È presto per capire quanti danni ha fatto l’alluvione in Toscana
Il presidente Giani ha parlato di 500 milioni di euro, ma il conto potrebbe aumentare perché molte aziende sono ancora inaccessibili
L’eccezionale quantità di pioggia caduta tra giovedì e venerdì sulla Toscana ha causato l’allagamento di strade, case e aziende: sono morte sette persone e migliaia di edifici sono stati danneggiati dall’acqua e dal fango. I più colpiti sono stati i paesi vicino al corso del fiume Bisenzio, esondato in più punti, tra le province di Prato e Firenze. Ci sono stati molti danni anche a Pisa e sulla costa livornese. Il presidente della Toscana Eugenio Giani, nominato commissario per l’emergenza dal governo, ha stimato danni per 300 milioni di euro, poi saliti a 500 milioni nel giro di 24 ore. Al di là dei primi conti parziali, è ancora presto per capire quanti siano effettivamente i danni: qualsiasi stima è un azzardo perché ci sono ancora moltissime aziende e case inaccessibili a causa dell’acqua e del fango.
Prato è tra le province italiane con più aziende tessili. Sono circa 7.000 nel settore dell’abbigliamento, di cui poco più di 2.000 che realizzano o trattano i tessuti. Molte si sono sviluppate nelle aree industriali e artigianali che si trovano vicino al fiume Bisenzio, che dà il nome alla valle prima di attraversare la città e sfociare nell’Arno in provincia di Firenze.
Da venerdì le associazioni Confindustria e Confartigianato stanno ricevendo ogni giorno centinaia di richieste di aiuto dei loro associati: servono mezzi per spalare il fango e tecnici per far tornare la corrente saltata in molte zone. Secondo la ricognizione più recente ci sono ancora 1.100 edifici senza corrente. Il presidente di Confartigianato, Luca Giusti, ha detto che metà delle aziende tessili iscritte all’associazione hanno avuto allagamenti e danni: «E ancora non sappiamo quasi niente di Campi Bisenzio, dove le cose sono difficilissime. In generale, finché non si ritira l’acqua è complicato valutare gli effetti di questa ondata di maltempo».
Nella tessitura Lascialfari ci sono ancora 15 centimetri d’acqua. La maggior parte è stata rimossa tra sabato e domenica, ma per togliere quella rimasta servono tempo e mezzi adatti, come le idrovore. L’azienda si trova nel comune di Cantagallo, in Val Bisenzio, sull’appennino tosco-emiliano in provincia di Prato, una delle zone dove sono ci sono stati più danni. Il titolare si chiama Lido Lascialfari, ha 70 anni e ha passato gli ultimi tre giorni a spalare acqua, fango e melma. «L’acqua e il fango sono ovunque. Sono stati danneggiati i materiali, i macchinari e soprattutto le centraline elettriche», dice. «Non avevo mai visto una cosa del genere. Non so come farò. Ci vorrà almeno un mese per capire cosa è successo, sperando di riuscire davvero a rimettere in moto tutto».
La situazione è identica in altre piccole aziende e magazzini del paese. Qui all’acqua arrivata dal fiume Bisenzio esondato si è unita l’acqua fangosa scesa dalle montagne. I mezzi del comune e della provincia sono intervenuti per liberare le strade e i ponti. Al momento è complicato rispondere alle richieste di aiuto degli imprenditori costretti ad arrangiarsi. «Per fortuna è venuto un amico con una pala meccanica, altri colleghi non sanno come fare», continua Lascialfari. «Ci servono mezzi per liberare in fretta i capannoni e i magazzini. Farò di tutto per salvare i dipendenti, ma se non ci danno una mano non so come farò».
Lo stabilimento della Beste in località Ponte di Colle, nel comune di Cantagallo, si è riempito di acqua due volte in pochi giorni: giovedì e sabato. Il 90 per cento dei tessuti è stato danneggiato e non è ancora possibile sapere come sono messi i macchinari dal valore complessivo di 25 milioni di euro. Molti dei 285 dipendenti si sono messi a spalare fango e a pulire per far ripartire la produzione il prima possibile. «Tessuti, macchine, mobili, computer e auto: è tutto da buttare», ha detto il presidente Giovanni Santi al Resto del Carlino. «Anche cartongessi, infissi e il cancello all’ingresso sono da rifare, ma il problema maggiore è la ripartenza. Siamo forse una delle realtà più martoriate della Toscana. Noi abbiamo la produzione interna, dobbiamo ripartire per forza altrimenti moriremo».
Per un’azienda che fa tutto internamente, dalla preparazione alla tintoria dei tessuti, è molto complicato fermarsi anche solo per poche settimane. Il rischio, spiegano diversi imprenditori, è dovuto al posizionamento sul mercato internazionale che non tollera ritardi nelle consegne, i committenti potrebbero rivolgersi ai concorrenti vanificando anni di sviluppo competitivo. Confindustria ha chiesto e ottenuto l’attivazione del protocollo tra l’associazione bancaria italiana (ABI) e la Protezione Civile per una moratoria dei crediti delle imprese danneggiate dall’alluvione. Significa che le aziende potranno pagare le rate dei mutui in tempi più lunghi rispetto a quelli previsti. È una prima misura di sostegno, anche se molti ne invocano di più incisive, come i meccanismi di rimborso già attivati in passato in seguito a calamità naturali.
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Oltre ovviamente ai Vigili del Fuoco e alla Protezione Civile, tra le organizzazioni più impegnate nei soccorsi e negli aiuti agli imprenditori c’è Ramunion Italia, un’associazione nota soprattutto nella comunità cinese di Prato, la più popolosa d’Italia. Ramunion Italia è la sezione italiana di un’associazione che in Cina interviene in seguito a disastri naturali e che ha più o meno le funzioni della Protezione Civile italiana. Negli ultimi giorni i volontari, la maggior parte di origine cinese, hanno raggiunto le zone isolate con i gommoni per portare viveri e generatori elettrici alle persone bloccate. L’associazione ha messo a disposizione molte idrovore agli imprenditori in difficoltà, magazzini e aziende sono stati liberati dall’acqua. Soltanto nella giornata di domenica, la prima senza pioggia, il sistema di soccorso organizzato dalla Regione ha portato a termine 5.000 interventi.