Come stanno le foreste delle Dolomiti a 5 anni dalla tempesta Vaia
Molti dei 14 milioni di alberi abbattuti dal vento sono stati rimossi, ma ora c'è un altro grave problema: il bostrico
Alla fine di ottobre del 2018 temporali e venti molto forti causarono ingenti danni in Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia: la tempesta Vaia, come fu chiamata dai meteorologi, distrusse molte foreste delle Dolomiti. Si stima che i venti di scirocco a oltre 200 chilometri orari abbiano abbattuto circa 14 milioni di alberi, pari a 8,5 milioni di metri cubi di legname, su una superficie di 41mila ettari di terreno. La maggior parte di quegli alberi è stata raccolta, tagliata, rimossa dalle montagne e infine venduta. Oltre ad avere causato immediate e notevoli conseguenze economiche e ambientali, gli effetti di Vaia sono durati per anni e alcuni problemi sono visibili anche a cinque anni di distanza.
La regione più colpita fu il Veneto, il cui presidente Luca Zaia stimò danni per 1,7 miliardi di euro. Il Trentino-Alto Adige stimò invece danni per 400 milioni di euro, mentre in Friuli Venezia Giulia si parlò di 615 milioni di euro. In maniera meno grave fu coinvolta anche la Lombardia, i cui danni vennero quantificati in 40 milioni di euro. La tempesta sradicò soprattutto abeti rossi, che hanno radici superficiali. Molti abeti bianchi e larici riuscirono a resistere grazie alle loro radici profonde, ma furono danneggiati, in molti casi spezzati, causando un grave danno economico perché invendibili.
Per aiutare le regioni coinvolte a recuperare il legno abbattuto, nella legge di bilancio del 2019 il governo inserì un contributo sotto forma di “voucher” per soggetti pubblici e privati interessati: serviva a coprire il 50 per cento dei costi sostenuti e documentati per la rimozione e il recupero di alberi o di tronchi, con un limite di spesa massimo di 3 milioni di euro per il 2019.
Furono raccolti per primi i tronchi più vicini alle strade, sia perché più facilmente accessibili sia per la messa in sicurezza dei centri abitati, mentre per la rimozione del legname nelle aree interne ci sono voluti quattro anni. Uno dei problemi iniziali fu trovare imprese di esbosco e segherie per lavorare una quantità così notevole di alberi, in molti casi difficili da raggiungere e trasportare. Diversi comuni dovettero affidare i lavori a imprese di boscaioli provenienti dall’estero.
L’aumento della disponibilità di legname ebbe conseguenze sul mercato: i prezzi del legno diminuirono molto. In Trentino, per esempio, prima della “tempesta Vaia” gli alberi avevano in media un prezzo di 60 euro al metro cubo, mentre dopo Vaia il prezzo scese a circa 25 euro al metro cubo. Il crollo dipese anche dalla diversa qualità del legname a disposizione: prima della tempesta gli alberi venivano selezionati e in genere venivano scelti molto grossi, mentre gli alberi abbattuti dalla tempesta erano più piccoli e quasi sempre in condizioni peggiori.
Alla tempesta seguì un altro problema che le regioni colpite dalla tempesta stanno affrontando ancora oggi. Vaia, infatti, contribuì in modo determinante all’infestazione di bostrico, un piccolo insetto colpevole della distruzione dei boschi. Il nome scientifico del bostrico è Ips typographus ed è noto anche come bostrico tipografo. È un coleottero di forma cilindrica e di colore bruno, lungo circa cinque millimetri. Cresce sotto la corteccia dell’abete rosso dove scava intricate gallerie che interrompono il flusso della linfa e in questo modo ne causa la morte in breve tempo.
Il bostrico attacca prevalentemente le piante indebolite per via del troppo sole o di un terreno non adatto alla loro crescita: non è una minaccia di per sé, perché di fatto è uno dei tanti insetti che accelerano la rigenerazione del bosco, tuttavia diventa pericoloso quando non si parla più di focolaio ma di infestazione. Quando il bostrico si riproduce a dismisura diventa così forte da diffondersi molto rapidamente attaccando anche le piante sane. Dopo Vaia, con così tanti alberi abbattuti e in decomposizione, era naturale aspettarsi un’estesa diffusione di questo insetto, anche se era comunque complicato prevedere l’esatta evoluzione dell’infestazione. Senza un’adeguata osservazione dell’infestazione, in molte zone la situazione è andata fuori controllo.
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Secondo una recente stima fatta dalla provincia autonoma di Trento, dal 2019 nel solo Trentino il bostrico ha distrutto 10.400 ettari di bosco. Nella sola provincia di Trento i danni attribuibili al bostrico ammontano, per gli anni tra il 2019 e il 2022, a circa 2 milioni di metri cubi di legname, pari a circa la metà del danno di Vaia, stimato in circa 4 milioni di metri cubi. In Veneto il bostrico si è diffuso su 10mila ettari di boschi colpendo 2,5 milioni di piante con danni per decine di milioni di euro per le imprese del settore.
Il rimboschimento non è semplice e molto dipende dalle zone in cui è necessario. I risultati dipendono dal ritmo di crescita degli alberi, che varia a seconda dell’altitudine. A mille metri di altezza un abete rosso cresce più velocemente rispetto a un abete a 1.500 metri. Ad altezze maggiori, dove tra le altre cose crescono anche gli alberi più pregiati come gli abeti rossi di risonanza utilizzati per la produzione di strumenti musicali, il processo di rimboschimento sarà più lungo. In altre zone a quote più basse, dove per esempio crescono faggi, aceri e abeti bianchi, si dovrà aspettare meno al netto dell’andamento dell’epidemia di bostrico, destinata a continuare almeno fino al 2025.