Il governo Modi contro la scrittrice Arundhati Roy
L'autrice di “Il dio delle piccole cose”, critica del primo ministro indiano, è stata incriminata per alcune frasi del 2010 sul Kashmir
Le autorità indiane hanno incriminato la scrittrice indiana Arundhati Roy con l’accusa di aver usato un linguaggio provocatorio e di aver promosso l’ostilità tra diversi gruppi etnici in un discorso del 2010, tredici anni fa. Roy è conosciuta soprattutto per il bestseller Il dio delle piccole cose, con cui vinse il prestigioso Booker Prize nel 1997, ed è sempre stata molto critica del primo ministro indiano Narendra Modi, induista, nazionalista e conservatore, e che negli ultimi anni ha introdotto diverse limitazioni alla libertà di espressione.
Il caso riguarda una conferenza tenuta il 21 ottobre del 2010 a New Delhi sulla questione del Kashmir, una regione a maggioranza musulmana al confine tra India e Pakistan da decenni al centro di un complesso conflitto territoriale. Durante la conferenza, Roy ricordò di quando una giornalista le aveva chiesto insistentemente se il Kashmir fosse «parte integrante dell’India», e lei aveva risposto che «non era mai stato una parte integrante dell’India», e che «persino il governo indiano aveva accettato che non era una parte integrante dell’India».
Le accuse partono dalla segnalazione di un attivista induista del Kashmir che nel 2010 aveva accusato Roy e altri partecipanti alla conferenza di voler «minacciare la pace e la sicurezza pubblica» e di promuovere «la separazione del Kashmir dall’India». Un portavoce della polizia di New Delhi ha confermato che il governo ha approvato l’incriminazione contro Roy, un passaggio che in India è necessario per certi tipi di reati.
Un funzionario della regione di Delhi citato dal New York Times ha aggiunto che il governo di Modi stava anche valutando di incriminare Roy per sedizione: secondo il funzionario però non lo avrebbe fatto perché la Corte Suprema indiana sta prendendo una decisione in merito alla validità della legge che la disciplina, risalente al periodo coloniale. Assieme a Roy è stato incriminato Sheikh Showkat Hussain, un professore di legge del Kashmir che aveva partecipato all’evento.
Tra le altre cose Roy aveva criticato Modi nel suo romanzo del 2017 Il ministero della suprema felicità, in cui si parla soprattutto dell’India prima della sua elezione come primo ministro del paese, avvenuta nel 2014.
Pur non essendo mai nominato esplicitamente, Modi è riconoscibile nell’epiteto “il prediletto del Gujarat”, visto che prima di diventare primo ministro dell’India era stato primo ministro di quello stato indiano. Il romanzo parla anche degli scontri del Gujarat del 2002, durante i quali la minoranza musulmana fu attaccata da una parte della maggioranza induista: vennero uccisi 790 musulmani e 254 induisti, ci furono centinaia di feriti e centinaia di moschee e templi vennero distrutti. Modi non si scusò mai per quanto avvenuto e non prese alcuna posizione ufficiale di condanna. Molti lo ritennero il principale responsabile del dilagare delle violenze tra induisti e musulmani: da quando è al governo, ha adottato una politica sempre più nazionalista e repressiva nei confronti del dissenso, compreso quello della stampa.
Le accuse contro Roy e Hussain sono state formalizzate pochi giorni dopo che la polizia di New Delhi aveva perquisito le case e gli uffici di decine di giornalisti che collaborano con NewsClick, un sito di informazione noto per essere critico nei confronti del governo indiano. Un tribunale della città ha disposto un periodo di custodia cautelare di dieci giorni per il fondatore del sito, che è stato accusato assieme a un’altra persona in maniera piuttosto vaga di reati previsti dalla “legge sulla prevenzione delle attività illegali”.
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