I risultati delle elezioni in Baviera
Ha vinto di nuovo il partito conservatore locale, ma il partito di destra radicale Alternative für Deutschland è andato molto bene
Domenica 8 ottobre si sono tenute le elezioni statali in Baviera e nell’Assia. In Baviera, uno degli stati più ricchi e popolosi della Germania, votano oltre 9 milioni di persone e le elezioni sono considerate particolarmente importanti per misurare i consensi sull’operato del governo federale guidato dal cancelliere Olaf Scholz, leader del partito Socialdemocratico, di centrosinistra. Secondo gli ultimi dati l’Unione Cristiano-Sociale (CSU), il partito conservatore bavarese storico alleato della CDU a livello nazionale, ha ottenuto la maggioranza dei voti, il 36,7 per cento. Come già successo nel 2018 non avrà la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento locale e dovrà allearsi con un’altra forza politica per formare un governo.
Se il primo posto alla CSU era prevedibile, il ruolo di secondo partito più votato è dipeso da pochi punti percentuali: il partito locale conservatore e tradizionalista Freie Wähler ha ottenuto il 15,8 per cento dei voti, quello di destra radicale AfD 14,6. Si tratta di un risultato storico per AfD, che nel 2018 in Baviera aveva ricevuto il 10,2 per cento dei voti, entrando per la prima volta nel parlamento statale. Nella vicina Assia, altro stato dove si tenevano le elezioni domenica, è andato ancora meglio, assestandosi al secondo posto con il 18,4 per cento dei voti.
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Durante il proprio discorso di ringraziamento domenica sera, il primo ministro bavarese conservatore Markus Söder (eletto con la CSU) ha ribadito che non intende coalizzarsi né con l’AfD né con i Verdi, affermando in particolare che «le posizioni dei Verdi cozzano con le nostre». Söder ha già detto cercherà un’altra alleanza con i Freie Wähler, con cui ha governato per gli ultimi cinque anni.
I Verdi, che nel 2018 avevano ottenuto un risultato storico diventando il secondo partito più votato nello stato con quasi il 18 per cento dei voti, hanno ottenuto un risultato piuttosto scarso: il 14,4 per cento dei voti. Durante la campagna elettorale sono stati spesso duramente attaccati: negli ultimi mesi Söder ha condotto una campagna elettorale fortemente incentrata sull’attaccarli, anche con accuse infondate e pretestuose. Tra le varie cose ha attaccato i Verdi per la graduale eliminazione delle caldaie a gas e la loro sostituzione con pompe di calore, misura introdotta quest’anno dal governo federale e promossa dal ministro dell’Economia e dell’Energia Robert Habeck (dei Verdi, appunto). La norma ha attirato molte critiche perché comporta dei costi per le famiglie che usano ancora le caldaie a gas: nel corso della campagna elettorale Söder ha esagerato molto sul costo delle pompe di calore. Ha detto che i tedeschi dovranno spendere fino a 300mila euro a famiglia per sostituire la propria caldaia a gas: una pompa di calore costa in realtà tra gli 11mila e i 25mila euro.
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Le elezioni statali tedesche sono state sempre molto centrate su tematiche legate alla politica locale, come i trasporti, l’istruzione o la polizia, ma negli ultimi anni le discussioni si sono concentrate sempre di più su questioni rilevanti a livello nazionale, come l’immigrazione, la transizione ecologica e più recentemente la situazione stagnante dell’economia tedesca.
Nella campagna elettorale in Baviera hanno avuto un ruolo importante le critiche e i malcontenti nei confronti del governo di Scholz, in carica da quasi due anni e piuttosto impopolare. Ma hanno probabilmente giocato un ruolo importante anche le ambizioni politiche dello stesso Söder, che da tempo si ritiene voglia fare il “grande salto” verso la politica nazionale diventando il leader della CDU, l’Unione Cristiano-Democratica, il partito guidato un tempo da Angela Merkel e di cui la CSU è storica alleata.
In Baviera negli ultimi cinque anni ha governato una coalizione formata dall’Unione Cristiano-Sociale (CSU) e dai Freie Wähler, due partiti di centrodestra. All’opposizione c’erano tra gli altri i Socialdemocratici, i Verdi e i Liberali, cioè proprio il blocco di partiti al governo a livello federale.