Guida minima alla Guinea
Cioè il paese dell'Africa occidentale da cui arrivano più migranti via mare in Italia, e che ha un sacco di problemi
Nei primi otto mesi del 2023 sono arrivati via mare in Italia 114.610 migranti. Fra loro circa uno su otto, cioè 15.484, proviene dalla Guinea, chiamata anche Guinea Conakry, dal nome della sua capitale, per non confonderla con la Guinea-Bissau e la Guinea Equatoriale, altri due stati dell’Africa subsahariana.
Il flusso di migranti dalla Guinea verso l’Europa è abbastanza stabile dal 2016, e si era molto ridotto soltanto fra 2020 e 2021, durante la pandemia da coronavirus. Dal 2016 al 2022 sono stati 83.335 i guineani che hanno chiesto asilo in Europa. Negli ultimi mesi le organizzazione internazionali e le persone che si occupano di accoglienza hanno notato un aumento degli arrivi soprattutto nella rotta via terra che dalla Guinea passa per il Mali, l’Algeria e la Tunisia, e ha come primo punto di arrivo in Europa l’isola di Lampedusa.
In un testo scritto dall’agenzia ONU per le migrazioni e contenuto in un rapporto del ministero del Lavoro italiano sui minori non accompagnati che arrivano in Italia, pubblicato a giugno del 2023, si legge che i guineani che sbarcano in Italia in questi mesi hanno un’età molto bassa, compresa fra i 14 e i 20 anni. Le ragioni più citate per il loro viaggio sono la volontà di raggiungere un parente che si trova già in Europa, il desiderio di migliorare le proprie condizioni di vita e la fuga da matrimoni forzati.
Ricostruire le ragioni che spingono una persona a migrare a migliaia di chilometri di distanza è complicato. Spesso si intrecciano fattori personali, sociali ed economici difficili da separare l’uno dall’altro, fra cui ovviamente ricadono anche le violenze e le persecuzioni subite per la propria etnia, religione o appartenenza politica.
Conosciamo piuttosto bene, però, le condizioni del paese che i guineani si lasciano dietro per cercare di raggiungere l’Europa.
La Guinea ha circa 13 milioni di abitanti, confina a ovest col Senegal e la Guinea-Bissau, a nord col Mali, a est con la Costa d’Avorio, a sud con la Sierra Leone e la Liberia. È un’ex colonia della Francia, da cui si è dichiarata indipendente nel 1958. La lingua ufficiale è rimasta il francese. La religione più diffusa è di gran lunga l’Islam. Nel 2021 l’esercito ha rimosso con un colpo di stato il presidente Alpha Condé e instaurato una giunta militare guidata dal colonnello Mamadi Doumbouya, che ha promesso una transizione verso la democrazia a partire dal 2025.
Il nome “Guinea” ha origini incerte: sappiamo solo che venne dato dai portoghesi alla regione costiera immediatamente a sud del deserto del Sahara. Secondo alcuni il nome deriverebbe da una parola che nella lingua berbera significa “nero”. Secondo altri prende il nome da una pianta dall’odore simile all’aglio, diffusa soprattutto in Sud America e poi portata nell’Africa subsahariana dai colonizzatori portoghesi.
Come molti paesi della regione, anche la Guinea ha un’economia prevalentemente agricola: circa metà degli abitanti sono impiegati nel settore agricolo. Questo la rende estremamente vulnerabile al cambiamento climatico. Di recente l’agenzia ONU per le migrazioni ha raccontato la storia di una coltivatrice di cipolle che ha perso molti soldi per via della siccità ricorrente. Alcuni anni fa suo figlio decise di migrare altrove, riuscì ad arrivare in Libia ma da allora lei non ha più avuto sue notizie.
In Guinea esiste una storia lunga decenni di sindacati e movimenti di contadini, ma lo stato centrale è sempre rimasto piuttosto fragile, così come le sue emanazioni. Il sistema scolastico è assai carente. Una ricerca di UNICEF realizzata fra 2016 e 2017 sui minori non accompagnati guineani che arrivano via mare in Italia mostra che un quinto di loro non sa scrivere, e che un quarto di loro non è mai andato a scuola.
Anche il sistema sanitario è fragilissimo. La ong africana ALIMA (Alliance for International Medical Action) segnala che «la diffusione dei servizi essenziali è bassa, mentre rimane elevata la mortalità infantile». Nel 2022 il tasso di mortalità delle donne che hanno partorito è stata di 686 ogni 100mila nascite, una delle più alte al mondo (in Italia nel 2020 è stata di 5 ogni 100mila nascite). Soltanto negli ultimi anni la Guinea è stata pesantemente colpita dalle epidemie di ebola, morbillo, meningite, vaiolo delle scimmie e ovviamente COVID-19. È anche uno dei paesi in cui ogni anno muoiono più persone per i morsi dei serpenti: secondo un’agenzia sanitaria governativa ogni anno circa 3.600 persone muoiono avvelenate per il morso di un serpente, un decimo di tutte le morti per questa ragione in Africa.
A questi problemi strutturali di recente se ne sono aggiunti altri, più contingenti. Dopo il colpo di stato del 2021 l’ECOWAS, cioè la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale, ha sospeso la Guinea, isolandola dal punto di vista politico e commerciale.
«Dal punto di vista politico, chi aveva più speranze di un ritorno a una democrazia fa fatica a sperare che saranno accolte. Dall’altra parte anche a causa di una dinamica demografica molto forte come in tutti i paesi dell’Africa subsahariana, le aspirazioni dei giovani difficilmente riescono a essere soddisfatte nel paese», spiega Italo Rizzi, direttore strategico di LVIA, una delle poche ong italiane impegnate in Guinea.
Gran parte dei guineani che scelgono di lasciare il proprio paese si dirige verso paesi limitrofi, seguendo una dinamica tipica della migrazione umana. Nel 2015 l’ONU aveva stimato che il 22 per cento dei migranti guineani andava in Costa d’Avorio, il paese più ricco della regione, il 16 per cento in Sierra Leone, il 12 per cento in Senegal. Soltanto il 17 per cento invece aveva raggiunto un paese europeo.
Fra quelli che invece cercano di raggiungere l’Europa, i guineani preferiscono chiedere asilo in Francia, per via della loro conoscenza del francese e di una rete di connazionali già piuttosto radicata. Dal 2018 a oggi 31.170 guineani hanno chiesto asilo in Francia, mentre nello stesso periodo appena 2.820 sono rimasti in Italia. Gli altri paesi dove preferiscono chiedere asilo sono Germania, Belgio e Spagna (che raggiungono passando dal Marocco).
Il percorso per raggiungere l’Europa richiede tempo e migliaia di euro per pagare i trafficanti, e a volte prevede periodi di lavoro lunghi mesi o anni per procurarsi i soldi necessari.
Per i minori il tragitto è ancora più complicato, spiega l’agenzia ONU per le migrazioni nel suo recente rapporto per il ministero del Lavoro italiano. Negli aeroporti di Conakry e Dakar, in Senegal, i minori non accompagnati spesso non vengono fatti volare senza la presenza di un adulto. Questo li obbliga a raggiungere via terra i paesi del Nord Africa: il tragitto «spesso espone le minori e i giovani adulti guineani, maschi e femmine, ad abusi fisici e sessuali», «elemento che necessiterebbe quindi di un’attenzione particolare nella lista della possibili vulnerabilità associabili a questa particolare categoria di giovani e giovanissimi migranti», scrive l’agenzia.