In Afghanistan i soccorsi per il terremoto stanno andando a rilento
Le zone colpite sono difficili da raggiungere, il sistema sanitario è inadeguato e manca l'attrezzatura: i morti sono più di 2mila
Sabato un terremoto di magnitudo 6.3 ha colpito la provincia di Herat, nel nord dell’Afghanistan, causando danni ingenti e uccidendo più di 2mila persone secondo le stime del governo. Le operazioni di soccorso sono iniziate immediatamente, ma stanno procedendo a rilento: le zone colpite sono difficili da raggiungere, e in molti casi le squadre di emergenza e gli operatori sanitari arrivati sul posto non hanno i mezzi adatti per lavorare in situazioni così precarie.
Molte delle strade che portano alle città più colpite sono bloccate e le comunicazioni sono rallentate. L’area intorno a Herat è principalmente rurale, molte case erano semplici strutture in fango e legno che sono collassate alla prima scossa. Sabato un abitante sopravvissuto ha detto all’agenzia di stampa AFP che «chi si trovava all’interno delle case è stato sepolto vivo, ci sono intere famiglie di cui non avuto notizie».
Domenica sera il portavoce dei talebani Zabihullah Mojahid ha detto che le persone morte erano più di 2.400, ma sono numeri da prendere con cautela. Secondo le Nazioni Unite i morti sarebbero oltre mille, con 465 case completamente distrutte e altre 135 danneggiate. Circa 1.400 persone sono state evacuate dalle loro abitazioni verso altre zone del paese, e complessivamente oltre 4mila persone sono state coinvolte nel terremoto e nelle successive operazioni di soccorso. Durante il fine settimana a Herat molte persone hanno dormito all’aperto per paura di ulteriori scosse, anche se durante la notte le temperature scendono notevolmente, arrivando a circa 10 gradi.
Subito dopo la fine delle scosse i sopravvissuti hanno iniziato a scavare tra le macerie a mani nude o con vanghe e picconi di fortuna, cercando di liberare le persone intrappolate tra i resti degli edifici crollati. Gli stessi attrezzi sono stati usati per scavare le fosse comuni in cui seppellire i morti. «Non ci sono molte risorse per la gestione dei danni. Il numero di morti aumenta ogni ora», ha detto Salma Ben Aissa, direttore per l’Afghanistan della ong International Rescue Committee.
Gli ospedali locali, già in forte difficoltà, non sono in grado di rispondere all’emergenza e fornire cure mediche a tutte le persone che ne avrebbero bisogno. «Non abbiamo strumenti avanzati, né personale preparato», ha detto ad Al Jazeera Sabir, un operatore di emergenza che stava lavorando a Herat dopo il terremoto. Molti temono che la lentezza dei soccorsi e l’inadeguatezza del sistema ospedaliero facciano aumentare il numero di morti: «Mancano cibo e acqua, le famiglie con donne e bambini non hanno un posto in cui stare», ha aggiunto Sabir.
Nelle ore e nei giorni successivi al terremoto alcuni aiuti inviati da varie organizzazioni umanitarie hanno cominciato a raggiungere le aree colpite. Secondo le Nazioni Unite circa 200 persone hanno ricevuto cure mediche all’ospedale provinciale di Herat, dove l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha inviato materiale medico sufficiente per fare circa 150 operazioni. Varie agenzie delle Nazioni Unite hanno fornito un riparo di emergenza a circa 700 famiglie, inviando 640 tende e carichi di coperte. È stato distribuito anche cibo per 1.700 famiglie e 1.300 kit con oggetti per l’igiene personale e altri strumenti di prima necessità. Medici Senza Frontiere ha allestito alcune tende mediche nelle zone colpite dalle scosse, capaci di accogliere fino a 80 persone.
La provincia di Herat ha 1,9 milioni di abitanti e si trova circa 120 chilometri a est del confine con l’Iran. L’Afghanistan è spesso interessato da terremoti: a giugno del 2022 un terremoto di magnitudo 5.9 aveva colpito la provincia orientale di Paktika, uccidendo almeno mille persone e ferendone circa 1.500.