Le proteste degli ex lavoratori della Whirlpool sono servite

Dopo quattro anni di proteste una nuova azienda ha acquisito la fabbrica di Napoli e riassunto oltre 300 operai licenziati

I lavoratori della Whirlpool in sciopero nel 2019 (Alessandro Pone/LaPresse)
I lavoratori della Whirlpool in sciopero nel 2019 (Alessandro Pone/LaPresse)
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Negli uffici della Regione Campania è stato firmato l’accordo per l’assunzione dei lavoratori licenziati da Whirlpool, multinazionale americana specializzata nella produzione di elettrodomestici che nel 2019 annunciò la chiusura del suo stabilimento di Napoli, dove per decenni sono state prodotte lavatrici. Entro il 31 ottobre 312 persone saranno assunte da TEA tek, un’azienda campana che produce cabine di trasformazione elettrica a bassa e media tensione, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e sistemi per la gestione automatica delle reti idriche. La soluzione a una delle crisi industriali più gravi degli ultimi anni è stata trovata dopo quattro anni di scioperi e proteste.

La fabbrica di Napoli non è sempre stata di Whirlpool. Ha una storia più lunga. Lo stabilimento fu aperto nel 1964 dalla Ignis di Varese, un’altra nota azienda di elettrodomestici fondata nel 1943 da Guido Borghi. Grazie anche ai fondi messi a disposizione dallo Stato per lo sviluppo industriale delle regioni del Sud, Ignis rilevò una piccola azienda di elettrodomestici della provincia di Napoli e costruì la fabbrica dove iniziarono a lavorare circa 1.200 operai e operaie quasi tutti giovanissimi, tra i 15 e i 20 anni.

Tra gli anni Sessanta e Settanta l’azienda continuò a crescere. Nel 1970 subentrò la multinazionale olandese Philips che accordandosi con Ignis costituì IRE (Industrie riunite elettrodomestici). La nuova società chiuse la fabbrica di Napoli per via dei risultati economici negativi. La reazione dei lavoratori fu che nel dicembre del 1970 la fabbrica venne occupata per sette giorni.

L’occupazione convinse la proprietà a proporre un piano di ristrutturazione aziendale con l’obiettivo di aumentare la produttività e in questo modo risolvere i problemi economici. L’accordo funzionò per diversi anni. Nel 1991 arrivò Whirlpool, che rilevò il marchio Ignis con tutte le sue aziende e i processi di produzione furono ulteriormente ripensati e migliorati. Il numero delle lavatrici costruite aumentò fino a superare, nel 2007, il milione di elettrodomestici prodotti in un anno.

Una manifestazione di lavoratrici e lavoratori della Whirlpool nel 2021

Una manifestazione di lavoratrici e lavoratori della Whirlpool nel 2021 (Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Nel 2015 Whirlpool acquisì un’altra azienda, Indesit, ereditandone le difficoltà economiche e la necessità di razionalizzare la produzione nelle regioni del Sud. Prima dell’acquisizione di Indesit, alla Whirlpool di Napoli lavoravano 600 operai diventati 430 dopo accordi e incentivi al licenziamento. Da oltre un milione di lavatrici all’anno si passò a 320mila, un segnale della volontà di Whirlpool di lasciare la Campania.

Nel 2018 l’azienda si accordò con il ministero dello Sviluppo economico per finanziare un nuovo piano industriale. Whirlpool si impegnò a investire 250 milioni di euro per mantenere i posti di lavoro degli operai dichiarati in esubero. Invece il governo si impegnò a sostenere il piano di sviluppo industriale attraverso la cassa integrazione straordinaria fino alla fine del 2020. Pochi mesi dopo l’azienda violò l’accordo.

manifestazione dei lavoratori Whirlpool

Una manifestazione di lavoratrici e lavoratori della Whirlpool nel 2021 (Roberto Monaldo/LaPresse)

Il 31 maggio del 2019, durante un confronto con i sindacati, i rappresentanti di Whirlpool presentarono un piano in cui era stata messa una spunta rossa sullo stabilimento di Napoli, un modo poco elegante per annunciarne la chiusura. Da quel giorno “spunta verde” e “Napoli non molla” divennero due slogan della protesta dei lavoratori. Vennero organizzati sit-in, manifestazioni, blocchi stradali e occupazioni dei binari alla stazione centrale di Napoli, per fare pressione alle istituzioni e all’azienda impegnate in una lunga trattativa al ministero dello Sviluppo economico.

Il 31 ottobre del 2020 Whirlpool annunciò la cessazione della produzione, quindi l’effettiva chiusura della fabbrica. Il 14 luglio del 2021 Whirlpool avviò la procedura di licenziamento collettivo approfittando immediatamente della fine del blocco dei licenziamenti introdotto dal governo durante l’emergenza coronavirus. Le trattative avviate del governo non portarono a nulla e l’azienda rifiutò persino un supplemento di cassa integrazione fino a ottobre previsto in un accordo firmato tra lo stesso governo, Confindustria e i sindacati.

Il 3 novembre del 2021 l’azienda spedì le lettere di licenziamento con un’offerta di incentivo all’esodo di 85mila euro lordi oppure il trasferimento allo stabilimento in provincia di Varese. Nel dicembre dello scorso anno il governo si accordò con Whirlpool per acquisire lo stabilimento di Napoli a zero euro, affidato poi alla ZES Campania. La ZES, acronimo di Zona Economica Speciale, è un’area con una legislazione economica differente e agevolata rispetto a quella in vigore nel resto del paese.

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All’inizio dell’anno la ZES ha pubblicato un bando per offrire la fabbrica della Whirlpool a zero euro a un’impresa disposta a rilanciarla assumendo i lavoratori licenziati. Al bando hanno risposto diverse aziende, ma la proposta ritenuta più credibile è stata presentata dalla TEA tek, che oltre ad assumere 312 lavoratori licenziati dalla Whirlpool ha previsto l’assunzione di 30 nuovi dipendenti e la riqualificazione completa della fabbrica. Durante tutti questi passaggi e trattative i lavoratori hanno continuato a organizzare presidi e manifestazioni.

Il nuovo piano industriale prevede la formazione del personale a carico dell’azienda, per preparare gli addetti alle nuove mansioni. Escludendo le agevolazioni economiche assicurate per chi investe nei territori delle ZES, TEA tek ha comunque garantito un investimento tra i 20 e i 30 milioni di euro per adeguare le linee produttive dello stabilimento. «Sembra incredibile anche a me, ma tutto questo è avvenuto in pochi mesi grazie a una procedura snella e veloce che avvicina il Sud e l’Italia ai paesi anglosassoni dove la mia azienda ha potuto svilupparsi quando era ancora una start up», ha detto al Foglio Felice Granisso, proprietario della TEA tek. «La lotta paga. Napoli non molla», hanno scritto in una nota gli ex lavoratori della Whirlpool.