Le cose da sapere sull’attacco di Hamas e sulla risposta di Israele
Breve riassunto di quello che sta succedendo in Israele e nella Striscia di Gaza da sabato 7 ottobre, e qualche link
La mattina di sabato 7 ottobre, all’alba, il gruppo radicale palestinese Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ha iniziato una complessa operazione via mare, via terra e via aria contro Israele. È stato un attacco senza precedenti, per estensione dell’operazione, per numero di persone uccise e per il modo in cui è stato compiuto. All’attacco di Hamas, Israele ha risposto in una maniera estremamente violenta: tra le altre cose ha iniziato a bombardare la Striscia come non aveva mai fatto prima e ha espresso la sua intenzione di iniziare un’invasione di terra per eliminare del tutto Hamas, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per i civili di Gaza.
L’attacco senza precedenti di Hamas
L’attacco di Hamas – paragonato da qualcuno all’«11 settembre di Israele» – è iniziato poco dopo le 6 di mattina di sabato 7 ottobre. Hamas ha lanciato migliaia di razzi contro le città israeliane: la stragrande maggioranza è stata intercettata dal sistema missilistico israeliano Iron Dome. Ha tentato di arrivare sulla spiaggia israeliana di Zikim con alcune barche e motoscafi, ma i miliziani sono stati respinti dall’esercito israeliano. E ha usato parapendii a motore, ma non è chiaro se la tecnica sia stata efficace e abbia portato dei risultati.
La parte più efficace dell’attacco, che distingue questa operazione da tutte le precedenti, è stata però quella via terra, nella quale sono stati uccisi più di 1.400 tra civili e militari israeliani, un numero eccezionale, e nella quale sono stati presi in ostaggio 220 israeliani e stranieri, poi portati nella Striscia di Gaza. Anche questo è un fatto senza precedenti.
Hamas, gruppo considerato terroristico tra gli altri da Stati Uniti e Unione Europea, stava preparando da mesi quell’attacco, come dimostrano successivi documenti e mappe ritrovati sui corpi dei membri di Hamas uccisi in territorio israeliano. Si ipotizza anche che il gruppo palestinese si fosse fatto aiutare da due alleati: dall’Iran e dal gruppo radicale libanese Hezbollah (ma il loro livello di coinvolgimento nell’attacco non è chiaro).
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L’attacco di Hamas via terra è stato feroce e ha completamente colto di sorpresa sia l’intelligence sia le forze di sicurezza israeliane, situazione che sembra essere stata causata per lo più da decisioni politiche prese dal governo di Netanyahu nel corso degli anni. Dopo avere superato le barriere che dividono la Striscia di Gaza da Israele, i miliziani di Hamas hanno assaltato città e kibbutz israeliani (piccole comunità ebraiche egalitarie, nate soprattutto prima e dopo la Seconda guerra mondiale). Hanno cominciato a sparare a chiunque passasse per strada e sono entrati casa per casa uccidendo o sequestrando i civili, tra cui anziani, donne e bambini.
Alcuni civili si sono rifugiati nelle cosiddette “safe room”, “stanze di sicurezza”, presenti in tutte le case israeliane costruite dopo il 1992 e pensate per proteggere la popolazione dai razzi: in molti casi però non sono state sufficienti, perché queste stanze non sempre prevedono una chiusura sicura dall’interno. I soldati israeliani ci hanno messo ore ad arrivare.
Specialmente in alcune comunità le violenze sono state enormi. È successo per esempio a Sderot, la più grande città israeliana vicino alla Striscia di Gaza e una delle prime attaccate da Hamas, ma anche nei kibbutz di Be’eri e Kfar Azza. Le immagini che sono circolate da sabato pomeriggio hanno mostrato cadaveri abbandonati per strada, civili uccisi alle fermate degli autobus o in cortili e spazi pubblici vicino alle case, mentre i sopravvissuti hanno raccontato di un numero imprecisato di persone sequestrate e portate via. Le foto che mostrano il massacro di civili sono molto forti e impressionanti: si possono vedere qui, mentre qui è spiegato perché il Post ha deciso di pubblicarle.
La strage più grande di cui si ha notizia finora è quella compiuta sabato all’alba da Hamas al festival Supernova, un rave party organizzato nel sud di Israele. Per ore i miliziani di Hamas hanno inseguito a bordo di jeep, moto e pickup le persone che cercavano di fuggire o nascondersi, uccidendole, oppure sequestrandole e portandole nella Striscia, esibendole come trofei. Testimoni hanno raccontato di violenze ed esecuzioni. Sono stati contati finora 260 corpi e un numero imprecisato di persone prese in ostaggio.
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La reazione di Israele
Poco dopo l’attacco, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, a capo del governo più di destra della storia di Israele, ha detto: «Siamo in guerra». L’esercito ha mandato migliaia di militari a riprendere il controllo delle cittadine israeliane attaccate dai miliziani di Hamas, che fino a tre giorni dopo l’attacco comunque hanno continuato a fare incursioni oltre confine, via terra.
Lunedì 9 ottobre, due giorni dopo l’attacco, Israele ha confermato di avere ammassato oltre 100mila soldati vicino ai confini della Striscia di Gaza e ha richiamato più di 300mila riservisti. Ha inoltre annunciato l’«assedio totale» della Striscia, che tra le altre cose significa il blocco completo delle forniture di cibo, acqua, carburante ed elettricità. Mercoledì 11 ottobre l’unica centrale elettrica della Striscia ha smesso di funzionare (Israele applicava già da molti anni un embargo via terra e via mare sulla Striscia di Gaza, giudicato illegale da parte della comunità internazionale). Pochi giorni dopo si è cominciato a parlare della mancanza di acqua potabile e del fatto che molte persone di Gaza avessero iniziato a bere acqua del mare, con grossi rischi per la salute.
Mercoledì 11 ottobre è stata anche annunciata la formazione di un governo di unità nazionale, di fatto un allargamento del governo di destra in carica fino alla fine della guerra contro Hamas.
Nel frattempo Israele ha continuato a bombardare molto intensamente quelli che sostiene essere obiettivi militari, strutture di Hamas, che però spesso sono dentro edifici in cui abitano anche civili (e Israele ha progressivamente abbandonato la pratica del roof-knocking, con cui avvisava i civili prima di attaccare). Ha iniziato a prendere di mira i tunnel sotterranei costruiti sia per scopi militari sia per importare nella Striscia armi e beni di prima necessità. Sono stati distrutti interi quartieri di Gaza, come quello di Rimal. I palestinesi uccisi finora nei bombardamenti israeliani sulla Striscia sono più di 5mila.
Venerdì 13 ottobre il governo israeliano ha chiesto a più di un milione di civili di evacuare i territori nel nord della Striscia, tra cui la città di Gaza, in vista di bombardamenti ancora più massicci e di un’invasione di terra: l’ONU ha detto che l’operazione chiesta da Israele potrebbe avere «conseguenze umanitarie devastanti», mentre molti palestinesi hanno detto di temere che possano ripetersi gli eventi della “Nakba“, “catastrofe” in arabo, cioè quando circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case prima e durante la guerra combattuta tra Israele e diversi paesi arabi nel 1948. Centinaia di migliaia di persone sono fuggite verso sud, ma molte sono rimaste nelle loro case, sia perché i convogli di civili sono stati attaccati, sia per l’impossibilità di tante persone di spostarsi (tra cui quelle ricoverate in ospedale). Inoltre, dalla Striscia di Gaza non si esce.
La sera di martedì 17 ottobre c’è stata un’esplosione all’ospedale di al Ahli, nella città di Gaza. Non si sa da cosa sia stata causata di preciso, né chi sia il responsabile: Hamas ha accusato Israele, sostenendo che l’ospedale sia stato colpito in un bombardamento israeliano, mentre Israele ha dato la responsabilità al Jihad Islamico, gruppo radicale della Striscia di Gaza, dicendo che l’esplosione sarebbe stata causata da un razzo lanciato dalla Striscia. Per il momento ci sono due ipotesi prevalenti, ma nessuna certezza. Non si sa nemmeno con precisione il numero di palestinesi uccisi: Hamas dice quasi 500, ma c’è qualche dubbio sul fatto che la cifra sia così elevata. Diversi paesi a maggioranza musulmana hanno comunque condiviso la posizione di Hamas e accusato Israele, e martedì sera ci sono state nuove proteste anti-israeliane per esempio in Libano, Turchia e Giordania.
Intanto la guerra nella Striscia di Gaza sta avendo ripercussioni gravi anche in Cisgiordania: nell’ultima settimana sono stati uccisi dalle forze di sicurezza o dai coloni israeliani 61 palestinesi.
Negli ultimi giorni ci sono state anche diverse scaramucce al confine che divide il nord di Israele con il sud del Libano, dove è forte il gruppo radicale sciita Hezbollah, alleato di Hamas e dell’Iran. Israele ha ordinato l’evacuazione di alcuni centri abitati vicino alla frontiera, dichiarando quel pezzo di territorio “zona militare chiusa”. Una cosa di cui si sta discutendo molto, e su cui per ora c’è poco accordo, è la possibilità che la guerra diventi “regionale”.
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Non è chiaro cosa succederà ora. Venerdì 13 ottobre Israele aveva confermato per la prima volta la sua intenzione di avviare un’estesa operazione di terra per eliminare Hamas; mercoledì 18 ottobre il presidente statunitense Joe Biden ha visitato Tel Aviv, ottenendo dal governo israeliano l’approvazione all’invio di alcuni aiuti umanitari nella Striscia. L’ipotesi di un’invasione via terra sembra comunque ancora la più probabile.