Il Pakistan non riesce più a limitare gli attentati terroristici
Sono aumentati gli attacchi compiuti sia dai talebani pachistani sia dall'ISIS: c'entra il regime talebano nel vicino Afghanistan
Venerdì mattina un attacco suicida ha causato quasi 60 morti durante una processione religiosa a Mastung, città del sud ovest del Pakistan. Nei primi nove mesi del 2023 gli attentati in Pakistan sono stati frequenti e hanno causato oltre 1.000 morti, confermando una tendenza che dura ormai da due anni. Gli attacchi sono notevolmente aumentati dall’agosto del 2021, da quando cioè i talebani sono tornati al potere nel vicino Afghanistan.
Dal 2021 il nuovo governo afghano ha ridato mezzi, spazio d’azione e appoggi ai talebani pachistani, il gruppo terroristico più grande e attivo nel paese, conosciuto come TTP, Tehrik-i-Taliban Pakistan. Ma ha anche costretto l’ISIS-K, formazione affiliata allo Stato Islamico che opera nella regione, a concentrare la propria attività in Pakistan, limitando le operazioni in Afghanistan dove il controllo del territorio dei talebani è più capillare. ISIS e talebani sono infatti forze antagoniste, divise da questioni ideologiche e da un’intensa competizione per la supremazia del mondo jihadista.
Le due organizzazioni terroristiche hanno compiuto un numero crescente di attentati soprattutto nelle regioni occidentali del Pakistan. Gli attacchi più gravi sono stati registrati a gennaio, febbraio e luglio, ma gli episodi di violenza sono quasi quotidiani: secondo un rapporto del Centro di ricerche e studi per la sicurezza (CRSS, con sede ad Islamabad) sono aumentati del 57 per cento negli ultimi tre mesi e hanno causato circa 1.100 morti nel 2023. Quasi 400 fra questi erano poliziotti, militari o forze di sicurezza.
La nuova situazione ha ridimensionato i progressi nella lotta al terrorismo compiuti nell’ultimo decennio: una grande operazione militare, condotta nel 2014 con il sostegno degli Stati Uniti nelle zone di confine con l’Afghanistan, aveva di fatto ridotto i mezzi e gli uomini delle principali organizzazioni terroristiche, limitandone le capacità di azione. Oggi governo e forze armate pachistane non sembrano essere in grado di contrastare con efficacia le organizzazioni terroristiche. Alle prese con una crisi politica ed economica che limita le possibilità di azione dello stato, il Pakistan accusa i talebani afghani di appoggiare i talebani pachistani.
L’aumento delle tensioni fra i due paesi ha portato mercoledì alla decisione del governo pachistano di espellere entro novembre quasi 1,7 milioni di afghani che risiedono illegalmente in Pakistan.
I talebani afghani negano qualunque tipo di collaborazione con i talebani pachistani (il TTP), ma la loro ascesa al potere ha garantito alla formazione terroristica basi operative sicure in Afghanistan. Centinaia di talebani pachistani sono inoltre stati liberati dalle carceri afghane dopo la partenza dell’esercito statunitense e molte delle armi che quest’ultimo forniva alle forze di sicurezza afghane sarebbero finite in loro possesso. Il leader del gruppo è attualmente Mufti Noor Wali Mehsud: negli ultimi mesi ha arruolato nuovi membri reclutandoli anche dalle fila di al Qaida e sta individuando come obiettivi principali le forze di sicurezza pachistane presenti nelle aree più remote di confine. Nelle stesse aree sono riprese anche estorsioni e rapimenti, con cui le formazioni terroristiche si finanziano.
Negli ultimi due anni i talebani afghani hanno inoltre condotto una guerra serrata all’ISIS-K presente sul proprio territorio, che ha portato all’uccisione di otto diversi leader dell’organizzazione (secondo informazioni raccolte da funzionari statunitensi). L’ISIS ha quindi spostato gran parte delle proprie forze in Pakistan, dove gli attentati sono stati frequenti. In molti casi, compreso l’ultimo a Mastung, gli attacchi non vengono rivendicati e la paternità dell’azione può essere solo dedotta in base agli obiettivi scelti, all’area di azione e alle modalità.
Le due organizzazioni terroristiche hanno colpito negli scorsi mesi anche comizi elettorali: il Pakistan doveva tenere le elezioni entro l’autunno, ma sono state rinviate a fine gennaio. A queste non potrà partecipare l’ex primo ministro Imran Khan, condannato ad agosto a tre anni di carcere: il suo arresto e la conseguente esclusione dai possibili candidati è un altro motivo di tensione all’interno del paese, già alle prese con una crisi economica che ha reso necessario l’intervento del Fondo Monetario internazionale per evitare la bancarotta.
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