«La regione del Medio Oriente è più tranquilla oggi di quanto non lo sia mai stata negli ultimi due decenni»
Lo aveva detto solo otto giorni fa il Consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan
Negli ultimi due giorni, man mano che procedeva la gravissima crisi tra Israele e Palestina seguita all’attacco senza precedenti di Hamas, è stata ripresa e citata una frase pronunciata otto giorni fa dal Consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Jake Sullivan. Parlando al festival dell’Atlantic, prestigiosa rivista statunitense, ed elencando quelli che considerava sviluppi positivi in quell’area, Sullivan aveva detto:
«La regione del Medio Oriente è più tranquilla oggi di quanto non lo sia mai stata negli ultimi due decenni»
Alla luce di quanto successo soltanto pochi giorni dopo, le parole di Sullivan sono state lette come un plateale errore di valutazione della situazione, e sono inoltre molto indicative di quanto l’attacco di Hamas, senza precedenti, abbia preso completamente alla sprovvista non solo l’intelligence e l’esercito israeliano, ma anche i governi occidentali. I miliziani di Hamas hanno attaccato via terra, oltre che coi tradizionali lanci di missili e lanci dalla Striscia di Gaza, in un’estesa ed eccezionale operazione che ha sicuramente richiesto settimane, se non mesi, di intensa preparazione logistica, militare, politica e di intelligence. La “tranquillità” di cui otto giorni fa parlava Sullivan in sostanza non esisteva, perché i preparativi per il più grave attacco contro Israele da decenni a questa parte erano certamente in corso.
– Leggi anche: La sorprendente impreparazione di Israele
Sullivan, che ha 46 anni, è dal 2021 il principale consigliere del presidente degli Stati Uniti Joe Biden su tutte le questioni di sicurezza nazionale, ha un ruolo che è fondamentale all’interno delle amministrazioni statunitensi e che in sostanza informa e offre suggerimenti e analisi al presidente sulle questioni di politica estera che possono rappresentare una minaccia.
Le sue parole sono state inoltre lette come l’espressione di quanto le tensioni tra Israele e Gaza fossero state trascurate da molti governi negli ultimi mesi, anche per via della guerra in Ucraina. Solo nel 2023, in scontri tra israeliani e palestinesi e nel corso di operazioni militari israeliane nei campi profughi palestinesi, erano già stati uccisi oltre 200 palestinesi e oltre 30 israeliani. Le violenze si erano intensificate soprattutto la scorsa primavera, nel periodo del Ramadan, che quest’anno era coinciso in parte con la Pasqua ebraica e con quella cristiana, in una concomitanza di eventi che aveva contribuito a una serie di scontri e violenze.
Da quando è iniziato l’attacco di Hamas sabato sono già stati uccisi almeno 900 israeliani. È quanto meno dai tempi della guerra dello Yom Kippur, nel 1973, che Israele non subiva così tante perdite, soprattutto tra i civili. Negli ultimi 13 anni i morti israeliani provocati dal conflitto israelo-palestinese erano sempre stati nell’ordine di non più di qualche decina l’anno, quasi tutti uccisi da attacchi terroristici improvvisati o dal lancio di razzi dalla Striscia di Gaza.