Matthew Perry non nascose le sue dipendenze

L'attore di “Friends” morto sabato ne parlò spesso, impegnandosi per aiutare altre persone e creare maggiore consapevolezza

Matthew Perry durante una visita al Congresso degli Stati Uniti a Washington, il 16 luglio del 2013
Matthew Perry durante una visita al Congresso degli Stati Uniti a Washington, il 16 luglio del 2013 (Nick Wass/ AP Images for National Association of Drug Court Professionals)
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«Salve, il mio nome è Matthew, anche se potreste conoscermi con un altro nome. I miei amici mi chiamano Matty. E dovrei essere morto». È così che comincia Friends, amanti e la Cosa Terribile, l’autobiografia del 2022 dell’attore Matthew Perry, noto per aver interpretato il personaggio di Chandler Bing nella celebre serie tv Friends, morto sabato a 54 anni per cause ancora da chiarire.

Nella sua autobiografia Perry aveva raccontato dell’enorme successo della sitcom, una serie di culto per decine di milioni di persone, ma soprattutto della “Cosa Terribile”, cioè i problemi di dipendenza da alcol e droghe che avevano condizionato la maggior parte della sua vita. Negli anni Perry aveva parlato in diverse occasioni delle sue dipendenze, spiegando con grande candore come gli avessero creato enormi problemi di salute fino a rischiare di morire, più volte. Nel frattempo però si era anche impegnato in attività di sensibilizzazione e lobbying per aiutare altre persone e diffondere maggiore consapevolezza sul tema.

Perry raccontò di aver cominciato ad avere problemi di alcolismo a 24 anni, subito dopo l’inizio delle riprese di Friends, una delle serie tv più popolari di sempre, che fu trasmessa negli Stati Uniti dal 1994 al 2004 e in Italia dal 1997 al 2005. Nel giro di poco tempo subentrarono nuove dipendenze. Dopo un incidente con la moto d’acqua durante le riprese di un film, nel 1997 gli venne prescritto l’idrocodone (commercializzato come Vicodin), un antidolorifico oppiaceo utilizzato per il trattamento del dolore moderato. L’abuso di questo farmaco, assieme a metadone, anfetamine e alcol, lo portò a sviluppare una forte pancreatite, a entrare una prima volta in una clinica di recupero e ad avere grossi buchi di memoria. Nel 2016 disse a un programma di BBC Radio 2 di non ricordarsi di tre anni della sua vita, quelli tra la terza e la sesta stagione della serie.

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Perry aveva cominciato a parlare dei suoi problemi già nel 2002. In un’intervista data a People nel settembre di quell’anno aveva detto che era arrivato a prendere un «numero insensato di pillole», tra le 20 e le 30 al giorno, e che «probabilmente beveva un quarto di bottiglia di vodka al giorno». Al tempo aveva 33 anni, aveva appena ottenuto la sua prima nomination per un Emmy (i premi più importanti della televisione americana) e anche se diceva che in quel momento era sobrio, per lui non c’era alcuna «zona grigia»: era «un alcolista». Più avanti cominciò a prendere anche ansiolitici e l’ossicodone, il forte oppioide commercializzato come OxyContin, al centro del disastro sanitario che ha causato la morte di centinaia di migliaia di persone negli Stati Uniti.

David Schwimmer, Lisa Kudrow, Matthew Perry, Courteney Cox, Jennifer Aniston e Matt LeBlanc, i protagonisti di "Friends", dopo aver vinto l'Emmy per la miglior serie comica il 22 settembre del 2002 a Los Angeles.

David Schwimmer, Lisa Kudrow, Matthew Perry, Courteney Cox, Jennifer Aniston e Matt LeBlanc, i protagonisti di “Friends”, dopo aver vinto l’Emmy per la miglior serie comedy il 22 settembre del 2002 a Los Angeles (AP Photo/ Reed Saxon, File)

Nell’autobiografia, pubblicata in Italia dalla casa editrice La Nave di Teseo, Perry ha scritto che si poteva capire da quali sostanze fosse dipendente osservando il suo peso durante le varie stagioni della serie: «Quando sono più in carne, è l’alcol; quando sono magro, sono le pillole. Quando ho il pizzetto, sono molte pillole». Parlando della sua preferenza per gli oppioidi rispetto alla cocaina, Perry scrisse nella sua autobiografia che ci sono due tipi di persone dipendenti dalle droghe: «Quelli che vogliono andare su, e quelli che vogliono andare giù. Io volevo sciogliermi sul divano e sentirmi benissimo». Raccontò però di essersi sempre fermato prima di provare l’eroina, per paura, una scelta che a suo dire gli salvò la vita.

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Il momento in cui Jennifer Aniston (che interpretava Rachel Green) gli disse apertamente di sapere che lui beveva, e che tutti «lo sentivano» dall’odore, per lui però fu «devastante», perché aveva sempre cercato di nasconderlo. Specialmente nelle ultime stagioni era quasi sempre ubriaco, fatto o con i postumi, disse. Quando negli Stati Uniti andarono in onda le due puntate del matrimonio di Chandler e Monica, nel maggio del 2001, Perry era per la seconda volta in una clinica di recupero. Le attrici e gli attori che interpretavano i protagonisti della serie assieme a lui comunque erano sempre stati «comprensivi e pazienti».

Parlando con People per presentare l’autobiografia, a fine 2022, Perry aveva raccontato che fino a quel momento era riuscito «più o meno a gestirsi», ma arrivato a 34 anni, verso la fine della serie, era «davvero incastrato in un sacco di guai»: arrivò a prendere 55 pastiglie di Vicodin al giorno e a pesare 58 chili.

In totale entrò e uscì dalle cliniche 15 volte. Raccontò di aver mentito ai medici, di essersi fatto consegnare droghe mentre era ricoverato o di essere ricaduto più volte nelle dipendenze. Inoltre si dovette sottoporre a 14 operazioni chirurgiche per disturbi legati agli abusi da alcol o sostanze, che in un’altra intervista aveva definito «una malattia», qualcosa che «non va mai via», ma che si può superare cercando aiuto.

David Schwimmer, Matthew Perry e Matt LeBlanc durante una puntata speciale del "Tonight Show" di Jay Leno sul set del Central Perk, il bar frequentato dai protagonisti di "Friends", il 6 maggio del 2004

David Schwimmer, Matthew Perry e Matt LeBlanc durante una puntata speciale del “Tonight Show” di Jay Leno sul set del Central Perk, il bar frequentato dai protagonisti di “Friends”, il 6 maggio del 2004 (Paul Drinkwater/ NBC via Getty Images)

Nel luglio del 2019, a causa della perforazione del colon legata all’abuso di oppioidi, Perry passò due settimane in coma, cinque mesi in ospedale e nove mesi con un sacchetto per stomia, cioè una sacca che serve per raccogliere i rifiuti espulsi dall’apparato digerente o urinario. «I medici dissero alla mia famiglia che avevo il 2 per cento di possibilità di sopravvivere», spiegò. «Quello è il momento in cui mi resi conto che la mia vita poteva essere vicina alla fine».

Rischiò di morire anche due anni dopo, quando il suo cuore smise di battere per cinque minuti mentre si trovava in una clinica di recupero in Svizzera. «Non fu un infarto, non andai in arresto cardiaco, ma non batteva niente», raccontò. Aveva detto ai medici che aveva forti dolori allo stomaco anche se non era vero, per farsi prescrivere l’idrocodone: l’interazione del farmaco con l’anestetico somministrato prima dell’intervento programmato per risolvere la situazione però gli fece fermare il cuore, e il battito fu ristabilito con il massaggio cardiaco dagli operatori sanitari. «Se non fossi stato in Friends, si sarebbero fermati dopo tre minuti?», si era domandato, alludendo all’enorme successo che aveva avuto grazie alla serie.

Nell’intervista data un anno fa a People Perry disse di essere «piuttosto in salute» e «grato di essere vivo», ma che contava ancora ogni giorno della sua vita. Parlando con il New York Times in quegli stessi giorni, aveva detto di aver smesso di bere e assumere sostanze da un anno e mezzo. Aveva aggiunto di aver speso «probabilmente 9 milioni di dollari o qualcosa di simile» per cercare di riuscirci.

Nel lungo processo per cercare di superare le proprie dipendenze, Perry si impegnò moltissimo per aiutare altre persone a fare lo stesso e anche per diffondere consapevolezza sul tema. A suo dire, il fatto che il pubblico sapesse dei problemi che aveva una persona famosa come lui era un buon punto di partenza per farsi ascoltare.

Dopo essere stato nelle cliniche di recupero alcune volte, Perry trasformò la sua villa di Malibu in una clinica per persone con problemi di dipendenze, la Perry House, che rimase aperta fino al 2015. Nel frattempo intraprese varie attività di lobbying per cercare di ottenere maggiori finanziamenti per le cosiddette “drug courts”, ovvero tribunali sperimentali in cui magistrati, forze dell’ordine, esperti di salute mentale, servizi sociali e comunità che si occupano della cura delle persone che soffrono di dipendenze lavorano insieme per la riabilitazione di quelle che hanno commesso reati sotto l’effetto di droghe.

Perry non dovette mai fare ricorso a una drug court («per qualche ragione, non so come, non sono mai stato arrestato», dice). A ogni modo, visitò in diverse occasioni il Congresso degli Stati Uniti per discutere della questione, e nel 2013 per il suo impegno ottenne anche un riconoscimento dalla Casa Bianca.

Negli ultimi tempi Perry aveva parlato spesso di quanto lo rendesse orgoglioso poter aiutare le persone a superare le loro dipendenze. «Nella mia vita ho avuto un sacco di alti e bassi e ricevuto un sacco di lodi meravigliose, ma la cosa migliore per me è che se una persona alcolista viene da me e mi chiede ‘mi aiuti a smettere di bere?’ io le rispondo ‘Sì. So come si fa’», ha detto. «Spero che le persone si rivedano» nel mio percorso «e capiscano che questa malattia attacca chiunque. Non importa se sei famoso o no, alla malattia non importa».

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Dove chiedere aiuto

Il Telefono Verde Alcol (TVAl), 800 632000, è un servizio nazionale di ascolto per il contrasto al consumo rischioso e dannoso di bevande alcoliche, attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 16. Il servizio è anonimo e gratuito sotto la responsabilità del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità. Il Telefono Verde Droga  (TVD), 800 186070, che è sempre anonimo e gratuito, è gestito dallo stesso Centro con gli stessi orari ed è un servizio nazionale di ascolto per il contrasto all’uso di droghe. Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112