Cosa aspettarsi dalle elezioni in Nuova Zelanda
Nei sondaggi il Partito Laburista al governo è dietro al Partito Nazionale, di centrodestra, e forse nessuno dei due avrà la maggioranza
In Nuova Zelanda si è votato per eleggere i 120 seggi del parlamento unicamerale del paese e di conseguenza per scegliere il prossimo primo ministro. Negli ultimi tempi il Partito Laburista al governo ha perso parecchi consensi, e secondo i sondaggi più recenti è dietro al Partito Nazionale, di centrodestra, il principale partito di opposizione. Il voto di questo fine settimana insomma potrebbe mettere fine a sei anni di governi di centrosinistra: il primo ministro è ora Chris Hipkins e fino a gennaio era Jacinda Ardern, che secondo molti commentatori non è stata in grado di mantenere le promesse fatte agli elettori.
L’ultima volta che i neozelandesi erano andati a votare, nell’ottobre del 2020, i Laburisti stravinsero le elezioni parlamentari ottenendo quasi il 50 per cento dei consensi, un risultato storico influenzato anche dalla gestione dell’epidemia da coronavirus, considerata tra le migliori del mondo. Adesso però, come ha fatto notare l’analista economico Bernard Hickey, tra i circa cinque milioni di abitanti del paese circola una certa sensazione di «stanchezza e frustrazione» legata tra le altre cose all’inflazione e all’aumento dei tassi dei mutui.
Chris Hipkins, leader dei Laburisti, ha 45 anni, è stato eletto per la prima volta in parlamento nel 2008 ed è stato a lungo uno stretto collaboratore di Ardern. Prima di essere stato scelto come nuovo leader del partito e primo ministro dopo le sorprendenti dimissioni di Ardern, annunciate a inizio gennaio, Hipkins era stato ministro per la Polizia e l’Istruzione nel suo governo. Si era fatto conoscere in particolare per essere stato il ministro incaricato della gestione dell’emergenza Covid.
Da quando è primo ministro, Hipkins ha fatto fatica a mantenere i consensi per il Partito Laburista, che avevano cominciato a calare già durante il secondo mandato di Ardern. Il suo principale sfidante è il Partito Nazionale guidato da Christopher Luxon, ex amministratore delegato della compagnia aerea nazionale Air New Zealand, eletto per la prima volta al parlamento neozelandese nel 2020.
Secondo un sondaggio di Guardian Essential pubblicato all’inizio di questa settimana, al momento il Partito Nazionale avrebbe il 34 per cento dei consensi, mentre il Partito Laburista poco più del 30, seguito dal Partito dei Verdi, al 10,6.
Nei sondaggi più recenti i Laburisti sembrano aver riguadagnato una minima parte del consenso, a svantaggio del centrodestra, ma questo potrebbe non essere sufficiente a colmare il distacco dai nazionalisti, ha detto al Guardian Lara Greaves, professoressa associata di Scienze politiche alla Victoria University di Wellington. È insomma probabile che nessuno dei due principali partiti ottenga da solo i 61 seggi necessari per ottenere la maggioranza in parlamento, e che debbano quindi avviare trattative con partiti più piccoli per formare un governo.
Se le cose dovessero andare come dicono i sondaggi, l’ipotesi più probabile è che Luxon finisca per guidare un governo di coalizione composto dal Partito Nazionale e sostenuto da ACT, di orientamento liberista, dato al 7,9 per cento, e soprattutto da New Zealand First, conservatore, nazionalista e populista. New Zealand First, che è dato all’8,2 per cento, è guidato da Winston Peters, un politico di lunga data, ex ministro degli Esteri nonché ex vice primo ministro durante il primo mandato di Ardern. Anche in questo caso dato il suo peso potrebbe essere determinante per la formazione di una coalizione, come lo era stato per la formazione del primo governo Ardern nel 2017.
Le possibilità che il Partito Laburista riesca ad arrivare a 61 seggi sono poche, anche tenendo conto degli eventuali voti dei suoi attuali alleati di governo: il Te Pati Maori, il partito che rappresenta la popolazione autoctona neozelandese, è dato attorno al 2 per cento, e quello dei Verdi si pensa possa ottenere al massimo 15 seggi. I Laburisti e New Zealand First inoltre hanno detto di non voler collaborare.
Oltre alle questioni economiche, in campagna elettorale sono stati affrontati il tema dell’aumento dei crimini nel paese e quello delle disuguaglianze tra non maori e maori, che rappresentano oltre il 16 per cento della popolazione, ma anche questioni come le carenze del servizio sanitario, le infrastrutture inadeguate del paese e le difficoltà del settore agricolo a causa degli eventi climatici estremi, come il ciclone Gabrielle dello scorso febbraio. Nell’ultimo dibattito televisivo trasmesso sulla televisione nazionale TVNZ, Hipkins ha avvertito che votare per il Partito Nazionale significherebbe fare passi indietro sulla povertà e sulle strategie di adattamento alla crisi climatica. Dal canto suo, Luxon ha promesso di tagliare le tasse, ridurre il costo della vita, aumentare la sicurezza e migliorare l’istruzione e l’assistenza sanitaria.
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