«Ogni volta che c’è un bombardamento, la gente corre all’ospedale»
Testimonianze di quello che è successo martedì all'ospedale al Ahli di Gaza, prima dell'esplosione che ha ucciso molte persone
Negli ultimi due giorni sono emerse diverse testimonianze di persone che si trovavano nell’ospedale di al Ahli, nella Striscia di Gaza, nel momento dell’esplosione avvenuta martedì sera. Non si sa ancora chi sia stato il responsabile dell’esplosione, anche se sembra sempre più concreta l’ipotesi del razzo sparato dal Jihad Islamico, gruppo armato radicale della Striscia, che per errore sarebbe finito nel parcheggio dell’ospedale (non si tratta comunque di una conclusione definitiva, come è spiegato qui).
Non c’è ancora nemmeno la certezza sul numero di morti. Il ministero della Salute della Striscia (cioè Hamas) ha parlato di almeno 471 persone uccise, ma negli ultimi giorni sono iniziati a circolare alcuni dubbi e il bilancio potrebbe essere meno grave. Giovedì un funzionario dell’intelligence di un paese europeo che ha parlato con Agence France-Presse ha sostenuto che una stima più credibile sia di «qualche decina»: anche questa informazione va presa con cautela.
Quello che si sa per certo è che nei giorni precedenti e al momento dell’esplosione l’ospedale era pieno di gente, sia dentro i suoi edifici sia fuori.
L’ospedale al Ahli è gestito da molti anni dalla Chiesa anglicana e si trova in una zona centrale della città di Gaza. Come molti ospedali, la struttura ha un corpo principale e una serie di edifici più piccoli, che si affacciano su uno spiazzo. Nell’ospedale al Ahli lo spiazzo è occupato da un cortile e da un parcheggio per le automobili. L’esplosione è avvenuta in un punto del parcheggio molto vicino al cortile, come si vede bene in questo grafico del New York Times.
Come tutti gli ospedali della città di Gaza, dall’inizio dei bombardamenti israeliani – sabato 7 ottobre, lo stesso giorno del brutale attacco di Hamas – le strutture dell’al Ahli si sono riempite in poco tempo di morti e feriti. Ai parenti e agli amici delle persone ricoverate si sono aggiunte quelle che cercavano un posto sicuro dove ripararsi dai bombardamenti.
«Donne, bambini, anziani, malati: un numero enorme di persone era venuto in ospedale per cercare rifugio, fra le richieste di evacuazione e i bombardamenti costanti», ha raccontato al Washington Post Mahmoud Basal, portavoce della protezione civile palestinese. Molti residenti di Gaza hanno scelto l’ospedale al Ahli per ragioni simili a quelle che da una settimana hanno trasformato le scuole gestite dall’ONU in rifugi da migliaia di persone. Anche in un contesto di guerra il diritto internazionale, che Israele dice di voler rispettare, vieta di colpire le strutture civili: ospedali e scuole insomma dovrebbero essere posti più sicuri di altri, anche durante bombardamenti intensi (negli ultimi giorni comunque Israele ha colpito diversi obiettivi civili e ha smesso di usare la tattica del roof knocking).
Dopo l’esplosione, l’esercito israeliano ha detto al New York Times che fra sabato e lunedì Israele aveva chiesto per tre volte ai dirigenti dell’ospedale al Ahli di evacuare la struttura. L’esercito ha aggiunto che la richiesta faceva parte del più ampio tentativo di far trasferire in pochi giorni i residenti della città di Gaza nella parte sud della Striscia (richiesta giudicata irrealizzabile da più parti, compresa l’ONU). Un portavoce dell’esercito israeliano, Amnon Shefler, ha precisato al New York Times che la richiesta non era stata avanzata in previsione di un bombardamento dell’ospedale. L’ospedale al Ahli «non è mai stato un obiettivo» dell’esercito, ha detto Shefler.
Sabato lo staff dell’ospedale aveva informato le circa cinquemila persone che si stavano rifugiando nel complesso della richiesta di Israele. Molte se n’erano andate e all’interno dell’ospedale erano rimaste circa 200 persone, oltre a quelle ricoverate. Poi però domenica sera diversi altri civili erano tornati per cercare un posto sicuro, ha raccontato al New York Times Hosam Naoum, arcivescovo di Gerusalemme della Chiesa anglicana. «Ogni volta che c’è un bombardamento, la gente corre all’ospedale. Per loro è un rifugio».
È possibile, insomma, che anche martedì l’ospedale fosse pieno di persone, dentro e fuori dalle sue strutture. Il sacerdote anglicano Richard Sewell ha raccontato a BBC News che al momento dell’esplosione circa mille sfollati palestinesi si stavano rifugiando nel parcheggio, quindi verosimilmente anche nel cortile, mentre circa 600 persone fra pazienti e dipendenti dell’ospedale si trovavano all’interno della struttura.
Il Financial Times ha intervistato una persona che si era rifugiata nel parcheggio dell’ospedale ma lo aveva appena lasciato per comprare del cibo: «Ho visto un’enorme palla di fuoco, poi le fiamme hanno avvolto il parcheggio». «È stato come assistere all’apocalisse», ha raccontato sempre al Financial Times una delle guardie di sicurezza dell’ospedale, Mohamed al Borno.
«Abbiamo visto una luce e un secondo dopo eravamo all’inferno», ha raccontato ad Al Jazeera Ibtihal al Raii, una donna che al momento dell’esplosione si trovava al secondo piano dell’ospedale: «Ci sono piovuti addosso pezzi di vetro, mi sono buttata sui bambini per proteggerli. Siamo corsi fuori e abbiamo visto corpi mutilati, ustionati, parti del corpo ovunque, anche sotto i nostri piedi».
Il famoso sito di giornalismo investigativo Bellingcat ha verificato ed esaminato due video girati appena fuori dell’ospedale postati rispettivamente su Twitter e su Telegram nelle ore successive all’esplosione. Nel primo video, scrive Bellingcat, si vedono almeno 20 corpi nel cortile dell’ospedale. Il secondo mostra invece coperte, giacche e altri oggetti sparsi per terra. «Presi insieme», scrive Bellingcat, «i due video indicano che verosimilmente al momento dell’esplosione il cortile era occupato da persone che si stavano riposando o che stavano dormendo».
Giovedì mattina il corrispondente di BBC dalla Striscia di Gaza, Rushdi Abualouf, in un video girato nel cortile dell’ospedale ha raccontato che intorno a lui c’erano ancora persone che «raccolgono pezzi di corpi».
L’esplosione ha procurato estesi danni anche all’ospedale. Diverse testimonianze raccontano dell’improvviso crollo del soffitto: «Stavamo lavorando nell’ospedale quando abbiamo sentito una forte esplosione e il soffitto è crollato in sala operatoria», ha raccontato Ghassan Abu Sittah, medico di Medici Senza Frontiere a Gaza.
«All’inizio pensavamo che fosse un’esplosione di quelle che sentiamo sempre, non pensavamo fosse avvenuta nell’ospedale. Poi le persone hanno iniziato ad arrivare nel reparto di chirurgia gridando di salvarle, e dicendoci che c’erano feriti e morti», ha raccontato a Reuters un altro medico dell’ospedale, Fadl Naeem. «L’ospedale era pieno di cadaveri, feriti e pezzi di corpi».
Associated Press scrive di avere visto dei video girati all’interno dell’ospedale che mostrano il pavimento coperto di corpi, molti dei quali appartenevano a bambini, mentre le fiamme avvolgevano l’edificio. Sempre secondo Associated Press 350 fra ambulanze e automobili private hanno portato morti e feriti nell’esplosione all’ospedale principale della città di Gaza, quello di al Shifa.
L’ospedale al Shifa era al collasso anche nei giorni precedenti all’esplosione. Secondo una stima del ministero della Salute della Striscia circolata mercoledì, al momento sta ospitando circa 30mila persone in cerca di un rifugio dai bombardamenti.