Bobo, la coscienza della sinistra italiana
Il personaggio più famoso di Sergio Staino ha raccontato i dubbi e i tormenti della sinistra degli ultimi 40 anni, con grande successo
Bobo, militante quarantenne del Partito Comunista italiano, comparve per la prima volta nel 1979 sulle pagine di Linus, innovativa rivista diretta da Oreste Del Buono che contribuì a far conoscere molti fumetti americani in Italia. Fu uno dei personaggi di maggior successo della satira a fumetti in Italia e il principale della produzione fumettistica di Sergio Staino, morto sabato a 83 anni. Per più di quattro decenni i dubbi, le domande, le critiche di Bobo hanno accompagnato la storia e le evoluzioni della sinistra italiana.
Dal 1982 Bobo iniziò a essere pubblicato sull’Unità, quando il giornale era ancora organo “ufficiale” del partito, dai grandi numeri e dalle limitate aperture alla critica. Sull’Unità rimase per oltre due decenni, ma negli anni fu pubblicato anche su Sette, settimanale del Corriere della Sera, su TV Sorrisi e Canzoni, sul Corriere, sul Venerdì di Repubblica, sull’Espresso, su Panorama, e su Cuore e Tango, il settimanale satirico che Staino fondò nel 1986 (chiuse nel 1988).
Fino a pochi mesi fa la famiglia di Bobo commentava sulle pagine della Stampa il governo di Giorgia Meloni e la nuova crisi del Partito Democratico.
In questi 43 anni Bobo, alter ego del suo autore, è rimasto immutato, come succede a quasi tutti i personaggi dei fumetti. Barbuto, decisamente sovrappeso, un po’ pelato e con grandi occhiali tondi: il personaggio nei primi anni sembrava assomigliare fisicamente a Umberto Eco. Staino negò più volte la somiglianza: «In realtà ho ideato Bobo riferendomi a Gianni Carino, un mio amico di partito, e un po’ a una mia caricatura».
Eco però fu fra i primi, già nel 1985, a intuirne l’importanza: «Lo storico del futuro che voglia capire che cosa è successo a una generazione (intendendo di italiani), oltre ai molti saggi e ai rispettabili documenti che si troverà a sfogliare, dovrà tener presente anche Bobo, forse più di molti libri e di altrettanti discorsi…».
Mentre Bobo rimaneva cristallizzato nei suoi quarant’anni, il Partito Comunista diventava Partito Democratico della Sinistra (PDS), poi Democratici di Sinistra (DS), infine Partito Democratico (PD), e si succedevano governi e segretari di partito. Rimanevano immutati anche i personaggi di contorno, dalla moglie californiana Bibi, convinta e combattiva femminista, ai figli Ilaria e Michele, grandi abbastanza per interessarsi di politica, piccoli abbastanza per chiedere spiegazioni e chiarimenti al padre, e porgli spesso la battuta che chiudeva le strisce o le vignette. I figli rappresentavano punti di vista delle correnti del partito: idealista la primogenita, con «pericolose tendenze craxiane» il piccolo.
Nel libro Quel signore di Scandicci, Staino propose questa scheda del suo personaggio, per raccontarlo: «Educato al comunismo e al rispetto delle istituzioni dal nonno stalinista e dal babbo carabiniere. Infanzia cattolica, adolescenza ingraiana, giovinezza maoista, tarda giovinezza filoalbanese, pre maturità togliattiana, post maturità tra Arbasino e García Márquez (…). Fuma MS, veste camicie militari e, nel portafoglio, ha una foto di Che Guevara. Ascolta musiche di Conte, De Gregori, Guccini e non sa ballare».
«Ho inventato Bobo per psicanalizzarmi», disse Staino, e infatti il protagonista della striscia esprimeva tutti i dubbi, tutti i turbamenti, tutte le contraddizioni dell’elettore di sinistra, dai tempi di Berlinguer a quelli di Renzi e Letta. Bobo spesso si interrogava da solo, in preda a momenti di sconforto o di rabbia, ma senza mai la tentazione di arrendersi; altre volte si confrontava con i familiari o con il vecchio compagno di sezione Molotov, rappresentante del comunismo più ortodosso e fedele alla linea, stalinista di ferro.
Bobo era più ribelle, più tormentato, più idealista, più soggetto a cambi di opinione e di valutazioni, più incline a confrontarsi con le contraddizioni fra l’agire quotidiano e gli ideali di libertà, progressismo e femminismo che professava.
Nelle strisce Bobo ha accompagnato in una cronaca quasi quotidiana gli eventi dell’Italia dal 1979 a oggi, sempre con uno sguardo di sinistra e sulla sinistra, di cui divenne presto coscienza critica.
Quando nel 1982 il nuovo direttore dell’Unità offrì a Staino di portare il suo personaggio e le sue strisce sul quotidiano del Partito Comunista, lui ebbe delle resistenze, come raccontò poi: «Lo sapete che Bobo è un portatore di dubbi laici? Non posso fargli illustrare le direttive del comitato centrale del PCI. Mi resi conto in seguito che anche Bobo venne usato per far crollare la liturgia della chiesa comunista».
Un altro momento fondamentale della storia di Bobo fu la striscia, che occupò una doppia pagina del giornale, dedicata ai funerali di Enrico Berlinguer, segretario del PCI morto l’11 giugno 1984, quattro giorni dopo un comizio in cui si sentì male: «Fino ad allora – disse Staino – avevo disegnato caricature, raccontato la politica in forma leggera e divertente, non avevo mai toccato la sofferenza». In quelle tavole condensò il dolore, il turbamento, i rimpianti per critiche eccessive e capacità di dividersi su tutto tipiche della sinistra ma anche l’orgoglio per l’appartenenza a un partito che sapeva ancora muovere le masse.
In seguito Bobo fu molto critico con il successivo segretario Alessandro Natta e accompagnò, prendendo sempre la tessera, il PCI nelle sue mutazioni, dal PDS di Achille Occhetto all’attuale PD. Bobo e il suo autore ebbero rapporti contrastati con Massimo D’Alema, sin da quando quest’ultimo era direttore dell’Unità e divergenze di visione sul futuro del partito con Walter Veltroni. Arrivando a tempi più recenti, sposò per un certo periodo il rinnovamento del partito di Matteo Renzi, salvo poi allontanarsi repentinamente dall’attuale leader di Italia Viva, anche per questioni legate alla gestione dell’Unità.
In un’intervista di qualche anno fa Staino citò una vignetta che riassumeva bene i tormenti di una vita di Bobo e il suo essere spesso all’opposizione:
«Nel mio libro, Alla ricerca della pecora Fassina, c’è una parte in cui c’è una discussione molto accesa tra i due protagonisti politici, che sono il dubbioso Bobo e il monolitico Molotov. La lettura di Bobo è interessante, perché insiste con Molotov elencando tutte le volte che sono stati contro qualcuno e a favore di qualcun altro. Contro Togliatti e con Secchia, poi contro l’URSS ma con la Cina, poi contro la Cina ma con l’Albania, poi contro Natta ma con Berlinguer, poi contro Berlinguer ma con l’URSS, poi contro Occhetto ma con D’Alema, e via dicendo. “Ora sei contro Renzi”, conclude Bobo, “Ok! Ma a favore di chi?!? Dimmelo! Dimmelo! Che ci vengo anch’io!”»
Bobo recentemente aveva rappresentato anche questo, la difficoltà di trovare un’idea del PD con cui schierarsi apertamente: di Nicola Zingaretti e Enrico Letta aveva criticato l’eccessivo affidarsi a Giuseppe Conte, apprezzando invece la scelta pre-elettorale di rompere con il Movimento 5 Stelle. Il suo spirito combattivo e la capacità di non cadere mai nella rassegnazione erano stati punti di forza del personaggio fino alla fine, garantendone il successo.
Il primo libro di Bobo uscì nel 1982, edito da Milano Libri, la casa editrice che aveva inventato anche la rivista Linus. Da allora sono stati più di dieci quelli che lo vedono protagonista: l’ultimo, del 2016, è edito da Giunti.
– Leggi anche: La mostra su Sergio Staino a Roma del 2015