Il politico più potente della Polonia
Euroscettico e nazionalista, con la sua enorme influenza il vice primo ministro Jarosław Kaczyński è il leader di fatto del paese
Jarosław Kaczyński è uno dei politici più rilevanti della storia recente della Polonia. Ex primo ministro, attuale vice primo ministro e presidente di Diritto e Giustizia, il partito della destra radicale al governo dal 2015, Kaczyński domina lo scenario politico polacco da decenni: anche se in politica ha un ruolo al contempo attivo e un po’ più nascosto, è visto come il leader di fatto della Polonia e nel suo partito non c’è nomina o decisione importante che non passi da lui. Nazionalista ed euroscettico da sempre, è probabilmente l’uomo più potente del paese, nonché uno dei più influenti di sempre.
Il 15 ottobre in Polonia si terranno le elezioni parlamentari, e anche stavolta come accaduto spesso negli ultimi anni il dibattito politico è stato polarizzato e descritto come uno scontro tra Kaczyński e Donald Tusk, a sua volta ex primo ministro e leader dell’opposizione, con cui Kaczyński ha una rivalità personale ormai storica.
Kaczyński nacque a Varsavia il 18 giugno del 1949 e cominciò a interessarsi alla politica negli anni Settanta assieme al fratello gemello Lech, che nel 2005 sarebbe diventato presidente della Repubblica. I due ci entrarono poi alla fine degli anni Ottanta, quando nella Repubblica Popolare di Polonia – il nome ufficiale della Polonia durante il regime comunista – si tennero le prime elezioni semi-libere da 60 anni a quella parte. Le elezioni furono vinte da Solidarność, un sindacato conservatore fondato nel 1980 da Lech Wałęsa (il più importante leader sindacale della storia del paese) e il primo non controllato dai comunisti in un paese del Patto di Varsavia, l’alleanza militare tra i paesi del blocco sovietico. Alla fine del 1989 la Repubblica Popolare di Polonia fu abolita e il Partito comunista venne sciolto.
Dopo le elezioni del 1989 cominciarono a emergere le divisioni all’interno di Solidarność: da una parte c’erano quelli che avevano raggiunto posizioni di potere, soprattutto liberali moderati, e dall’altra chi ne erano rimasto escluso, come i fratelli Kaczyński. I gemelli e i loro alleati cominciarono a vedere i liberali come dei traditori e nel tempo svilupparono idee sempre più radicali, fino a posizionarsi nell’estrema destra. Alla fine del 1990 Wałęsa fu eletto presidente e Jarosław Kaczyński fu nominato capo della cancelleria presidenziale. Dopo solo 11 mesi, però, Wałęsa licenziò Kaczyński, dando inizio a un’altra delle rivalità che hanno condizionato maggiormente la politica polacca degli ultimi 20 anni.
Nel 2001 Lech Kaczyński fondò Diritto e Giustizia, di cui il fratello gemello assunse la presidenza due anni dopo, e nel 2005 venne eletto presidente della Repubblica al secondo turno ottenendo il 54 per cento dei voti, sconfiggendo proprio Tusk, di destra ma più moderato. Tra il 2006 e il 2007 i due fratelli gemelli Lech e Jarosław Kaczyński ricoprirono rispettivamente i ruoli di presidente e di primo ministro: un caso unico al mondo.
Lech Kaczyński fu il presidente della Polonia fino al 10 aprile del 2010, il giorno in cui morì in un incidente aereo che è considerato la più grande tragedia nazionale nella storia recente della Polonia ed è al tempo stesso al centro di diverse teorie complottiste. Jarosław Kaczyński, convinto del coinvolgimento di Tusk e della Russia nella morte del fratello, continuò invece a guidare Diritto e Giustizia, portandolo a vincere le elezioni nel 2015 e a stravincerle nel 2019. Dopo essersi dimesso nell’estate del 2022 per potersi concentrare sulle successive elezioni parlamentari, dal giugno del 2023 Kaczyński è tornato a ricoprire il ruolo di vice primo ministro.
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Negli otto anni di governo di Diritto e Giustizia, Kaczyński ha portato la Polonia a diventare un paese semiautoritario. Kaczyński e i suoi promuovono i valori più tradizionalisti della Chiesa cattolica, hanno posizioni contrarie ai diritti della comunità LGBT+ e cercano sistematicamente di controllare le principali istituzioni indipendenti del paese come i tribunali e i giornali. Sono molto scettici su una maggiore integrazione all’interno dell’Unione europea, di cui rifiutano diverse politiche fra cui quelle sull’accoglienza dei richiedenti asilo. I suoi avversari continuano ad essere sempre i liberali e i comunisti, come trent’anni fa, e dice di credere che la Polonia sia assediata da un insieme di forze che cospirano contro il paese. Ma secondo Roman Giertych, ex leader di un partito che sostenne il suo governo tra il 2006 e il 2007, a Kaczyński «c’è una cosa sola che interessa, ed è il potere».
In una sua biografia del 2015, l’autore Michał Krzymowski racconta che quasi tutte le mattine Kaczyński arriva al lavoro verso le 10 accompagnato dal suo autista (Kaczyński non ha la patente). Entra nel suo ufficio passando da un ingresso secondario e non esce mai per pranzo: si fa portare qualcosa dai suoi collaboratori e mangia quasi sempre da solo. Raramente lo si vede tessere relazioni, come invece succede a qualsiasi politico.
Come ha riassunto Politico, Kaczyński «esercita il proprio potere attraverso la sua personalità assertiva e il controllo assoluto del suo partito»: fu lui a scegliere l’ex prima ministra Beata Szydło e l’attuale presidente della Repubblica Andrzej Duda, così come ha scelto Mateusz Morawiecki, il primo ministro in carica, considerato il preferito di Kaczyński per la sua successione. Seleziona personalmente ciascuno dei candidati per il parlamento polacco e per quello europeo, ed è necessaria la sua approvazione anche per altre nomine importanti, dai ministri ai diplomatici ai vertici delle aziende di stato.
Secondo le voci che circolano sul suo conto, citate sempre da Politico, spesso Kaczyński umilia in pubblico i propri sottoposti, da cui le persone che lo conoscono dicono si aspetti un comportamento ossequioso: considera irrispettoso chi cammina con le mani nelle tasche e una volta ha rimproverato un ministro che a suo dire aveva un’andatura troppo sicura. Kaczyński sembra aver plasmato a sua immagine e somiglianza Diritto e Giustizia, che in otto anni di governo è diventato sempre più conservatore e autoritario, e soprattutto ha allontanato la Polonia dagli altri paesi dell’Unione.
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Le elezioni di domenica per rinnovare Camera e Senato si svolgeranno dopo una campagna elettorale lunga e particolarmente tesa. Negli ultimi sondaggi Diritto e Giustizia è dato a circa il 37 per cento dei voti, contro il 30 per cento del principale blocco di partiti all’opposizione, Coalizione Civica, di cui fa parte anche il partito di centrodestra di Tusk, Piattaforma Civica. Per Diritto e Giustizia è un dato molto al di sotto del 43,6 per cento dei voti con cui stravinse le elezioni del 2019, e inferiore anche alla percentuale che prese nel 2015. Nel caso in cui questo fosse il risultato finale, il partito di Kaczyński dovrà trovare almeno un alleato per formare un governo. D’altra parte la possibilità che il blocco di partiti di opposizione ottenga più voti di Diritto e Giustizia è molto ridotta e sarebbe uno sviluppo piuttosto eccezionale.
A ogni modo lo scontro tra i due politici che hanno dominato la politica polacca negli ultimi vent’anni, Kaczyński e Tusk, si sta facendo sempre più diretto, violento e personale.
In campagna elettorale Kaczyński ha definito Tusk «il male puro […], un nemico della nazione […] un traditore che deve essere moralmente sterminato». A sua volta Tusk ha accusato Kaczyński di voler creare uno stato autoritario e ha minacciato, qualora venisse eletto, di incriminarlo per l’erosione dello Stato di diritto messa in atto dal suo partito, che tra le altre cose ha progressivamente indebolito l’indipendenza della magistratura polacca.
Assieme al voto parlamentare domenica gli elettori polacchi si esprimeranno anche su quattro referendum estremamente identitari, che sembrano quasi domande retoriche in favore del governo: difficile che siano stati presentati senza una diretta approvazione di Kaczyński.
Con questi quesiti Diritto e Giustizia probabilmente mira ad attrarre i voti degli elettori più indecisi, e che in qualche modo contengono già una risposta che nei fatti è un incoraggiamento a votare per il partito. Uno di questi per esempio dice: “Sei d’accordo con l’accoglienza di migliaia di immigrati irregolari dal Medio Oriente e dall’Africa, come previsto dal meccanismo di ricollocamento forzato imposto dalla burocrazia europea?”.