Il sito dove le persone LGBTQ+ possono condividere i propri posti del cuore
Si chiama "Queering the map", e in questi giorni sta ottenendo molta attenzione per via di alcuni messaggi dalla Striscia di Gaza
Nelle ultime settimane sui social network sono circolati molto alcuni screenshot che mostrano messaggi di testo contenuti in un fumetto bianco, sovrapposti a una mappa della Striscia di Gaza dai colori inusuali: la terra è rosa, il mare lilla. «Non so quanto vivrò, quindi voglio solo condividere questo mio ricordo qui prima di morire. Non lascerò la mia casa, accada quel che accada. Il mio più grande rimpianto è non aver baciato un ragazzo. È morto due giorni fa. Ci eravamo detti quanto ci piacevamo, ma l’ultima volta ero stato troppo timido per baciarlo. È morto nel bombardamento. Penso che sia morta anche una grande parte di me. E presto morirò anch’io. A Younus, ti bacerò in paradiso», dice il messaggio che è circolato di più.
L’immagine proviene da un sito creato nel 2017 dal canadese Lucas LaRochelle per un corso universitario, che negli ultimi sei anni è diventato uno spazio digitale molto amato da decine di migliaia di utenti LGBTQ+: si chiama Queering the Map, “rendere queer la mappa”. “Queer” è la parola che in inglese letteralmente significa “strano”, e che fu a lungo usata in modo dispregiativo per rivolgersi a persone omosessuali, con identità sessuali non conformi o che semplicemente si discostavano dai comportamenti ritenuti appropriati per il loro genere. Nel tempo però la comunità LGBTQ+ l’ha rivendicata, e oggi è usata comunemente come termine ombrello che comprende persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, non binarie, intersessuali, asessuali e così via (è la Q della sigla LGBTQ+).
Un altro messaggio pubblicato su Queering the Map e circolato in questi giorni fa riferimento al fatto che da anni sia praticamente impossibile per i palestinesi lasciare liberamente la Striscia di Gaza. «Ho sempre immaginato io e te seduti fuori al sole, mano nella mano, finalmente liberi. Ma ora te ne sei andato. Se avessi saputo che le bombe che piovono su di noi ti avrebbero portato via da me, ti avrei detto che ti adoravo più di ogni altra cosa. Mi dispiace di essere stato un codardo». «Per favore sappiate che nonostante quello che dicono i media, i palestinesi gay esistono. Siamo qui, e siamo queer. Palestina libera», dice un post geolocalizzato vicino alla città palestinese di Khan Younis, verso la quale migliaia di persone sono fuggite dopo l’ordine di evacuazione ricevuto dall’esercito israeliano.
In sostanza, il sito è una mappa online in cui tutte le persone LGBTQ+ possono condividere anonimamente esperienze e momenti significativi della propria vita e del proprio percorso di comprensione di sé, piazzando una puntina su luoghi geografici specifici che hanno un particolare significato per loro. Quando ha fondato il sito, per esempio, LaRochelle ha segnalato l’albero dove si trovava spesso con il suo ragazzo, ma anche il container nascosto nei boschi dove si trovava segretamente con uno dei propri primi partner sessuali, da giovane.
Nei sei anni seguenti, anche grazie a vari video diventati virali su TikTok che hanno sparso la voce, sono state aggiunte decine di migliaia di puntine in 28 lingue diverse: tra i posti segnalati ci sono chiaramente luoghi di forte importanza per la comunità LGBTQ+, come lo Stonewall Inn di New York, da dove cominciò negli anni Sessanta il movimento di liberazione omosessuale, ma soprattutto luoghi anonimi, un po’ sperduti. A Camagna Monferrato, paese di poco più di 500 abitanti in provincia di Alessandria, una ragazza ha per esempio lasciato un messaggio che dice: «mentre mio padre urla che essere gay è peccato, penso a quando l’ho baciata in una biblioteca. Ogni volta che la vedo provo un senso di appartenenza che non ho mai sentito in casa mia».
Moltissimi provengono poi da paesi dove l’omosessualità o la transessualità sono vietate dalla legge o estremamente stigmatizzate: se ne trovano vari in Russia e in Arabia Saudita, in Pakistan, in Libia, Egitto, e in gran parte del Medio Oriente. I moderatori si occupano di filtrare effettivi messaggi d’odio, spam e testimonianze troppo dettagliate che permetterebbero di identificare singole persone.
In Cairo, Egypt: "We are everywhere, stay strong" "نحن في كل مكان ، خليكم اقوياء"#queeringthemap pic.twitter.com/h5P5kOg06T
— Queering The Map (@queeringthemap_) April 21, 2023
"…my love and i though are both queer pakistanis, i miss my feeling of my home. the evening sun and early mornings and the familiarity of returning to a land that i didn’t know i lost…"#queeringthemap pic.twitter.com/z8IjhmZbn3
— Queering The Map (@queeringthemap_) August 25, 2022
Le testimonianze pubblicate su Queering the Map sono tutte anonime, e non c’è nessun indicatore che comunichi quando sono state inviate al sito. Questo, di per sé, non è particolarmente strano: è piuttosto frequente che le persone queer online si nascondano dietro a profili anonimi, sia per poter presentare una versione di sé stessi che non hanno mostrato a parenti o amici, sia per proteggersi da eventuali attacchi.
«Penso che l’intimità sia una delle cose più speciali di Queering the Map, dato che è uno degli aspetti che più mancano dalle piattaforme dominanti di social networking», ha detto LaRochelle in un’intervista. «Pubblicando qualcosa al di fuori del proprio profilo utente, che spesso ci chiede di esibirci creando e curando una versione di noi stessi, gli utenti hanno la possibilità di lasciare online una traccia intima della loro vita che non sia però legata al proprio sé digitale». Il sito non raccoglie alcun dato se non la posizione scelta dall’utente, il testo e l’ora in cui il messaggio è stato inviato (che non viene condivisa con i visitatori), ma LaRochelle consiglia comunque alle persone che lo visitano da paesi dove l’omosessualità è criminalizzata di usare una VPN, cioè un software che permette di fingere che il proprio computer sia connesso da un altro paese rispetto a quello in cui ci si trova.
Questo però vuol dire che non c’è modo di sapere se tutte quelle condivise dai territori palestinesi siano testimonianze autentiche né se siano state pubblicate ora, durante l’assedio voluto dall’esercito israeliano in seguito ai massacri compiuti da Hamas lo scorso 7 ottobre, oppure durante altri attacchi israeliani negli ultimi anni. Uno dei messaggi più condivisi negli ultimi giorni – quello dedicato a Younus – è nel frattempo scomparso dal sito. Quello che finisce con «mi dispiace di essere stato un codardo», invece, è sicuramente precedente all’ottobre del 2023, dato che LaRochelle ne parlava nell’estate del 2023 come di una delle testimonianze a cui pensava più di frequente.
Non è però la prima volta che la piattaforma viene utilizzata da persone queer che si trovano a vivere in situazioni di conflitto e vi fanno ricorso per immortalare luoghi che potrebbero essere presto cambiati per sempre. Nel 2022 erano per esempio circolati vari screenshot dall’Ucraina, tra cui uno che diceva «questo è l’unico posto sicuro [per le persone LGBTQ+] a Donetsk. Spero che sopravviva alla guerra. Il mio cuore potrebbe non farcela se non lo faranno».
Tra gli intenti espliciti di Queering the Map c’è quello di rendere visibile la comunità LGBTQ+ anche nei posti dove mostrarsi apertamente non eterosessuali è particolarmente pericoloso, per permettere alle persone che ci vivono di sentirsi meno sole. Anche prima della più recente escalation, quindi, dalla Striscia di Gaza così come da moltissimi altri posti dove vige la legge islamica arrivavano testimonianze: una, localizzata vicino al mare, dice «essere gay a Gaza è difficile, ma è stato anche molto divertente: ho baciato quasi tutti i ragazzi del mio quartiere». La sezione 152 del codice penale di Gaza, istituito da Hamas, criminalizza l’attività sessuale anche consensuale tra persone dello stesso sesso, con una pena massima di 10 anni di carcere. In Cisgiordania, invece, l’Autorità palestinese ha decriminalizzato l’omosessualità.
Sulla piattaforma varie persone condividono ricordi di spazi pensati appositamente per far sentire a casa le persone queer – bar o club o librerie di quartiere – che hanno chiuso. Altri raccontano invece le proprie esperienze di violenza, oltre alle espressioni di speranza o di affetto. «Qui sono stato vittima del mio primo crimine d’odio <3», ha scritto per esempio un utente canadese. A Singapore, dove l’omosessualità è stata decriminalizzata solo nel 2022, qualcuno ha raccontato di quando stava cantando al karaoke con gli amici e un uomo è andato a chiedere loro «perché stessero cantando questa merda di canzoni gay». «Ci siamo guardati attorno e gli abbiamo detto: “amico, guarda che sei l’unica persona persona etero in questa stanza”».
In mezzo al mare, invece, si trovano decine di messaggi diretti alle altre persone LGBTQ+ nel resto del mondo: «Il nostro amore è davvero mondiale. Non siamo mai davvero stati così soli come ci sentivamo», si legge cliccando su una puntina tra tante, in mezzo all’Atlantico.