La storia vera di “Killers of the Flower Moon”
Il nuovo film di Scorsese racconta una serie di omicidi di nativi americani Osage diventati ricchissimi dopo aver trovato il petrolio all'inizio del Novecento
Nel maggio del 1921 in un burrone nella contea di Osage, nel nord dell’Oklahoma (Stati Uniti), fu trovato il corpo decomposto di Anna Brown, una donna della Nazione Osage, un popolo di nativi americani che viveva nella zona. Il caso fu archiviato come una morte accidentale per avvelenamento, anche se sulla testa della donna c’era un foro di proiettile. Passati due mesi anche sua madre Lizzie Q, a cui era andata l’eredità della figlia, morì in circostanze sospette. Due anni dopo, suo cugino Henry Roan fu ucciso a colpi di arma da fuoco, così come diversi altri membri della loro famiglia. Questa storia non riguardava però solo loro: in quegli anni c’erano stati diversi omicidi irrisolti o morti sospette fra i membri della Nazione Osage, considerato «il popolo con la più alta ricchezza pro capite al mondo».
Giovedì 19 ottobre è uscito in Italia e in altri paesi Killers of the Flower Moon, il nuovo film di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e Lily Gladstone che racconta la storia degli omicidi di almeno sessanta nativi americani Osage fra il 1918 e il 1931. Il film era stato presentato a Cannes a maggio ed è stato finora recensito in modo molto positivo. È stata apprezzata anche la scelta di Scorsese di girarlo dove gli Osage vivono ancora oggi, lavorando dal 2019 a stretto contatto con la comunità e con Geoffrey Standing Bear, l’attuale capo della Nazione Osage. L’obiettivo di Scorsese era infatti quello di evitare una rappresentazione macchiettistica e imprecisa dei nativi americani, per far conoscere agli statunitensi un pezzo della loro storia sconosciuto a molti.
Il film è basato su un noto saggio con lo stesso titolo scritto da David Grann nel 2017 che racconta la storia in funzione di come questi omicidi rappresentarono un episodio fondamentale per la nascita dell’FBI. Scorsese si concentra però sulla protagonista Osage del libro, Mollie Burkhart (nel film Lily Gladstone), parente di Anna Brown, e sul suo matrimonio con Ernest Burkhart, un uomo bianco interpretato da Leonardo DiCaprio. Scorsese ha spiegato di aver scelto questo punto di vista per evitare di fare un film che avesse come personaggi principali solo degli uomini bianchi, quando i veri protagonisti erano i nativi americani.
Dopo aver vissuto per secoli in quello che oggi è il Midwest degli Stati Uniti, la fascia di stati nella parte centro-settentrionale del paese, la Nazione Osage era stata costretta a lasciare le proprie vastissime terre in Kansas dai coloni bianchi che le avevano occupate. Alla fine dell’Ottocento il governo statunitense vendette loro un piccolo appezzamento che nessuno voleva, collinoso e inadatto alla coltivazione, nel territorio dell’Oklahoma. Pochi anni dopo gli Osage scoprirono però che sotto quella terra inospitale c’era del petrolio, di cui loro erano gli unici proprietari.
Nel 1907 ogni membro della popolazione Osage, composta da poco più di 2.200 individui, ricevette il diritto a delle royalties sulla produzione di petrolio della Osage Mineral Estate, che venivano trasmesse anche a tutti i loro eredi. Negli anni di grande espansione del mercato del petrolio, gli Osage affittarono la loro terra ai cercatori bianchi attraverso dei contratti gestiti dal dipartimento dell’Interno degli Stati Uniti e diventarono ricchissimi. Grann scrive che «solo nel 1923 la tribù incassò più di 30 milioni di dollari, l’equivalente odierno di oltre 400 milioni di dollari». Con questi ricavi, gli Osage mandarono i loro figli a studiare in prestigiose scuole private, costruirono ville, acquistarono auto di lusso e viaggiarono in Europa.
La loro storia fu raccontata da tutti i principali giornali della nazione e questo attirò in Oklahoma moltissimi bianchi: alcuni erano imprenditori o persone che cercavano lavoro nelle aziende petrolifere, altri arrivarono invece per sottrarre ai nativi americani la loro ricchezza. Secondo l’autore di Bloodland: una storia familiare di petrolio, avidità e omicidio nella riserva di Osage Dennis McAuliffe Jr., a quel tempo 8mila persone vivevano nella città principale della contea di Osage, Pawhuska, e ci lavoravano otto avvocati, lo stesso numero di Oklahoma City, che aveva però 140mila residenti.
Ritenendo che gli Osage non fossero in grado di gestire tutta quella ricchezza, per via dei pregiudizi razzisti, il Congresso degli Stati Uniti approvò una legge che prevedeva l’assegnazione di un tutore a ogni persona che aveva «almeno il 50 per cento di sangue Osage». Gli altri potevano gestire le proprie finanze autonomamente, a meno che non fossero minori, a cui veniva assegnato un tutore indipendentemente dalla loro discendenza e anche se i genitori erano ancora vivi. I tutori erano di solito avvocati o uomini d’affari bianchi che si erano trasferiti nella zona, che iniziarono ad approfittarsi della legge per arricchirsi a discapito degli Osage. Molti Osage, in particolare molte donne fra cui anche Mollie Burkhart e le sue tre sorelle, si sposarono in quegli anni con persone bianche: il matrimonio era un altro modo per accedere alla ricchezza dei nativi americani. Nel 1924 il dipartimento dell’Interno accusò più di venti tutori di aver sottratto illegalmente agli Osage milioni di dollari, ma tutti evitarono il carcere grazie a dei patteggiamenti.
Alcuni tutori però non si limitarono a questo, e iniziarono a uccidere o a ordinare l’omicidio degli Osage che erano stati affidati loro, in modo da ereditarne le terre. Solo fra il 1921 e il 1923 ci furono 13 morti sospette o palesi omicidi di uomini e donne Osage che avevano un tutore, ma entro il 1925 i morti erano diventati diverse decine. Spesso le persone venivano avvelenate o uccise a colpi di pistola, ma in un caso fu anche fatta esplodere una bomba in una casa. A uccidere le donne erano spesso i loro mariti bianchi.
Dato che l’eredità di un Osage, prima di andare al tutore bianco, passava ad altri famigliari, furono anche uccise intere famiglie: fra queste c’era quella di Mollie Burkhart. In un’intervista con la BBC Grann ha detto che «più approfondivo la questione, più mi rendevo conto che si trattava davvero di una cultura dell’omicidio e della complicità. Ho trovato prove di medici che somministravano veleno e di becchini che coprivano ferite da arma da fuoco. Alcuni tutori, avvocati e pubblici ministeri erano lì e non indagavano su questi crimini, anzi talvolta ne prendevano parte». I giornali del tempo chiamarono questo periodo il “Regno del Terrore”.
A essere uccisi furono anche diversi investigatori privati e avvocati che stavano indagando sui crimini, mentre la polizia locale corrotta non faceva niente per arginare gli omicidi. Così, i capi della Nazione Osage si rivolsero al Bureau of Investigation (BOI), che nel 1935 fu rinominato Federal Bureau of Investigation (FBI). Il BOI era stato creato nel 1908 da Theodore Roosevelt per occuparsi di quei casi che andavano oltre la giurisdizione o le competenze dei dipartimenti locali, ma all’inizio aveva solo poche centinaia di agenti, anche loro abbastanza corrotti.
La situazione però cambiò quando nel 1924 J. Edgar Hoover fu nominato direttore. Hoover ricoprì questa carica fino alla sua morte nel 1972 ed è l’uomo che rese l’FBI l’organizzazione conosciuta oggi: volle che tutti gli agenti avessero una formazione in diritto o contabilità, che si vestissero in giacca e cravatta e che avessero un’immagine pubblica decorosa. Da subito insistette anche che nelle indagini fossero usati metodi di investigazione all’avanguardia per il tempo, come l’identificazione delle impronte digitali, l’analisi dei proiettili e della calligrafia e le intercettazioni telefoniche.
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Appena nominato, a soli 29 anni gli omicidi degli Osage furono il suo primo vero incarico come direttore dell’agenzia. Dato che molti degli agenti impiegati fino ad allora erano stati uccisi, Hoover nominò a capo delle indagini Tom White (nel film interpretato da Jesse Plemons), un ex Texas Ranger che potè comporre la sua squadra e la fece infiltrare sotto copertura nel villaggio.
Mentre White indagava sulle morti, nel 1925 il Congresso degli Stati Uniti modificò la legge per proibire ai non Osage di ereditare le royalties petrolifere degli Osage e gli omicidi diminuirono, anche se non si fermarono del tutto per altri cinque anni. È stato stimato che furono uccise almeno 60 persone, ma ricostruzioni successive ritengono che il numero sia più vicino al centinaio. Le indagini e i processi che ne risultarono andarono avanti fino agli anni Sessanta, ma molti omicidi furono registrati come morti accidentali e sono ancora oggi irrisolti. A causa dei continui insabbiamenti, dell’omicidio o della morte di alcuni testimoni chiave e della generale riluttanza a collaborare, pochissime persone furono processate. Ancora meno finirono in carcere.
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Il Congresso degli Stati Uniti continuò a gestire i contratti di locazione dei pozzi di petrolio e il sistema dei tutori degli Osage fu veramente eliminato solo negli anni Settanta. Nel 2000, la Nazione Osage intentò una causa contro il dipartimento dell’Interno, sostenendo che quest’ultimo non avesse gestito adeguatamente i beni e non avesse pagato loro le royalties dovute. Nel 2011 il governo statunitense pagò alla Nazione Osage un risarcimento di 380 milioni di dollari (l’equivalente di quasi 500 milioni di euro nel 2023), uno dei più alti nella storia del rapporto fra il governo e le popolazioni indigene.
Prima del libro di Grann e del film di Scorsese questa storia era però poco conosciuta. Tara Damron, direttrice del White Hair Memorial, che si occupa di tramandare la cultura della Nazione Osage, di cui lei stessa fa parte, ha spiegato alla BBC che questo è normale per la storia dei nativi americani, che non essendo insegnata a scuola non entra a far parte della storia collettiva del paese. Tuttavia, negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti: le produzioni cinematografiche che includono personaggi nativi americani non stereotipati sono aumentate e l’attuale segretaria dell’Interno statunitense, Deb Haaland, è la prima persona nativa americana a ricoprire questo ruolo.