Ci abbiamo messo 250 anni a leggere questa parola
È contenuta in uno dei papiri carbonizzati dal Vesuvio nel 79 d.C., e sono serviti un acceleratore di particelle e oltre 1.500 informatici
Nel 1752, durante gli scavi in una delle ville romane di Ercolano sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., quella che distrusse Pompei, furono trovati più di 1.800 rotoli di papiro, i libri del mondo antico. Ma erano carbonizzati. Da allora generazioni di studiosi hanno cercato dei modi per riuscire a ricostruirne il contenuto, un’impresa tecnicamente impossibile fino a poco tempo fa. Negli ultimi anni tuttavia l’uso dei raggi X prodotti dai sincrotroni, gli acceleratori di particelle usati negli esperimenti di fisica, ha permesso di vedere qualcosa dell’interno dei papiri, in una qualche misura. E ora, grazie a un algoritmo che usa il machine learning, una delle forme di “intelligenza artificiale”, è stato possibile leggere una parola in uno dei rotoli: πορϕυρας, cioè “porpora” in greco antico.
I rotoli della villa di Ercolano, battezzata “Villa dei Papiri”, rappresentano l’unica biblioteca del mondo antico che sia arrivata fino a noi. Quasi tutto ciò che sappiamo della letteratura greca e di quella latina deriva dalle copie dei testi antichi realizzate a mano nel Medioevo, e tutte le opere che, per una ragione o per l’altra, non vennero copiate sono andate perdute. Tra quelle che non sono state tramandate ci sono ad esempio la maggior parte delle tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide e più della metà dei libri sulla storia di Roma di Tito Livio. La possibilità che queste o altre opere perdute possano essere tra i rotoli di Ercolano affascina i filologi da più di 250 anni.
Il problema è che i rotoli sono carbonizzati e per questo non possono essere srotolati senza essere profondamente danneggiati. Nei primi anni dopo la scoperta dei rotoli, vari furono distrutti nel tentativo di srotolarli o renderli leggibili in altro modo. I meno compromessi dalla conseguenze dell’eruzione del Vesuvio furono srotolati grazie a un macchinario inventato appositamente dal prete e bibliotecario Antonio Piaggio, che usava un complesso sistema di pesi, ma la maggior parte è rimasta nelle condizioni in cui è stata trovata. Nei prossimi anni però si potrebbe riuscire a scoprire qualcosa in più sul loro contenuto grazie a tecnologie molto più sofisticate, nel campo della fisica e dell’informatica.
È grazie a queste che in uno dei rotoli è stato infine possibile riconoscere una parola. Il rotolo in questione è uno dei sei che appartengono all’Institut de France, uno dei più importanti enti culturali pubblici francesi, e non è mai stato srotolato. È però stato possibile ottenere delle immagini delle sue parti interne grazie ai raggi X prodotti dal Diamond Light Source, un sincrotrone nel Regno Unito.
Normalmente i sincrotroni sono utilizzati per fare ricerche di fisica, farmacologia e ingegneria finalizzate a capire meglio le proprietà di materiali e sostanze, dato che consentono di osservare la struttura della materia con una risoluzione inferiore ai nanometri, cioè a un miliardesimo di metro. Negli ultimi dieci anni però un gruppo di ricercatori di campi diversi (tra cui l’ingegnere informatico americano Brent Seales, che insegna all’Università del Kentucky, il fisico tedesco dell’Università di Stanford Uwe Bergmann e il fisico napoletano Vito Mocella, dirigente del Consiglio nazionale delle ricerche), è arrivato a pensare di utilizzarli anche per vedere all’interno dei papiri di Ercolano senza doverli aprire.
I sincrotroni sono macchinari grandi e costosi (il Diamond Light Source ha una circonferenza di 738 metri) e i rotoli di Ercolano sono molto fragili e considerati molto preziosi, per cui ci sono voluti un po’ di tempo, precauzioni e autorizzazioni perché si potesse organizzare l’analisi. Mocella ne ha fatta una nel 2013, al sincrotrone di Grenoble, in Francia. Un’altra è stata condotta nel 2019 al Diamond Light Source. Ed è sul risultato di questa seconda analisi che un gruppo di ricerca poco convenzionale è riuscito a leggere per la prima volta una parola da un rotolo chiuso.
Ma la cosa non è stata immediata perché le informazioni restituite dall’analisi col sincrotrone dovevano prima essere interpretate per restituire immagini leggibili. Per questo la lettura è stata possibile solo grazie a studi di informatica.
Semplificando, i raggi X emessi dal Diamond Light Source sono penetrati attraverso i rotoli senza danneggiarli e un rivelatore ha misurato le variazioni dell’intensità dei raggi mentre gli passavano attraverso: i dati ottenuti in questo modo danno informazioni sulle variazioni di densità all’interno degli oggetti, comprese quelle dovute ai segni lasciati da chi scrisse sui rotoli. Sono differenze di densità molto piccole ed è per questa ragione che servono strumenti molto potenti e sensibili (i sincrotroni appunto) per misurarle. Poi però le informazioni sulle variazioni di intensità devono essere lette da software in grado di ricavare delle immagini tridimensionali dei rotoli stesi, che tengano conto delle pieghe nel papiro. Seales e i suoi colleghi hanno realizzato una rete neurale artificiale, cioè un tipo di “intelligenza artificiale”, per fare questo lavoro.
Ma a leggere per primo una parola nei papiri non è stato né Seales né uno dei suoi più stretti collaboratori, bensì Luke Farritor, uno studente di informatica di 21 anni dell’Università del Nebraska.
Farritor è uno degli oltre 1.500 informatici e studenti di informatica che si sono appassionati ai rotoli di Ercolano e ai tentativi di leggerli grazie a Nat Friedman, informatico e azionista di molte aziende tecnologiche americane, che tra le altre cose è stato amministratore delegato di GitHub, popolare servizio di hosting per progetti software. Nel 2020, durante uno dei lockdown dovuti alla pandemia da coronavirus, Friedman si è appassionato alla storia dei papiri di Ercolano leggendo un saggio divulgativo sulla vita nell’Impero romano e poi leggendo online delle ricerche di Seales.
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Due anni dopo Friedman ha contattato Seales proponendogli di aiutarlo ad accelerare le ricerche sui rotoli: insieme Friedman e Seales hanno ideato la Vesuvius Challenge, una sfida aperta a informatici di tutto il mondo per realizzare dei software che rendano davvero leggibili i dati ottenuti col sincrotrone, che sono tantissimi per via della loro raffinatezza, in tempi brevi.
Seales ha diffuso su questo sito tutti i dati della sua squadra e insieme a Friedman ha istituito dei premi progressivi per chiunque riesca a ottenere un progresso nel progetto. Farritor ad esempio ha vinto 40mila dollari (circa 38mila euro) per aver identificato la parola “porpora”. Ci è riuscito realizzando a sua volta un programma di machine learning che è in grado di riconoscere le tracce di inchiostro ed evidenziarle. Lo studente è riuscito a leggere “porpora” lo scorso agosto, ma la notizia del suo successo è stata diffusa solo ora perché prima sia la squadra di Seales che i filologi che ci collaborano, tra cui la papirologa dell’Università di Napoli Federica Nicolardi, hanno dovuto certificare che non erano stati commessi errori.
La parola πορϕυρας non è così comune nei testi antichi, e non è presente in nessuno dei rotoli di Ercolano che era stato possibile srotolare e per questa ragione può darsi che il rotolo studiato coi raggi X del sincrotrone contenga un testo finora sconosciuto. Per continuare le ricerche su questo e gli altri papiri di Ercolano ci vorrà ancora parecchio tempo – anche perché si pensa che molti rotoli si possano trovare nei tre quarti della Villa dei Papiri che non sono mai stati sottoposti a scavi archeologici – ma ora dopo più di 250 anni sembra che il sogno di leggerli possa diventare realtà.