Il sondaggio che sta facendo preoccupare Biden e i Democratici
A un anno dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti mostra Donald Trump in vantaggio in diversi stati "in bilico"
A un anno dalle elezioni presidenziali del 2024, un sondaggio del New York Times e del rispettato istituto Siena College mostra risultati inaspettatamente negativi e preoccupanti per il presidente in carica Joe Biden e per il suo partito, cioè i Democratici. Il sondaggio riguarda sei stati definiti “in bilico”, quelli dove per come funziona la legge elettorale statunitense si decideranno le elezioni: in cinque stati Biden risulta indietro di diversi punti rispetto al suo più probabile avversario Repubblicano, Donald Trump. Il vantaggio di Trump è piuttosto consistente, fra i 4 e i 10 punti percentuali, in Arizona, Georgia, Michigan, Nevada e Pennsylvania. Biden mantiene un vantaggio di due punti percentuali solo in Wisconsin. Nelle elezioni del 2020 Biden aveva vinto in tutti e sei gli stati oggetto del sondaggio.
Il voto per le presidenziali è ancora piuttosto lontano – si voterà il 5 novembre 2024 – la campagna elettorale vera e propria di Biden non è ancora partita e il sondaggio ha margini di errore di alcuni punti percentuali, come sempre in questi casi. Ma la rispettabilità del sondaggio e la nettezza dei risultati sono state accolte con preoccupazione da analisti e politici Democratici. Soprattutto perché lo stesso sondaggio sembra rappresentare un forte calo del gradimento del presidente in carica fra diverse categorie di persone che erano state fondamentali nella vittoria alle elezioni del 2020: i giovani e gli elettori non bianchi.
I principali fattori di debolezza della candidatura di Biden sono infatti indicati nella sua età avanzata e nella gestione dell’economia, che viene percepita come problematica dagli elettori, nonostante i dati tutto sommato molto positivi.
Nei sei stati “in bilico” complessivamente Trump raccoglie il 48 per cento delle preferenze rispetto al 44 di Biden: entrambi i candidati sono percepiti come poco soddisfacenti, Trump rimane molto polarizzante ma una scelta fra i due al momento sembrerebbe favorirlo. Ci sono molti motivi per cui i risultati di questo sondaggio potrebbero non rappresentare quelli reali alle elezioni fra un anno. Se invece venissero confermati, il successo in cinque di questi sei stati basterebbe ampiamente a Trump per tornare alla Casa Bianca.
L’elezione del presidente negli Stati Uniti non avviene direttamente ma attraverso i “grandi elettori”: ognuno dei 50 stati esprime un numero di grandi elettori legato alla propria popolazione (più abitanti, più grandi elettori). I grandi elettori sono in tutto 538 e per diventare presidente bisogna ottenerne la maggioranza assoluta, quindi 270: in molti degli stati esiste una maggioranza storicamente consolidata a favore dei Democratici o dei Repubblicani, per cui spesso le elezioni finiscono con l’essere decise da alcuni stati in bilico (definiti “swing state”). Il sondaggio del New York Times si è concentrato proprio sui più popolosi fra questi.
Trump ha un vantaggio più ampio in Nevada (10 per cento) e Georgia (6 per cento), mentre un po’ più ristretto in Pennsylvania (4 per cento). Diverse domande del sondaggio che non riguardano esplicitamente il voto mostrano comunque un elettorato disilluso e molto insoddisfatto, elementi che renderanno la campagna elettorale assai imprevedibile.
I Democratici negli ultimi anni ritenevano di poter costruire una leadership duratura a lungo termine contando su un solido vantaggio fra i giovani e fra le minoranze non bianche, settori demografici che avrebbero aumentato progressivamente il loro peso sul totale dei voti. Questo vantaggio però si è fortemente eroso, per quel che indica questo sondaggio.
Fra gli under 30 il vantaggio di Biden su Trump è ridotto a un solo punto percentuale (per decenni fra gli elettori della fascia 18-29 anni i Democratici hanno avuto un ampio margine), fra gli ispanici è sceso sotto i dieci punti percentuali e il Repubblicano mostra fra gli elettori afroamericani un gradimento molto più alto che in passato, superiore al 20 per cento. Le donne restano favorevoli a Biden, ma fra gli uomini Trump ha un vantaggio di moltissimi punti.
Questi risultati sono stati giudicati un riflesso dei temi considerati centrali dall’elettorato: l’economia è largamente indicato come il più decisivo, molto più che la salvaguardia dei diritti civili, fra cui il diritto all’aborto, che era stato un fattore importante nelle elezioni di metà mandato. In questi stati il 59 per cento degli elettori consultati dal sondaggio ritiene Trump più affidabile di Biden in economia (il 37 per cento è dell’opinione opposta), ma il probabile candidato Repubblicano è preferito anche sul tema della sicurezza e della politica internazionale, dato che è stato fortemente influenzato dalle numerose crisi internazionali in corso, per ultima la guerra fra Hamas e Israele.
Esiste poi un tema molto importante legato all’età di Joe Biden: il 71 per cento lo considera “troppo vecchio” per svolgere con efficienza i compiti da presidente, un’opinione condivisa in tutti e sei gli stati e fra tutti i settori demografici (compreso il 54 per cento di chi si dichiara sostenitore del presidente). A questo riguardo il sondaggio proponeva anche soluzioni alternative per la candidatura Democratica. Nel caso la candidata fosse Kamala Harris, attuale vicepresidente che è stata fin qui incapace di assumere una reale rilevanza politica, Trump sarebbe ancora in vantaggio, ma con un margine ridotto: secondo il sondaggio anche la poco popolare vicepresidente sarebbe una candidata più forte di Biden. Un’altra opzione prevedeva che a sfidare Trump fosse un non definito candidato alternativo Democratico: in questo caso la situazione sarebbe ribaltata, con Trump in svantaggio di otto punti percentuali.
I dubbi sull’opportunità di una seconda candidatura di Biden, che nessuno all’interno del partito esprime pubblicamente per evitare di dimostrare scarsa compattezza in un momento molto delicato per Biden, sono stati invece esplicitati da David Axelrod, consigliere e stratega politico dei Democratici e in particolare dell’ex presidente Barack Obama. Axelrod, che già in passato aveva mostrato molti dubbi e poco entusiasmo nei confronti di Biden, ha scritto sui social e poi ribadito in un’intervista che Biden dovrebbe decidere se continuare a essere candidato «sia la cosa più saggia da fare; se sia nel SUO interesse o in quello del paese».
Only @JoeBiden can make this decision. If he continues to run, he will be the nominee of the Democratic Party. What he needs to decide is whether that is wise; whether it's in HIS best interest or the country's?
— David Axelrod (@davidaxelrod) November 5, 2023
La posizione di Axelrod, che si è comunque detto convinto che Biden alla fine resterà il candidato dei Democratici, è che la situazione sia pericolosa soprattutto per i rischi per la democrazia legati e un eventuale ritorno alla presidenza di Trump, che resta il netto favorito alle primarie dei Repubblicani nonostante le sue posizioni estremamente radicali, la sua tendenza a dire moltissime falsità, e i molti processi in cui è imputato.
Lo scenario che prevede che alle elezioni del 2024 i Democratici si presentino con un altro candidato rimane comunque molto improbabile: il presidente in carica è anche il capo del partito, e quindi dispone di una macchina enorme di consensi e finanziamenti; e al momento non sembra ci sia nessuno che intende mettersela contro.
I Democratici e soprattutto lo staff di Biden sono comunque convinti che in un anno ci siano ampi margini per ribaltare lo scenario attuale. I Democratici contano di utilizzare questi mesi per ricordare l’importanza del prossimo voto riguardo ai temi che avevano portato a una mobilitazione in passato, dalla difesa del diritto all’aborto ai rischi per la tenuta democratica, che rimangono comunque piuttosto trasversali. Sono temi che il sondaggio indica come meno centrali che in passato per gli elettori, ma che saranno oggetto di una intensa campagna di convincimento.