Le nuove proteste anti-israeliane in Cisgiordania, Libano, Giordania e Turchia
Sono iniziate dopo l'esplosione nell'ospedale di Gaza, ci sono stati anche tentativi di assaltare le ambasciate occidentali
L’esplosione avvenuta martedì sera sull’ospedale di al Ahli, nella città di Gaza, ha causato nuove e partecipate proteste in molti paesi a maggioranza musulmana. Nonostante le responsabilità dell’attacco non siano ancora chiare – Israele accusa il gruppo radicale Jihad Islamico, Hamas accusa Israele – molte persone sono scese in strada per accusare l’esercito israeliano di enormi violenze contro i civili palestinesi, scontrandosi con le polizie locali e facendo gesti ostili contro alcune ambasciate israeliane e occidentali. Il gruppo radicale libanese Hezbollah, che è alleato di Hamas e dell’Iran, ha annunciato per mercoledì un «giorno della rabbia».
Tra le proteste più violente finora ci sono state quelle in Libano e in Cisgiordania, dove i manifestanti si sono scontrati con le forze di sicurezza locali.
Nei territori occupati della Cisgiordania centinaia di persone si sono riunite soprattutto a Ramallah, dove le forze di polizia dell’Autorità Palestinese (l’organo che governa la Cisgiordania e che è controllato dal partito moderato Fatah) sono intervenute con gas lacrimogeni e proiettili stordenti per disperdere la folla. I manifestanti hanno chiesto le dimissioni di Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese, accusato di inattività e di essere troppo conciliante con Israele. Ci sono stati scontri fra i dimostranti e le forze di sicurezza palestinesi anche a Nablus, Tubas e Jenin.
إطلاق مسيل دموع قرب السفارة#طوفان_القدس pic.twitter.com/mrNwAoA1YT
— Omarkhjalal (@Omarkhjalal) October 17, 2023
In Libano le proteste più violente sono state quelle di Awkar, sobborgo di Beirut dove ha sede l’ambasciata statunitense: i manifestanti hanno lanciato pietre, dato fuoco a un edificio vicino e fonti locali sostengono che siano entrati anche in un ufficio delle Nazioni Unite (ma non c’è conferma di quest’ultima notizia). Nell’impossibilità di raggiungere l’ambasciata statunitense, che ha una struttura fortificata e protetta, i manifestanti hanno provato ad assaltare quella francese. Altri scontri sono avvenuti nei campi profughi palestinesi che si trovano nelle città libanesi di Tiro e Sidone (entrambe a sud di Beirut).
Ad Amman, in Giordania, alcune migliaia di manifestanti hanno provato a entrare nell’ambasciata israeliana, cantando slogan in sostegno di Hamas: la polizia è intervenuta con gas lacrimogeni evitando che la folla facesse irruzione nell’edificio. In Giordania martedì era presente il segretario di stato statunitense Antony Blinken, mentre il governo giordano ha annullato l’incontro previsto oggi con il presidente Joe Biden.
Anche in Turchia i manifestanti si sono riuniti di fronte all’ambasciata israeliana ad Ankara e al consolato israeliano a Istanbul, mentre a Teheran, in Iran, le proteste sono avvenute di fronte alle ambasciate francese e britannica. Ci sono stati cortei in sostegno della Palestina a Tripoli (Libia), Taiz (Yemen), Baghdad (Iraq) e Rabat (Marocco).
Ci sono state infine proteste a Tripoli, in Libia, paese dove la diplomazia italiana continua a essere presente. Martedì sera diversi manifestanti si sono riuniti di fronte all’ambasciata italiana della capitale libica chiedendone la chiusura e accusando l’Italia di appoggiare Israele nei bombardamenti su Gaza.
Protesters gathered outside the Italian embassy in Tripoli Tuesday night demanding its closure, accusing Italy of supporting Israel in its aggression in Gaza. pic.twitter.com/7L0PYceS4Y
— The Libya Observer (@Lyobserver) October 18, 2023