Com’è finito il caso del “mago dei trapianti di trachea”
Il metodo inventato da Paolo Macchiarini si è dimostrato pericoloso, e il chirurgo è stato condannato a due anni e mezzo di carcere
Martedì la Corte d’Appello di Stoccolma ha confermato la condanna a due anni e sei mesi di carcere per Paolo Macchiarini, un chirurgo diventato molto noto grazie ad alcuni trapianti di trachea considerati rivoluzionari ma poi finito al centro di molti casi giudiziari sia in Italia che in Svezia, dove aveva lavorato a lungo. Macchiarini è stato ritenuto colpevole di violenza aggravata nei confronti di tre pazienti, a cui aveva trapiantato trachee artificiali con interventi ingiustificati dal punto di vista clinico.
Degli interventi di Macchiarini si parla ormai da anni. Dopo la laurea in Medicina all’Università di Pisa e varie esperienze all’estero, nel 2008 divenne noto per aver fatto a Barcellona, in Spagna, il primo trapianto di trachea utilizzando un organo proveniente da un donatore ma trattato con le cellule staminali, per ridurre il rischio di rigetto. Ci sono diversi tipi di cellule staminali: quelle su cui lavorava Macchiarini sono dette “adulte”, cioè cellule che rigenerano il tessuto in cui risiedono con tutte le sue molteplici funzioni. La paziente, una donna colombiana di 30 anni di nome Claudia Lorena Castillo Sanchez, sopravvisse all’operazione ma ebbe per anni importanti complicazioni respiratorie. L’intervento fu considerato rivoluzionario e venne raccontato da molti media internazionali, accrescendo enormemente la popolarità di Macchiarini anche al di fuori della comunità scientifica. Alcuni media lo definirono il «mago dei trapianti» di trachea.
In seguito al successo dell’intervento l’assessore alla Sanità della Toscana, Enrico Rossi, invitò Macchiarini a tornare in Italia per operare all’ospedale Careggi di Firenze e insegnare come professore ordinario all’Università della città. Iniziarono così i primi problemi: dai controlli di routine effettuati dall’Ateneo risultò che in passato Macchiarini aveva mentito riguardo alla sua carriera accademica, dicendo per esempio di aver studiato per due anni all’Università dell’Alabama, negli Stati Uniti (ci restò soltanto sei mesi) e di aver insegnato come docente ordinario all’Università di Hannover, in Germania, un’affermazione smentita dall’ateneo.
Macchiarini quindi non divenne professore all’Università di Firenze, ma operò all’ospedale Careggi per qualche anno e nel 2010 fu assunto dal Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia, la prestigiosa università che si occupa di selezionare i vincitori del premio Nobel per la Medicina. Nel frattempo cominciò a lavorare anche all’Università Medica di Kuban che si trova a Krasnodar, in Russia.
Nel 2012 Macchiarini fu accusato dalle autorità italiane di aver mentito ad alcuni suoi pazienti per convincerli a farsi operare all’estero e non a Firenze, dove avrebbe guadagnato di meno per gli stessi interventi. Fu assolto in via definitiva nel 2021.
Intanto continuò a fare trapianti di trachea utilizzando le cellule staminali, ma non tutti gli interventi andarono bene come il primo. L’agenzia di stampa Associated Press ha scritto che Macchiarini ha effettuato trapianti di trachea su almeno 20 pazienti, di cui solo tre sono sopravvissuti. Tra i pazienti sottoposti alla procedura c’è anche Hanna Warren, una bambina di due anni con cittadinanza coreana e canadese nata senza trachea, che Macchiarini operò nell’aprile del 2013 in un ospedale dell’Illinois, negli Stati Uniti. Il trapianto, effettuato con una trachea sintetica, non andò a buon fine e rese necessaria una seconda operazione: Warren morì poco dopo.
Nel gennaio del 2016 SVT, la tv pubblica svedese, mandò in onda il documentario “Gli esperimenti” in cui il regista Bosse Lindquis dimostrava che le persone operate da Macchiarini non stavano affatto bene come il medico voleva far credere. In Svezia il documentario fece riemergere molti dubbi che già da anni circolavano intorno alla figura del chirurgo e alle sue attività al Karolinska Institutet.
A marzo del 2016 Macchiarini fu licenziato dall’istituto, con le accuse di aver falsificato il curriculum e di aver presentato in modo fuorviante il proprio lavoro. Pochi mesi dopo, a settembre, due giudici del comitato che assegna il premio Nobel per la Medicina furono licenziati per la loro responsabilità nell’assunzione di Macchiarini al Karolinska Institutet.
Anche le autorità svedesi iniziarono a indagare sul caso, con non poche difficoltà: molte delle operazioni effettuate dal chirurgo coinvolgevano pazienti in situazioni eccezionali, per le quali non esistevano procedure mediche consolidate ed era quindi molto difficile dimostrare la presenza di condotte punibili penalmente. Macchiarini fu incriminato dalle autorità svedesi anni dopo, nel 2020, con l’accusa di violenze aggravate in merito a tre trapianti di trachea effettuati al Karolinska Institutet tra il 2011 e il 2014. Tutti i tre pazienti (due uomini e una donna) morirono dopo l’intervento, l’ultima dopo vari anni di complicazioni e molti altri interventi chirurgici.
Nel 2022 Macchiarini fu assolto per i primi due interventi, ma per il terzo fu ritenuto colpevole di lesioni personali (quindi non di violenze aggravate, come inizialmente ipotizzato). Secondo i giudici di una corte distrettuale di Stoccolma, gli interventi non erano stati svolti «in conformità con i metodi scientifici». Complessivamente però le prime due operazioni furono considerate «giustificabili» a causa delle condizioni molto precarie dei pazienti, mentre la terza no. Inoltre dato che già i primi due interventi non erano andati bene, Macchiarini avrebbe dovuto riconsiderare la procedura ed evitare di eseguirla un’altra volta. Gli fu data però solo una sentenza “sospesa”, ossia una sorta di periodo di osservazione di due anni: se in quel periodo Macchiarini non avesse compiuto altri reati, la pena avrebbe potuto essere rivalutata.
Lo scorso giugno la sentenza fu rivista da una Corte d’appello e Macchiarini fu condannato a 2 anni e sei mesi di carcere per violenza aggravata nei confronti di tutti i tre pazienti coinvolti nel caso. Secondo la Corte d’appello che ha giudicato il caso, gli interventi hanno causato «danni e sofferenze fisiche ai pazienti», i quali senza l’intervento avrebbero potuto sopravvivere per un periodo di tempo «non irrilevante». I giudici hanno ritenuto che Macchiarini fosse cosciente dei rischi del suo metodo di trapianto e delle sofferenze che questo avrebbe causato ai pazienti. La pena è poi stata confermata in appello il 31 ottobre, ma al momento le autorità non sanno dove si trovi il chirurgo.