Le trattative per l’apertura della frontiera fra Gaza e l’Egitto non si sbloccano
Israele non vuole che passino aiuti umanitari e materiale medico, l'Egitto rifiuta di accogliere i profughi palestinesi della Striscia
La Striscia di Gaza ha normalmente sette passaggi di frontiera: sei con Israele, uno con l’Egitto. La frontiera di Rafah fra Gaza e l’Egitto era rimasta formalmente l’unica aperta dopo gli attacchi di Hamas di sabato scorso e la successiva risposta militare israeliana, con bombardamenti della Striscia e l’annuncio di un “assedio totale”. Mercoledì l’esercito israeliano ha bombardato il lato palestinese della frontiera, che da allora è rimasto chiuso, anche per volontà dello stesso Egitto.
Da giorni le organizzazioni internazionali e gli Stati Uniti fanno pressioni per l’apertura di un corridoio umanitario per evacuare almeno parte della popolazione della Striscia, incontrando però una forte opposizione dall’Egitto.
Il governo del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi sarebbe invece favorevole al solo passaggio di aiuti umanitari da Rafah: in questo caso al momento ad opporsi è Israele. L’“assedio totale” oltre a tagliare i rifornimenti di acqua, cibo, carburanti ed elettricità prevede che ogni passaggio dalle frontiere, compresi quelli di merci e aiuti, sia bloccato «fino a quando non saranno rilasciati i 150 ostaggi», secondo quanto detto dal governo di Benjamin Netanyahu nei giorni scorsi.
Fra venerdì e sabato sono però cresciute le pressioni internazionali perché sia autorizzato il passaggio di aiuti umanitari. Sabato mattina un aereo con materiale medico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è atterrato all’aeroporto egiziano di Al-Arish, proveniente da Dubai. L’organizzazione ha fatto sapere con un comunicato che gli aiuti saranno distribuiti a Gaza «non appena sarà permesso un accesso umanitario attraverso Rafah». Un altro aereo con materiale medico era arrivato giovedì dalla Giordania nello stesso aeroporto, distante 45 chilometri dal confine, ma i camion della Mezzaluna Rossa (il corrispettivo della Croce Rossa nei paesi islamici) non hanno potuto ancora raggiungere la Striscia.
Al momento Israele non si è mosso dalle proprie posizioni. Sabato Daniel Hagari, portavoce dell’esercito, ha ribadito che ogni attraversamento dalla Striscia di Gaza, anche verso l’Egitto, dovrà avvenire con il consenso di Israele: «Tutte le frontiere sono chiuse, ogni movimento deve essere coordinato con noi. E al momento questa cosa non sta succedendo».
Le trattative sarebbero comunque in atto e secondo quanto riferito da fonti diplomatiche occidentali al New York Times al momento si sarebbero bloccate sui metodi di ispezione dei convogli. Israele impone un controllo per evitare che attraverso il confine passino armi, ma non c’è accordo su chi dovrebbe effettuarli e in che modo.
Al momento Egitto, Israele e Stati Uniti hanno trovato un accordo per riaprire il passaggio solo per permettere l’uscita dalla Striscia di Gaza di cittadini stranieri: questa operazione dovrebbe cominciare sabato pomeriggio.
Ancora più complesso è al momento ipotizzare la creazione di un corridoio umanitario per l’evacuazione della popolazione palestinese. Israele non si è al momento pronunciato sull’argomento, ma unicamente perché quest’ipotesi è bloccata in primo luogo dall’Egitto.
Il presidente egiziano al Sisi, che governa in modo autoritario l’Egitto dal 2014, ha sostenuto in modo risoluto che i «palestinesi devono rimanere nel loro paese». Ha aggiunto: «Ovviamente siamo solidali, ma allo stesso tempo dobbiamo essere attenti e fare in modo che si possano raggiungere pace e sicurezza in un modo che non ci costi troppo». Il governo egiziano dice che l’Egitto ospita già 9 milioni di migranti, principalmente da Sudan, Siria, Yemen e Libia (secondo un rapporto del 2022 dell’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni delle Nazioni Unite). Anche prima dell’attuale crisi il passaggio di Rafah era fortemente controllato, in coordinamento con Israele: il passaggio di residenti di Gaza in Egitto era molto limitato e concesso solo per motivi di studio, per trattamenti medici e per viaggi in paesi terzi.
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