La censura in Cina vale anche per i libri di storia
Un saggio sull'imperatore Chongzhen è diventato introvabile perché in molti online associano il suo regno fallimentare a Xi Jinping
Per la Cina la fase della dinastia Ming, che governò tra il 1368 e il 1644, fu un periodo di grande espansione e potenza, in cui il paese fu molto rilevante a livello regionale. L’ultimo dei diciassette sovrani della dinastia, l’imperatore Chongzhen, è però ricordato come un regnante scarso, che cercò inutilmente di rallentare la decadenza dell’impero cinese eliminando i funzionari più corrotti, imponendo nuove tasse e cercando di sedare i tanti conflitti che dividevano l’esercito e la burocrazia. Tutto questo senza riuscire a fermare le incursioni delle tribù provenienti dalla vicina Manciuria, al confine nordorientale.
Diffidente nei confronti dei propri collaboratori per tutta la vita, fece uccidere alcuni dei propri generali più bravi senza sostituirli in maniera adeguata. Nel 1644 gli stessi generali lo tradirono e conquistarono Pechino. Chongzhen allora uccise sua figlia e poi si impiccò su una collina vicina al suo palazzo. Dopo di lui venne nominato imperatore Shunzhi, il primo della dinastia Qing a governare su tutta la Cina.
Nel 2016 in Cina uscì una biografia piuttosto completa di Chongzhen scritta dallo storico Chen Wutong, con il titolo Il passato di Chongzhen: l’ultima scena dell’Impero Ming. Ebbe un discreto successo, ma non fece particolarmente discutere. Una nuova ristampa recente dello stesso libro, con il nuovo titolo Chongzhen: l’infaticabile imperatore che fece cadere una dinastia, sta invece attirando attenzione tra gli utenti cinesi su internet, che paragonano la figura storica protagonista del libro all’attuale presidente cinese Xi Jinping. Probabilmente per questo motivo, trovare una copia del saggio è diventato improvvisamente difficilissimo in Cina.
Su Weibo, il principale social network utilizzato in Cina, diversi utenti hanno discusso ironicamente del fatto che una scritta sulla copertina del libro – «Tra misure insensate e passi falsi, la diligenza di Chongzhen non ha fatto che velocizzarne la caduta» – potesse essere applicata anche al governo di Xi Jinping, che negli ultimi anni ha fatto spesso ricorso alla censura e all’eliminazione di propri collaboratori, oltre ad aver abolito i limiti al mandato presidenziale. Inoltre di recente l’economia del paese sta attraversando un periodo di rallentamento.
«Il libro in sé non ha grande effetto su Xi, ma quella frase riflette esattamente ciò che tutti stiamo pensando: negli ultimi anni Xi Jinping è andato contro ogni regola del buonsenso e anche contro la volontà del popolo, su questo siamo tutti d’accordo», ha commentato per esempio l’opinionista Wang Jian.
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Forse per via di questi frequenti commenti sui social network, la nuova edizione del libro di Chen Wutong è diventata molto difficile da trovare su internet in Cina. Su gran parte delle librerie online – incluso il sito Xinhua Books, gestito dal governo – se si cerca il libro, semplicemente non appare nessun risultato, e lo stesso succede se si prova a cercare il nome del libro o del suo autore su Weibo. Un giornalista del Financial Times ha anche provato a comprare il libro di persona in varie catene di grosse librerie a Pechino, oltre che in diverse librerie indipendenti, e dice che gli è stato detto semplicemente che il libro non è disponibile. Sui siti che vendono libri di seconda mano alcune copie del libro si riescono invece a trovare, anche se a prezzi fino a 27 volte più alti di quelli previsti per una copia nuova.
«Xi Jinping è praticamente una figura imperiale, e uno dei modi principali per attaccarlo è fare dei confronti con altri personaggi storici», ha detto al Financial Times Kerry Brown, che insegna Studi cinesi al King’s College di Londra. Brown ritiene che l’idea di censurare un libro di storia il cui problema principale è una scritta sulla copertina «indica del nervosismo interno al partito comunista cinese, in un momento in cui i quadri [i dirigenti del partito, ndr] cercano di dimostrare la propria lealtà al governo».
Non è comunque la prima volta che il governo cinese censura contenuti o meme usati per criticare indirettamente Xi: uno degli esempi più famosi è quello che coinvolge l’orsetto dei cartoni animati Winnie Pooh, che in molti qualche anno fa associavano al presidente cinese per prenderlo in giro.