Italia la richiesta per l’ottenimento della certificazione deve essere approvata dalla regione di origine del prodotto, poi dal ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e infine dalla Commissione Europea.
In Piemonte la vicenda intorno alla ricetta del gianduiotto va avanti da oltre un anno. Nel marzo del 2022 il Comitato del gianduiotto di Torino IGP, coordinato dal maestro cioccolatiere Guido Castagna, presentò alla Regione Piemonte la richiesta per l’ottenimento della certificazione IGP. A settembre la richiesta fu accolta dalla giunta del presidente regionale Alberto Cirio, di Forza Italia, e inviata al ministero dell’Agricoltura (poi diventato ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare).
Iniziò quindi una fase di consultazioni con le associazioni di categoria e le aziende coinvolte, tra cui Lindt, che tramite il marchio Caffarel produce i gianduiotti su scala industriale. A Caffarel, storica azienda piemontese, è attribuita l’invenzione della ricetta del gianduiotto più di 150 anni fa, nel 1865. Nel 1997 l’azienda venne poi acquisita dal gruppo svizzero Lindt & Sprüngli.
Nel corso delle consultazioni Lindt ha presentato varie richieste alla Regione Piemonte. Le principali riguardano gli ingredienti e la composizione del prodotto: Lindt vorrebbe introdurre l’uso del latte in polvere, non previsto dalla ricetta originale ma comunque diventato piuttosto comune, e abbassare la componente minima di nocciole dall’attuale 30 per cento al 28 per cento. Antonio Borra, avvocato del Comitato del gianduiotto di Torino IGP, sostiene che le richieste di Lindt siano dovute principalmente a ragioni commerciali.
Della questione è arrivato a occuparsi anche il commissario europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, che questa settimana ha partecipato a un incontro in videocollegamento con Cirio, Castagna e il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Cirio e Lollobrigida hanno detto di voler proseguire con la richiesta approvata dalla Regione e inviata al Ministero, a cui Lindt si oppone, almeno in questi termini.
Se l’Unione Europea dovesse infine dare parere positivo alla richiesta, approvando quindi la ricetta proposta come unica “tradizionale”, Lindt e qualsiasi altra azienda potrebbero comunque continuare a produrre gianduiotti con ricette diverse da quella certificata, ma non potrebbero dichiarare l’indicazione “IGP” sui loro prodotti.