Le sperimentazioni per produrre fertilizzanti con la pipì
Il fosforo contenuto nell'urina umana potrebbe aiutare a ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura, ma raccoglierla è complicato
di Simone Fant
A Brattleboro, nello stato americano del Vermont, c’è un’organizzazione che raccoglie donazioni di pipì. Si chiama Rich Earth Institute e dal 2012 conduce ricerche sui fertilizzanti ottenuti dall’urina. Il suo obiettivo è recuperare alcune sostanze che rendono il suolo fertile, riducendo al tempo stesso la quantità di acque fognarie da trattare e l’uso di fertilizzanti sintetici, la cui produzione è responsabile di grosse quantità di emissioni di gas serra.
I fertilizzanti che sostentano gran parte della produzione di cibo nel mondo contengono tre elementi particolarmente importanti: l’azoto, il potassio e il fosforo, elemento usato anche per la realizzazione di pannelli solari e batterie per auto elettriche. Ed è proprio il fosforo una delle sostanze che il Rich Earth Institute ricava dall’urina.
Oggi i fertilizzanti contenenti fosforo si ottengono nella stragrande maggioranza dei casi dalla fosforite, un minerale estratto da rocce di origine sedimentaria. Fino al 2021 i dati dello US Geological Survey, l’istituto geologico statunitense, parlavano di riserve mondiali di fosforite che ammontavano a 71 miliardi di tonnellate e si trovavano principalmente in Marocco (50 miliardi di tonnellate): per questo si parlava del rischio che in qualche decennio si sarebbe arrivati a una carenza di fertilizzanti con gravi conseguenze sulla produzione alimentare globale.
Dopo la recente scoperta di un gigantesco deposito da 70 miliardi di tonnellate di fosforite in Norvegia, le cose potrebbero cambiare: la compagnia mineraria Norge Mining prevede che tali disponibilità potrebbero soddisfare la domanda mondiale di fertilizzanti, pannelli solari e batterie per auto elettriche dei prossimi 50 anni. Inserito dalla Commissione Europea nella lista delle materie prime critiche, il fosforo rimane comunque una risorsa esauribile nel medio periodo.
Le piante richiedono sostanze nutritive per crescere e produrre il cibo che mangiamo, e per incrementare la rendita dei raccolti i fertilizzanti sintetici ricchi di fosforo e azoto sono diventati sempre più usati dagli agricoltori di tutto il pianeta. Dal momento in cui, nei primi del Novecento, i chimici tedeschi Fritz Haber e Carl Bosch impararono a produrre industrialmente ammoniaca a partire dall’azoto, i fertilizzanti sintetici hanno contribuito in modo determinante alla riduzione delle carestie nel mondo. Sono così importanti che, con i metodi agricoli attuali, il centro di ricerche britannico Rothamsted stima che senza di essi potremmo produrre solamente la metà del cibo. Negli ultimi 50 anni l’utilizzo di fertilizzanti è quadruplicato e con l’aumento della popolazione la domanda è destinata a salire.
L’urina può contenere tra il 50 e il 70 per cento del fosforo contenuto negli scarichi domestici, e il suo riciclo per uso agricolo – o “pipiciclo”, come lo chiamano in Vermont – è considerato una pratica che, comparata alla produzione e all’uso di tradizionali fertilizzanti sintetici, può avere un minore impatto ambientale per diverse ragioni. Secondo uno studio del 2023 realizzato da un gruppo di ricerca dell’Institut national de recherche pour l’agriculture, l’alimentation et l’environnement (INRAE) francese, causa minori emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale gas che causa l’effetto serra, minore eutrofizzazione (cioè nutrimento eccessivo delle alghe nei corsi d’acqua), limita l’utilizzo di materie prime e di acqua. Le diverse tecnologie disponibili per trattare l’urina umana ed estrarne il fosforo consumano ancora tanta energia, e dunque causano una significativa produzione di emissioni di gas serra a meno di usare esclusivamente energia prodotta da fonti rinnovabili, ma il riciclo consentirebbe una riduzione degli impatti ambientali sia nella fertilizzazione agricola sia nel trattamento delle acque reflue.
A livello globale l’80 per cento delle acque fognarie non riceve alcun trattamento, e per questo l’urina e le feci umane non correttamente trattate rilasciano fosforo e azoto nelle acque di fiumi e laghi, contaminandoli. Un eccessivo incremento provoca l’eutrofizzazione, che può portare alla crescita eccessiva di alghe che impoveriscono l’acqua di ossigeno e per questo decimano le specie acquatiche. In alcuni casi poi le specie di alghe in eccesso possono contenere e disperdere nell’acqua sostanze tossiche anche per gli esseri umani.
L’eutrofizzazione non deriva solamente dall’inquinamento provocato dalle acque fognarie non trattate, ma anche dal suolo dedicato all’allevamento intensivo. Per esempio, la proliferazione di alghe tossiche nel lago Erie, nel nord degli Stati Uniti, è causata dalle feci prodotte negli allevamenti che sorgono lungo il fiume Maumee, immissario del lago: mucche e maiali trasformano soia e granturco (fertilizzati) in letame contenente sostanze nutritive per le piante che poi finisce nel lago. Nel 2018 la superficie di un altro lago americano, il lago Okeechobee, in Florida, è stata coperta per il 90 per cento da una fanghiglia tossica. La stessa situazione riguarda anche altri laghi e fiumi in giro per gli Stati Uniti, il terzo maggior produttore di fosfato raffinato, un composto del fosforo.
Questo tipo di inquinamento è dovuto al fatto che i fertilizzanti vengono spesso applicati in dosi più elevate rispetto alla capacità di assorbimento delle piante. Le sostanze nutritive che contengono filtrano rapidamente attraverso il terreno e gli agricoltori ne applicano grandi quantità per essere sicuri di nutrire sufficientemente le radici. Il risultato è che si diffonde nell’ambiente una grande quantità di sostanze che si trasformano in una fonte di inquinamento.
L’uso eccessivo di fertilizzanti contribuisce anche al cambiamento climatico. Se vengono applicati in eccesso o in modo improprio, diffondono nell’atmosfera protossido di azoto, un gas che ha un contributo all’effetto serra 300 volte maggiore rispetto a quello dell’anidride carbonica a parità di massa. E la produzione di ammoniaca sintetica (sostanza attraverso cui le piante assorbono azoto e quindi ingrediente fondamentale dei fertilizzanti) richiede molta energia e dunque causa notevoli emissioni di CO2. Si stima che il letame e i fertilizzanti sintetici siano responsabili dell’emissione di 2,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno, più dell’aviazione e del trasporto marittimo messi insieme.
Diversi studi scientifici dicono che il riciclo dell’urina può diventare una pratica efficiente anche in termini di resa agricola, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. «La combinazione di humus (complesso di sostanze organiche presenti nel suolo derivate dalla decomposizione di residui vegetali e animali) e fertilizzante organico-minerale ottenuto dal riciclo dell’urina migliora la crescita delle piante e mantiene la fertilità del suolo», dice Ariane Krause, ricercatrice al Leibniz-Institut e co-autrice di uno studio che ha testato i benefici del riciclo da urina e feci, stimando che i fertilizzanti ricavati dagli escrementi umani potrebbero sostituire oltre il 25 per cento di quelli sintetici attualmente utilizzati.
Tuttavia anche le quantità dei fertilizzanti organico-minerali devono essere dosate in modo da consentire al suolo di rigenerarsi. Per mantenere la fertilità del terreno e contenere la fuoriuscita di sostanze nutritive dal letame animale è quindi importante nutrire le piante senza esagerare.
Al Rich Earth Institute l’urina donata deve essere consegnata in apposite taniche con imbuto, progettate per eliminare gli odori e consentire il travaso del liquido. Poi viene pastorizzata, cioè sottoposta a un trattamento termico che serve per eliminare molti microrganismi e aumentare i tempi di conservazione, e distribuita agli agricoltori locali come fertilizzante organico-minerale. Grazie alle ultime tecnologie è possibile produrre 100 litri di concime liquido da mille litri di urina. Considerando che in un anno gli abitanti della città di New York producono circa 4,5 miliardi di litri di pipì e quelli di Shanghai quasi 14, il potenziale potrebbe essere immenso.
Al momento però la sfida più complessa è trovare un metodo efficiente ed economico per raccogliere la giusta quantità di pipì. Un modo prevede la raccolta e il trattamento dell’urina dagli impianti di depurazione delle acque reflue (acqua contaminata dall’uso umano e industriale). Nonostante si parli di questa pratica da diversi decenni, sono ancora molti, forse troppi, gli ostacoli per vedere un suo sviluppo su vasta scala. Gli impianti odierni sono progettati per rimuovere i nutrienti come fosforo e azoto piuttosto che recuperarli. Alcune ricerche suggeriscono che per far diventare il pipiciclo una possibilità reale nell’agricoltura su larga scala sarebbe necessaria una riconversione dei nostri sistemi fognari che renda possibile la separazione dell’urina.
L’approccio di raccolta più innovativo consiste invece nel separare l’urina alla fonte: per quanto abbiano ancora dimensioni ridotte, esistono varie iniziative che se ne occupano.
Diversamente dalle feci, la pipì presenta un rischio molto basso di trasmissione di agenti patogeni (i microrganismi responsabili dell’insorgenza di una patologia) e offre la possibilità di filtrare meglio i residui farmaceutici. La raccolta viene effettuata tramite orinatoi a secco (senza o con pochissima acqua) e sono previsti trattamenti che vanno dalla semplice conservazione per uso locale, come nel caso del Rich Earth Institute, a trasformazioni industriali più complesse che producono fertilizzanti organici come l’Aurin, un concentrato a base di urina sviluppato dall’Istituto federale svizzero di scienza e tecnologia acquatica (Eawag) e autorizzato per la vendita anche in Liechtenstein e in Austria.
In Francia, il parco dei divertimenti Futuroscope ha iniziato a riciclare la pipì dei suoi visitatori. Entro il 2025 utilizzerà solo orinatoi senza lo sciacquone, in modo che l’urina non finisca nelle fogne ma in appositi serbatoi. Lanciato a luglio 2021 come esperimento, dal parco sono stati recuperati oltre 23.000 litri di pipì con un risparmio di 275.000 litri d’acqua. L’idea è nata dalla startup francese Toopi Organics che collabora con festival di musica, eventi e servizi autostradali per raccogliere l’urina da riciclare.
Viste le difficoltà logistiche nella raccolta e il trasporto della pipì, è molto improbabile che il riciclo della pipì possa sostituire completamente i fertilizzanti sintetici, ma può essere un’alternativa più sostenibile e praticabile in alcuni contesti.