Scrivere a mano ha ancora una sua utilità
L’idea di farne definitivamente a meno è sconsigliata da studi che mostrano come la memoria motoria aiuti i processi di apprendimento
La diffusione delle tastiere fisiche e virtuali come principale metodo di scrittura in gran parte del mondo stimola da oltre un decennio un dibattito ricorrente riguardo all’opportunità di introdurre estesamente quegli strumenti fin dalla formazione scolastica, come sostegno alla didattica o alternativa alla scrittura a mano. Nel corso del tempo i diversi tentativi di rendere l’uso dei dispositivi elettronici uno standard nelle scuole e nelle aule universitarie sono stati accolti con grande interesse, da una parte, e perplessità e dubbi, dall’altra.
In anni più recenti nuove ricerche hanno accresciuto una consapevolezza, in parte già diffusa, riguardo agli effetti della pratica di scrivere a mano sui processi dell’apprendimento e della memoria. I benefici descritti sono tali da essere in molti casi considerati un motivo sufficiente per non ridurre né contrastare con altri mezzi la familiarità delle persone con questa attività manuale millenaria, già sopravvissuta all’invenzione della stampa, della macchina da scrivere e dei computer.
Diversi studi sull’influenza della scrittura a mano sul linguaggio e sul pensiero suggeriscono che sia un fattore rilevante nel miglioramento di varie prestazioni cognitive: ricordare meglio una sequenza di parole, per esempio, o anche comprendere più facilmente idee complesse.
Quando occorre imparare una parola, un testo o un concetto, i vantaggi nell’usare una penna o una matita stanno nel fatto che la memoria motoria e quella sensoriale coinvolte nell’azione di scrivere a mano rafforzano la memoria di quella parola o di quel testo. È piuttosto comune, per esempio, l’esperienza di ricordare una certa parola per averla scritta in un determinato punto di una pagina di appunti.
Nel 2021 uno studio condotto dal Centro per la ricerca sulla cognizione e l’apprendimento dell’Università di Poitiers, in Francia, su un gruppo di studenti universitari del secondo anno confrontò il ricordo a breve e medio termine delle parole apprese scrivendo a mano o digitando su una tastiera: il ricordo era migliore nel primo caso, soprattutto per gli elenchi di parole più lunghi. L’ipotesi dello studio fu che la digitazione richiedesse un maggiore sforzo cognitivo rispetto alla scrittura a mano, riducendo le risorse a disposizione nella memoria di lavoro per poter memorizzare le parole.
I ricercatori notarono inoltre che quando gli studenti ricopiavano un testo digitandolo su una tastiera ci mettevano generalmente meno tempo rispetto a quando lo trascrivevano a mano. Ipotizzarono quindi che la maggiore velocità con cui le parole vengono digitate su una tastiera, rispetto a quando sono trascritte a mano, aumenti la quantità di informazioni da elaborare in un dato momento, e di conseguenza il carico di lavoro. E conclusero che per gli studenti la digitazione fosse più faticosa nel complesso.
Da una prospettiva di ricerca nota come cognizione incorporata (o incarnata), secondo cui ogni aspetto della cognizione umana è determinato dalle interazioni del corpo con il mondo, alcuni studi si sono concentrati sull’importanza del coinvolgimento delle diverse strutture corporee per i processi cognitivi durante l’attività della scrittura. In un articolo pubblicato nel 2022 un gruppo di ricerca dell’Università di Murcia e dell’Università di Barcellona (UB) ha analizzato diversi studi sugli effetti della modalità di scrittura sui vari compiti cognitivi, sia in termini di richiesta che di dispersione delle risorse cognitive.
La conclusione più ampia del gruppo è che la quantità e il tipo di carico di lavoro cognitivo associati alle diverse modalità di scrittura dipendono molto dall’esperienza individuale di ciascuna persona con ciascuna modalità di scrittura. A seconda della loro età, abilità e conoscenza di ciascuna modalità, gli studenti potrebbero sperimentare differenti livelli di fatica e differenti carichi di lavoro cognitivo.
Diversi autori e autrici associano tuttavia una serie di vantaggi specifici all’apprendimento tramite carta e penna, ritenendo in un certo senso questa modalità di scrittura più «incorporata» delle altre. Rispetto a quella tramite tastiera fisica e virtuale la scrittura a mano coinvolgerebbe cioè processi sensomotori più complessi e riferimenti dettagliati a una maggiore quantità di coordinate spaziotemporali. E questa complessità tende a riflettersi in generale in una maggiore capacità dei testi scritti a mano di rimanere impressi nella memoria.
L’ipotesi sostenuta nelle ricerche riconducibili alla prospettiva della cognizione incorporata, come scritto in un recente articolo su The Conversation dal gruppo dell’Università di Murcia e dell’Università di Barcellona, è che quando digitiamo su una tastiera – «un dispositivo che funziona con un coinvolgimento sensoriale minimo» – i nostri processi cognitivi sono più simili a quelli di «una mente puramente simbolica e disincarnata», che riceve ed elabora meno input motori e sensoriali.
Un altro dei benefici cognitivi della scrittura a mano attestati nelle ricerche riguarda l’impatto sulla capacità di prendere appunti e di comprendere i concetti annotati negli appunti. In uno studio di psicologia molto citato, pubblicato nel 2014 dalla ricercatrice della Princeton University Pam A. Mueller e dal ricercatore della Carnegie Mellon University Daniel M. Oppenheimer, gli studenti che utilizzavano la tastiera per prendere appunti durante le lezioni scrivevano quasi il doppio delle parole e più passaggi parola per parola, rispetto a quelli che prendevano appunti a mano. Ma alle domande poste dopo molto tempo sui concetti spiegati a lezione ottenevano punteggi più bassi.
Gli studenti che utilizzavano i loro laptop annotavano un gran numero di parole, ma lo facevano in modo letterale e senza molta elaborazione cognitiva, suggerirono Mueller e Oppenheimer. Chi invece scriveva a mano poteva annotare meno parole e doveva quindi sintetizzare e riassumere ampie parti delle lezioni, anziché limitarsi a trascriverle. E questa condizione si traduceva in una maggiore capacità di mantenere i concetti nella memoria a lungo termine: un effetto che persisteva anche quando agli studenti che avevano utilizzato la tastiera veniva esplicitamente chiesto di riformulare le trascrizioni con parole proprie.
I benefici della scrittura a mano sono in generale piuttosto noti anche ai governi di molti paesi occidentali che in tempi recenti hanno intensificato nei loro piani di istruzione l’insegnamento di questa pratica fin dall’età di sei anni, ha scritto recentemente l’Economist. Esiste tuttavia anche un rischio di estremizzare le conclusioni, come nel caso dei sistemi scolastici di alcuni stati americani che sono arrivati al punto di vietare completamente l’utilizzo dei laptop nella didattica.
In alcuni casi la scrittura tramite tastiera può comportare una serie di vantaggi rispetto alla scrittura a mano. Secondo una meta analisi basata su 27 studi sulle differenze tra testi scritti a mano e con un computer da parte di studenti con disabilità o difficoltà particolari nella scrittura a mano, l’utilizzo di un computer può migliorare la qualità e la coerenza dei testi, e aumentarne la lunghezza. E gli effetti sono ancora più significativi quando i programmi utilizzati includono strumenti che semplificano la revisione dei testi e forniscono supporti aggiuntivi come correttori ortografici o riconoscimento vocale.
Come dimostrato dai risultati dello studio del 2014 di Mueller e Oppenheimer, l’utilizzo della tastiera può inoltre essere vantaggioso nei casi in cui, più che appuntare dei concetti, sia necessario trascrivere molto rapidamente dei testi prima di dimenticarli. E in generale, come ha detto all’Economist Virginia Berninger, docente emerita di psicologia alla University of Washington, ciascuna modalità di scrittura ha una propria utilità: ci sono vantaggi comprovati nella scrittura a mano, come ce ne sono per la scrittura in corsivo, più rapida, e per quella tramite tastiera.