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  • Domenica 5 novembre 2023

La truculenta pratica islandese di impalare le teste di cavallo

Il "palo del disprezzo" risale al decimo secolo ma ogni tanto si vede ancora, anche per via di un recente ritorno al paganesimo

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L’Islanda sta vivendo negli ultimi decenni un certo ritorno di popolarità del paganesimo e di alcuni riti tradizionali. Un movimento religioso che cerca di far rivivere tradizioni politeiste della mitologia nordica dal passato precristiano, l’Ásatrú, oggi dichiara di avere 5000 membri (su una popolazione totale di 370mila persone) e di essere la seconda religione dell’isola dopo il Cristianesimo. Negli ultimi anni è stata riscoperta e più volte utilizzata anche un’antica pratica pagana dell’epoca vichinga, quella del nidstang, il palo del disprezzo: consiste nel collocare una testa mozzata di cavallo su un palo, su cui viene incisa una poesia o una maledizione.

A partire dal decimo secolo il nidstang (in inglese nithing pole) era utilizzato per esprimere disprezzo verso qualcuno che si era macchiato di una presunta colpa, o per cercare di scacciare ospiti indesiderati: il palo li avrebbe tenuti lontani con poteri magici. Negli ultimi vent’anni il palo del disprezzo, in versioni più o meno fedeli alla tradizione, è comparso più volte in Islanda, all’interno di proteste pubbliche, anche nei confronti del governo, o per “risolvere” questioni private. In quest’ultimo caso la polizia islandese considera l’esibizione del palo come una “minaccia di morte”.

L’ultima volta che un nidstang è finito nelle pagine di cronaca islandesi è stato nell’aprile del 2022. Un palo con una testa di cavallo è comparso nella cittadina di campagna di Kjalarnes, non lontano dalla capitale Reykjavik: puntava verso una fattoria che ospita una comunità new age, chiamata Sólsetrid, al cui interno molti ritenevano che si compissero violenze psicologiche e sessuali e si facesse uso di droghe: queste accuse non sono mai state provate né sono diventate oggetto di qualche procedimento giudiziario, ma il palo del disprezzo voleva essere probabilmente un modo per esprimere una condanna morale. Non è mai stato appurato chi lo collocò di fronte alla fattoria.

Un palo del disprezzo illustrato nel libro “Saxo Grammaticus: Danmarks Krønike” (Wikicommons)

La tradizione del palo del disprezzo nasce dalla saga islandese di Egil, scritta durante il 13° secolo e che fa parte di una serie di testi che raccontano la storia dell’isola attraverso le leggende di troll, elfi e giganti. In particolare nella saga di Egil si racconta della famiglia di Egil Skallagrímsson, che visse fra l’850 e il 1000: un passaggio del testo racconta proprio come il protagonista eresse un primo nidstang su una delle montagne dell’isola, nell’intento di dominarla.

Alla tradizione delle saghe islandesi fanno riferimento anche i membri dell’Ásatrú, movimento religioso ispirato al paganesimo nato nel 1972 e che sta godendo di una certa popolarità in Islanda. Il culto ha fatto notizia per la sua rapida ascesa, per l’edificazione di un tempio nel 2015, ma anche perché è stato adottato da alcuni movimenti di suprematisti bianchi negli Stati Uniti. I rappresentanti islandesi di Ásatrú disconoscono quella che definiscono un’“appropriazione culturale”, ma la questione continua a essere di attualità ad anni di distanza.

Allo stesso modo Ásatrú definisce i pali del disprezzo una «pratica futile», sottolineando come il movimento si sia allontanato da rituali che presuppongano il sacrificio di animali. I giornali islandesi fanno però notare come la pratica sia tornata in auge proprio in corrispondenza dell’aumento della popolarità del movimento religioso.

Anna Bjorg, direttrice del Museo della stregoniera islandese di Hólmavik, ha detto al magazine online Atlas Obscura che il nidstang è «diretto verso qualcuno di cui ci si vuole vendicare ed è più pericoloso quando il destinatario è un singolo, piuttosto che  un’entità collettiva». Gli usi più frequenti del nidstang negli ultimi anni sono stati infatti quelli nelle proteste contro decisioni del governo: negli anni Settanta e Ottanta i pali vennero mostrati per protestare contro l’installazione di un impianto siderurgico sulla costa occidentale e poi contro l’adesione del paese alla NATO.

Un vindgapi esposto al Museo della stregoneria Islandese (Wikicommons)

Nel 2006 fu utilizzato in una disputa fra vicini di casa e un anno dopo fu collocato fra le braccia della statua dell’eroe dell’indipendenza Jón Sigurdsson, di fronte al parlamento, come messaggio di condanna per il progetto di una centrale idroelettrica. I pali della discordia non hanno sempre la forma originaria e hanno aspetti differenti a seconda delle diverse tradizioni (islandese, norvegese, svedese): la testa mozzata è stata sostituita talvolta da meno truculenti teschi, sempre di cavallo o di altri animali come pecore, capre, vitelli. Anche il vindgapi ha una struttura simile, ma un significato diverso: in questo caso sopra al palo con incisioni si colloca una testa di pesce, e in particolare di molva: l’intento è scacciare le tempeste.