Breve storia del lancio di volantini in guerra
Dal 1870 a oggi sono state usate mongolfiere, palloni aerostatici, biplani e aerei moderni per recapitare i messaggi più diversi: l'ultimo caso è di questi giorni, nella Striscia di Gaza
La questione degli ostaggi è un problema di difficile gestione per l’esercito israeliano, che ormai da oltre due settimane sta assediando la Striscia di Gaza e sta preparando una probabile operazione di terra. Le persone prese in ostaggio da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre sono più di 200 e le pressioni dell’opinione pubblica israeliana perché governo ed esercito facciano di più per ottenere una loro liberazione stanno aumentando. Nei giorni scorsi l’aviazione israeliana ha lanciato su Gaza migliaia di volantini in arabo che invitavano i cittadini palestinesi a dare informazioni sugli ostaggi: era promessa protezione agli eventuali collaboratori e anche una ricompensa (sul volantino c’erano i numeri di telefono da chiamare).
Il lancio di volantini in territorio “nemico” è uno strumento che fu utilizzato in modo massiccio nella prima metà del secolo scorso, e in particolare durante le due guerre mondiali. I volantini venivano preparati e poi lanciati dagli aerei per chiedere collaborazione alla popolazione o per motivi di propaganda. Negli ultimi cinquant’anni questa pratica è diventata meno frequente, perché gli strumenti per comunicare sono aumentati e migliorati, prima con la diffusione della televisione e lo sviluppo delle trasmissioni via satellite, poi ancora più radicalmente con internet.
In alcune occasioni però i volantini sono ancora utilizzati, soprattutto in situazioni di particolare crisi in cui accedere ai mezzi di comunicazione che normalmente diamo per scontati diventa complesso: attualmente a Gaza l’interruzione della rete elettrica rende spesso inutilizzabili televisioni, radio e smartphone. Negli ultimi anni il lancio di volantini è stato utilizzato in Siria, sia dagli Stati Uniti che dal regime di Bashar al Assad, ma anche in Libia, durante l’operazione NATO del 2011. E le due Coree hanno usato più volte questo strumento di “guerra psicologica” per far arrivare ciascuna la propria propaganda oltre il confine che le divide.
As part of the extensive efforts to free the hostages held by the Hamas terrorist organization in Gaza, the IDF today used multiple channels to communicate with the residents of Gaza and ask for information about the hostages, offering protection and compensation in return. pic.twitter.com/0OTxdafxvS
— Israeli Air Force (@IAFsite) October 24, 2023
Il primo lancio storicamente documentato di volantini per via aerea risale al 1870 e alla guerra franco-prussiana: i cittadini di Parigi assediati e isolati utilizzarono delle mongolfiere per mantenere i contatti con l’esterno, superare le truppe prussiane e far arrivare comunicazioni. I voli furono 60, e durante uno di questi furono lanciati volantini sulle truppe prussiane assedianti.
Il lancio di volantini in territorio nemico divenne costante e massiccio durante la Prima guerra mondiale: lo usarono molte delle nazioni in guerra, utilizzando mongolfiere e aerei. Quando alcune delle mongolfiere dell’esercito britannico vennero abbattute dall’esercito tedesco, fu studiato e realizzato un nuovo sistema di mongolfiere senza pilota. Secondo i comandi militari dell’epoca, i volantini di propaganda erano piuttosto efficaci nel condizionare il morale delle truppe nemiche e l’uso di questo strumento di guerra psicologica divenne quindi intenso.
Il Regno Unito a partire dal 1917 produsse un vero giornale, Le Courrier de l’Air, destinato ai civili francesi e belgi nei territori occupati dalla Germania. Veniva stampato settimanalmente in circa 5000 copie e poi distribuito con lanci da aerei e palloni aerostatici.
Nell’agosto del 1918 sette biplani con a bordo otto aviatori italiani entrarono nello spazio aereo di Vienna, capitale dell’Impero austro-ungarico, con cui l’Italia era in guerra. Lasciarono cadere sulla città migliaia di volantini con due diversi messaggi propagandistici che invitavano gli austriaci a smettere di combattere per l’Impero e celebravano i colori della bandiera italiana.
Uno dei due messaggi, quello originale e a cui ne era stato poi affiancato un secondo più immediato e d’effetto, era stato scritto da Gabriele D’Annunzio, passeggero dell’unico biposto che quella mattina volò sopra Vienna. Il più celebre, ammirato, controverso e influente poeta italiano dell’epoca, nazionalista e in seguito sostenitore del fascismo, riuscì così in una delle sue celebri imprese di propaganda militare pochi mesi dopo la storica beffa di Buccari e poco prima dell’occupazione della città di Fiume.
– Leggi anche: Il volo su Vienna di D’Annunzio
Nel 1931 durante il regime fascista lo scrittore e intellettuale Lauro De Bosis replicò in un certo senso quell’operazione, partendo da Marsiglia, in Francia, e lanciando su Roma 400mila volantini antifascisti che invitavano gli italiani a ribellarsi a un regime oppressivo e violento. Poi l’aereo precipitò nel mar Tirreno e non fu più ritrovato.
– Ascolta anche: Cosa c’entra: Il volo su Milano di Gioacchino Dolci
Alcuni anni dopo, quando iniziò la Seconda guerra mondiale, il lancio di volantini era diventato ormai una componente consolidata della “guerra psicologica”: si stima che solo gli eserciti alleati abbiano lanciato sull’Europa occidentale 6 miliardi di volantini. Erano sganciati dagli aerei o distribuiti attraverso palloni a idrogeno senza pilota: vennero create anche “bombe di volantini”, contenitori della stessa forma delle bombe che si aprivano a un’altezza definita e ne lasciavano cadere fino a 60.000 con un solo lancio.
I volantini di guerra avevano assunto ormai molteplici funzioni: oltre a quelle classiche di propaganda e talvolta disinformazione, contenevano messaggi con indicazioni su come disertare, destinati alle truppe nemiche, o istruzioni per la popolazione. Si comunicavano attraverso i volantini imminenti bombardamenti (con inviti a lasciare l’area), si davano informazioni su come raggiungere gli aiuti (anche questi distribuiti per via aerea) o su che frequenze ascoltare messaggi radio. In alcuni casi si offrivano ricompense per incoraggiare operazioni di boicottaggio da parte dei civili. I lanci di volantini furono utilizzati anche dai nazisti e molto dall’esercito americano in territorio giapponese.
Le stesse tecniche furono utilizzate ancora durante la Guerra di Corea negli anni Cinquanta e nella regione la tradizione di voli di palloni aerostatici con volantini propagandistici è arrivata fino ad oggi. Nel 2016 il regime nordcoreano di Kim Jong Un lanciò quasi un milione di volantini verso la Corea del Sud, in risposta a un altro strumento di guerra psicologica, la diffusione verso il Nord di musica pop sudcoreana attraverso altoparlanti.
Nei conflitti successivi alla guerra di Corea i lanci furono meno massicci e intensi, anche se utilizzati in Vietnam, Afghanistan e Somalia: si passò da un miliardo di volantini distribuiti nella penisola coreana ai circa quaranta milioni usati nella Prima guerra del Golfo, del 1991: invitavano le truppe irachene ad arrendersi, cosa che fecero 87.000 soldati.
In seguito il lancio dei volantini divenne un’eccezione: le forze NATO tornarono a farli nel 2011 in occasione dell’intervento occidentale nella guerra civile libica. Anche in questo caso i destinatari dei volantini erano i soldati del fronte avverso, quelli fedeli al regime, che venivano invitati ad arrendersi. Durante la guerra civile siriana, nel novembre del 2016, le forze militari del presidente siriano Bashar al Assad lanciarono volantini sui territori di Aleppo orientali ancora sotto il controllo dei ribelli. Erano diretti alla popolazione locale con l’obiettivo di costringerla ad andarsene. Il messaggio era: «Se non lasciate subito questi territori, sarete distrutti… Siete stati abbandonati da tutti».
Sempre in Siria, a partire da marzo del 2015, il dipartimento della Difesa statunitense comunicò che i suoi jet avevano lanciato 60mila volantini di propaganda su Raqqa, la città che l’ISIS (o Stato Islamico) aveva allora proclamato sua capitale del paese. Sui volantini c’era una vignetta in cui alcuni uomini venivano indirizzati verso un tritacarne: lo scopo era dissuadere le reclute ad arruolarsi nell’ISIS, mostrando il rischio quasi certo di finire in un “tritacarne”.