I sei fratelli italiani che riempirono New York con le loro statue
Da quelle davanti alla Borsa a quelle che ornano la New York Public Library, uscirono tutte dalla bottega dei Piccirilli nel Bronx
Passeggiando per la città di New York ci si imbatte in moltissime statue: dai leoni all’ingresso della New York Public Library alle figure nel frontone della Borsa di New York, passando per le statue del Maine National Monument all’entrata sud di Central Park. Un particolare bassorilievo di sette figure blu e oro orna poi il numero 1 Rockefeller Plaza, uno dei diciannove grattacieli che formano il Rockefeller Center.
Pochi sanno però che queste statue e moltissime altre in città sono state scolpite dai fratelli Piccirilli: sei fratelli italiani nati a Massa, in Toscana, che emigrarono a New York alla fine dell’Ottocento. Per cinquant’anni, la loro attività principale è stata quella di scolpire statue ideate da altri scultori, fra cui quella del presidente Abraham Lincoln all’interno del Lincoln Memorial di Washington DC, conosciuta come un’opera dell’artista statunitense Daniel Chester French ma realizzata materialmente dai fratelli Piccirilli.
Col tempo il loro contributo è stato abbastanza dimenticato, ma la recente uscita del documentario The Italian Factor del regista argentino di origini italiane Eduardo Montes-Bradley ha riportato l’attenzione sul loro lavoro. Un lungo articolo pubblicato sul New York Times ha raccontato la vita e la produzione artistica di questa famiglia, e in particolare il ruolo dei fratelli non solo come esecutori di statue progettate da artisti più famosi, ma anche come ideatori di moltissime opere d’arte che ancora oggi definiscono il paesaggio urbano di New York. Come spiega Thayer Tolles, curatrice della sezione di dipinti e sculture americane al Metropolitan Museum of Art, «le opere che i fratelli Piccirilli hanno scolpito sono ovunque, ovunque si sa e anche dove non lo si sa».
Giuseppe Piccirilli e i suoi sei figli — Ferruccio, Attilio, Furio, Getulio, Masaniello e Orazio — arrivarono a New York dall’Italia nel 1888 insieme ad altri milioni di italiani che in quegli anni emigrarono negli Stati Uniti. Tutti si erano formati come scultori passando dei periodi a Roma, frequentando anche la prestigiosa Accademia di San Luca. Appena arrivati in città aprirono una piccola bottega a Manhattan dove iniziarono a scolpire statue che venivano commissionate da artisti statunitensi. Poco dopo si spostarono in un grande studio composto da due palazzine sulla 142esima strada, nel quartiere di Mott Haven, nel Bronx, che comprendeva anche le loro abitazioni, dove rimasero fino alla loro morte. Giuseppe Piccirilli morì nel 1910, ma i sei fratelli portarono avanti l’attività fino alla fine degli anni Quaranta, diventando quella che lo storico Donald Martin Reynolds definì «la prima famiglia americana di scultori». Secondo un saggio di Mary Shelley e Bill Carroll nel Bronx County Historical Society Journal, la loro attività contribuì moltissimo a far diventare New York un importante centro di produzione artistica.
Gli artisti che lavoravano con la scultura negli Stati Uniti nell’Ottocento e nel Novecento non scolpivano in prima persona le loro opere, ma nella maggior parte dei casi le modellavano in argilla e poi creavano un modellino in gesso. Successivamente, l’opera era realizzata da abili artigiani, spesso scultori italiani, che utilizzavano il modello in gesso per creare la statua in marmo o altri materiali, a cui poi l’artista che l’avrebbe firmata dava gli ultimi ritocchi.
Di solito i modellini in gesso erano più piccoli del prodotto finale: per esempio il modellino della statua di Abraham Lincoln di French era alto due metri, mentre la statua finale in marmo scolpita dai fratelli Piccirilli nel loro studio nel Bronx era alta cinque metri e pesava 136 tonnellate. Prima del loro arrivo, gli artisti statunitensi spesso spedivano oltreoceano i loro modellini, dato che i migliori scultori si trovavano in Italia, e poi queste statue dovevano tornare negli Stati Uniti: un processo molto costoso che poteva durare anche un anno.
Gli scultori statunitensi non erano gli unici a creare le loro opere in questo modo: da secoli, in particolare a partire dal Medioevo, gli artisti famosi avevano una loro bottega, poi rinominata “studio”, in cui lavoravano moltissimi giovani allievi, che imparavano il mestiere dipingendo o scolpendo anche parte delle opere del loro maestro. Non a caso l’illustratore W.M. Berger paragonò lo studio dei fratelli Piccirilli a un «alveare indaffarato» e scrisse su Scribner’s Magazine nel 1919 che il luogo «con le sue montagne di marmo e granito, i suoi busti antichi e le riproduzioni in gesso dell’arte greca e romana, assomigliava più all’antica ‘bottega’ dove i vecchi maestri italiani del Rinascimento hanno scolpito i loro capolavori, che a qualsiasi altra cosa che la nostra città moderna possa offrire».
Fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento anche lo scultore neoclassico Antonio Canova aveva moltissimi artigiani che scolpivano le sue opere quasi fino alla loro forma finale, a cui poi lui dava gli ultimi ritocchi. Per duplicare le sculture in scala più grande, veniva usato uno strumento chiamato pantografo, perfezionato proprio da Canova, che utilizza un sistema di bracci metallici regolabili che potevano essere posizionati su qualsiasi punto di un modello per misurarlo e poi individuare il punto corrispondente sulla superficie della copia di marmo. Oggi si usa invece uno scanner che utilizza un laser per creare dei modelli digitali 3D, ma secondo gli esperti in questo modo si perde un po’ della manualità e “anima” di colui che poi scolpisce l’opera.
Infatti Daniel Chester French, che da quando li conobbe commissionò per più di 30 anni quasi tutte le sue sculture ai fratelli Piccirilli, li considerava degli artisti. Negli anni in cui fu a capo del comitato per la sezione della scultura del Metropolitan Museum of Art, French acquistò varie opere originali di Furio e Attilio Piccirilli. French tentò anche, senza successo, di convincere i responsabili del Lincoln Memorial ad aggiungere il nome Piccirilli sul monumento di Lincoln.
Fra i sei fratelli, quello che viene più ricordato come un vero e proprio artista e a cui furono commissionate molte opere originali fu il secondogenito Attilio, che scolpì per esempio il Memoriale dei vigili del fuoco a Manhattan fra la 100esima strada e Riverside Drive, e le statue alla base del Maine National Monument all’entrata di Central Park, un monumento in ricordo dei soldati statunitensi che morirono nell’esplosione della nave della Marina USS Maine nel 1898 nel porto dell’Avana a Cuba. Fra le sue opere più particolari c’è il bassorilievo policromo “The Joy of Life” che si trova sopra uno degli ingressi di 1 Rockefeller Plaza: l’opera è stata scolpita nel 1937 e si allontana dallo stile più classico delle sculture fatte fino a quel momento per avvicinarsi a uno stile più modernista.
I Piccirilli si sentivano completamente parte della società statunitense al punto che quando la loro madre morì in Italia nel 1921 fecero trasportare la sua salma a New York e la seppellirono nel Bronx con il padre. In una trasmissione radiofonica del 1940 Attilio Piccirilli disse che «quando seppellisci qualcuno che hai amato nel suolo di un paese ti rendi conto di appartenere a quel suolo per sempre». Tuttavia, una delle sue opere originali più famose è “The Outcast” (L’emarginato), che raffigura un nudo maschile rannicchiato su se stesso e si trova nel Woodlawn Cemetery nel Bronx. Secondo il regista di The Italian Factor Eduardo Montes-Bradley l’opera riflette «la profonda alienazione dell’autore in un momento in cui il sentimento anti-italiano negli Stati Uniti era dilagante».
#MensHealthMonth Sculpted by Attilio Piccirilli, "The Outcast" is an evocative image of a young man clutching himself in intense grief. When Attilio's nephew Nathan was killed in World War II, the famed Piccirilli brothers brought the statue here to mark his grave. pic.twitter.com/vlYJYqnji9
— The Woodlawn Cemetery & Conservancy (@WoodlawnCemNY) June 29, 2023
Oggi tre opere originali dei fratelli Piccirilli sono esposte al Metropolitan e secondo Thayer Tolles da queste sculture si può capire come Attilio e Furio fossero completamente «affermati come scultori indipendenti». Nel 1945 Attilio Piccirilli morì nello studio della 142esima strada, come suo padre nel 1910, e fu sepolto con il resto della famiglia al Woodlawn Cemetery. Sulle loro tombe si trova oggi una scultura in bronzo di Attilio chiamata “Mater Amorosa”, una copia di una delle statue che aveva fatto per il Maine National Monument che raffigura una madre che conforta un bambino in lutto.
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