In Venezuela si vota per scegliere il leader dell’opposizione a Maduro
In vista di elezioni che si dovrebbero tenere nel 2024: Maria Corina Machado è la favorita, ma non può ricoprire cariche pubbliche
Oggi in Venezuela si tengono le primarie per eleggere il nuovo leader dell’opposizione, le prime dopo più di dieci anni, in vista delle elezioni che saranno organizzate nella seconda metà del 2024. La scorsa settimana governo e opposizione hanno raggiunto un accordo per organizzare le prossime elezioni presidenziali, concordando la presenza di osservatori esterni e indipendenti, tra cui le Nazioni Unite e l’Unione Europea. Le elezioni del 2018, vinte dal presidente Nicolás Maduro, erano infatti state considerate illegittime dall’ONU in quanto mancavano «le condizioni minime per considerarle libere e credibili».
Gli elettori venezuelani nelle primarie possono scegliere fra una decina di candidati: il vincitore sfiderà nel 2024 l’attuale presidente Maduro, che punta a un terzo mandato. Per spingere Maduro a organizzare nuove elezioni l’amministrazione statunitense dell’allora presidente Donald Trump aveva imposto pesanti sanzioni economiche sull’esportazione di petrolio, gas naturale e oro. L’accordo con le opposizioni è arrivato proprio con l’intento di ottenere un allentamento delle sanzioni, concretizzatosi giovedì. Le sanzioni hanno aggravato una profonda crisi economica iniziata nel 2013: nell’ultimo decennio il PIL del paese è calato del 70 per cento e 7 milioni di venezuelani, un quarto della popolazione totale, hanno lasciato il paese.
Fra i dieci candidati al ruolo di leader delle opposizioni la favorita è Maria Corina Machado, un’ingegnera di 56 anni del partito Vente Venezuela, da lei stessa fondato nel 2012: supera gli altri candidati nei sondaggi di oltre 10 punti. Per affrontare la profonda crisi economica, Machado propone di privatizzare la compagnia petrolifera statale PDVSA e l’azienda siderurgica Sidor e ottenere finanziamenti da enti internazionali come la Banca Mondiale per far ripartire l’economia. Si definisce una liberale centrista profondamente anticomunista, ma viene considerata una politica di destra dalle idee piuttosto radicali: in passato ha sostenuto che Maduro avrebbe dovuto essere destituito a tutti i costi, anche attraverso processi non democratici. Nel 2018 BBC l’ha inserita nella lista delle 100 donne più influenti al mondo.
Anche se vincesse le primarie ufficialmente Machado non potrebbe candidarsi alle presidenziali, dato che non può ricoprire cariche pubbliche. In questi anni Maduro ha molto limitato la libertà d’espressione e i diritti civili nel paese: molti oppositori politici sono finiti in carcere. I funzionari pubblici giudicati colpevoli di corruzione vengono condannati all’interdizione dai pubblici uffici per 15 anni (e quindi non possono concorrere a cariche pubbliche e politiche): l’opposizione da tempo sostiene che questo sia solo un modo per bloccare i candidati più popolari.
Lo scorso giugno a Machado era stato vietato di ricoprire incarichi pubblici per 15 anni sulla base di una serie di accuse, tra cui proprio di corruzione, mosse dal Controllore generale, organo supervisore su una serie di questioni economiche in enti pubblici. Il Controllore aveva esteso un divieto già imposto su Machado in passato, per accuse legate al suo sostegno di Guaidó e delle sanzioni imposte contro il Venezuela: anche in questo caso il divieto era stato molto criticato e visto come un tentativo del governo di Maduro di indebolire l’opposizione.
Non è quindi chiaro cosa succederà se Machado verrà eletta leader dell’opposizione: alcuni sostengono che proverà a convincere il consiglio elettorale a farla candidare, mentre altri ipotizzano che potrebbe scegliere un altro candidato al suo posto, cosa che però sarebbe contestata dagli altri partecipanti alle primarie.
Un’altra candidatura considerata piuttosto forte è quella di Carlos Prosperi, un avvocato e membro del partito socialdemocratico Accion Democratica, di cui in passato hanno fatto parte diversi presidenti venezuelani. Ex deputato dell’assemblea nazionale, le sue proposte riguardano una ristrutturazione delle principali industrie nazionali ma non comprendono la loro privatizzazione. A maggio era stato criticato perché durante un’intervista si era rifiutato di definire Maduro un dittatore o un tiranno, cosa che tutti i principali membri dell’opposizione fanno, ma si era limitato a dire che aveva «mancato di rispetto alla democrazia e alla Costituzione».
Delsa Solórzano è invece un’attivista e avvocata per i diritti umani che in questi anni ha difeso diverse persone detenute considerate dall’opposizione come prigionieri politici di Maduro. Si definisce di centrodestra ed è la leader del partito Encuentro Ciudadano, che ha contribuito a fondare nel 2018. Ha inoltre rappresentato moltissime presunte vittime davanti alla Corte penale internazionale e a diverse commissioni delle Nazioni Unite nell’ambito di un’indagine ancora in corso che accusa le autorità venezuelane di commettere crimini contro l’umanità. Anche Solórzano propone di espandere il ruolo degli investimenti privati nel settore energetico e di riorganizzare la PDVSA.
L’accordo della scorsa settimana non indicava una data precisa per le elezioni, limitandosi a collocarle nella seconda parte dell’anno. Le elezioni venezuelane si svolgono di solito a dicembre, ma nel 2018 furono anticipate a maggio.