Negli Stati Uniti Stellantis ha un metodo diverso per gestire gli scioperi
Rispetto a Ford e GM può permettersi più concessioni ma anche più minacce verso il sindacato, che blocca il settore da settimane
Da metà settembre negli Stati Uniti sta andando avanti un grande sciopero che coinvolge migliaia di lavoratori appartenenti alle tre principali aziende di automobili del paese: sono conosciute come le “Big Three” e sono General Motors, Ford e Stellantis (a cui appartengono Fiat, Chrysler e Jeep, tra gli altri). A scioperare sono membri dell’United Automobile Workers (UAW), lo storico e potente sindacato statunitense con sede a Detroit che conta quasi 400 mila iscritti.
Lo sciopero è stato proclamato perché UAW e Big Three erano arrivate a un punto di stallo nelle trattative per un nuovo accordo collettivo: il sindacato voleva un aumento degli stipendi più alto di quello che le aziende erano disposte a concedere, un sistema più efficiente di adeguamento delle retribuzioni all’inflazione e migliori benefit. Questa è la terza settimana di sciopero: 25 mila persone hanno smesso di lavorare, causando il blocco di molti impianti e di parte dell’indotto, oltre che grosse perdite per le aziende.
È il primo sciopero di sempre a interessare contemporaneamente gli stabilimenti di tutte e tre le Big Three. Le aziende stanno trattando singolarmente con il sindacato, con risultati diversi. Tra le tre è Stellantis quella che sta gestendo in modo più efficace la trattativa e che sembra essere più vicina a un accordo: venerdì il capo del sindacato Shawn Fain ha annunciato che con l’azienda le trattative hanno avuto uno «slancio» e che per il momento non estenderanno ulteriormente gli scioperi nelle sue fabbriche, al contrario di quanto previsto invece per gli impianti di Ford e General Motors per cui da lunedì sono aumentati in modo significativo i lavoratori in sciopero.
Rispetto alle altre due aziende, Stellantis si trova in una migliore posizione negoziale con il sindacato statunitense. Innanzitutto ha meno forza lavoro rappresentata dalla sigla UAW: sono 43 mila i dipendenti rappresentati, rispetto ai 46 mila di General Motors e ai 57 mila di Ford.
Poi ci sono altri due motivi più legati alle sue caratteristiche aziendali. Il primo è che i conti di Stellantis sono migliori di quelli dei concorrenti, quindi ha potenzialmente più margine per andare incontro alle richieste economiche dei lavoratori. Il secondo è che allo stesso tempo il suo modello di business, molto propenso all’efficenza degli stabilimenti e al contenimento dei costi, la rende credibile nel minacciare la riduzione delle produzioni locali per contenere le richieste e il potere dei sindacati: di fronte alla possibilità di chiusura di uno stabilimento e di licenziamenti è probabile che lo UAW sia più propenso ad accettare compromessi.
Sono due ragioni che possono sembrare in contrasto tra loro, perché da una parte l’azienda accontenta i lavoratori e dall’altra minaccia licenziamenti. In realtà sono due facce della stessa medaglia e hanno a che fare con il modello di business adottato dall’amministratore delegato Carlos Tavares: consiste nel migliorare il bilancio rendendo i processi molto più efficienti e riducendo moltissimo le spese. La riduzione delle spese di Tavares prevede anche la chiusura di interi stabilimenti e il licenziamento di migliaia di persone, cosa che ha provocato negli ultimi anni grossi problemi sociali.
Grazie ai conti in buono stato e alla minaccia di chiusure e licenziamenti l’azienda ha di fatto una posizione di maggior vantaggio nella trattativa con il sindacato.
Stellantis esiste formalmente da solo tre anni, ma ha una lunga storia. È nata dalla fusione di PSA, l’azienda francese meglio conosciuta come Peugeot Citroën, e FCA, l’azienda italo-statunitense nata a sua volta dalla fusione di FIAT e Chrysler. Oggi è il quarto produttore mondiale di auto, con 400 mila dipendenti e oltre 50 stabilimenti in tutto il mondo. È considerata una delle aziende più redditizie del settore, benché le aziende che l’hanno formata in origine, PSA e FCA, non lo fossero poi così tanto. Già nel suo primo anno di vita ha registrato un utile netto di 13,4 miliardi di euro, il triplo rispetto a quanto le due aziende hanno guadagnato separatamente nel 2020, a fronte di vendite migliori solo marginalmente.
Il principale vantaggio di Stellantis rispetto ai concorrenti riguarda i costi. La sola fusione tra PSA e FCA ha prodotto 3,2 miliardi di cosiddette “sinergie”, ossia di risparmi resi possibili dall’unione di due aziende che ora possono condividere, per esempio, impianti, lavoratori e così via. Tavares ha poi ulteriormente ridotto i costi attraverso scelte manageriali innovative e controverse, come mettere in competizione le proprie fabbriche, cercando così di spingerle a diventare più efficienti, e ridurre all’osso le scorte per non occupare troppo gli spazi dei magazzini, rischiando così di generare spese aggiuntive, anche a costo di ritardare le consegne, come effettivamente accade da diversi mesi.
Ma la questione più discussa della strategia di Tavares per ridurre i costi è sicuramente quella relativa alla riduzione dei posti di lavoro nei paesi ad alto costo. In questi anni ci sono stati migliaia e migliaia di licenziamenti: negli stabilimenti in Francia, secondo Le Monde, si è passati dai 59 mila addetti industriali del 2013 ai poco più di 40 mila di oggi e lo scorso anno è stato approvato un piano per incentivare le dimissioni di 2.600 dipendenti; lo stesso in Italia, dove c’è stata una difficile negoziazione sindacale per le dimissioni di 1.820 dipendenti; a dicembre è stata annunciata la chiusura di uno stabilimento negli Stati Uniti nell’Illinois, dove lavoravano oltre 1.300 dipendenti.
Tutti questi licenziamenti hanno sicuramente migliorato i conti dell’azienda, che può contare ora su una struttura più snella e meno costosa, ma hanno un enorme peso sociale sia per chi ha perso il lavoro sia per l’economia locale la cui prosperità spesso dipende molto da queste grandi fabbriche.
Ma la riduzione all’osso dei costi fa parte della strategia di Tavares per rendere più redditizia l’azienda in un momento in cui gran parte degli investimenti devono essere destinati all’elettrificazione, ossia allo sviluppo di sempre più modelli di auto elettriche. A inizio anno, proprio parlando di come l’azienda intende continuare ad affrontare questo periodo di difficoltà, Tavares ha parlato espressamente di «scelte impopolari», come possibili chiusure o ridimensionamenti di alcuni impianti. Secondo lui la questione dei costi è centrale per rimanere competitivi rispetto alle aziende cinesi, che tramite sussidi statali e lavoratori a basso costo riescono a vendere auto elettriche a prezzi molto più bassi dei produttori occidentali. Per Tavares «se non continuiamo a tenere sotto controllo i costi, in questo settore vai da “hero to zero”», ossia dall’essere un’azienda florida alla bancarotta.
Ora, nelle negoziazioni tra il sindacato e tutte e tre le case automobilistiche gli aumenti salariali rappresentano la questione primaria. Le aziende avevano recentemente offerto aumenti salariali del 20 per cento in quattro anni, mentre il sindacato premeva per un aumento di almeno il 30. Non si conoscono i dettagli dell’offerta che venerdì ha convinto il sindacato a non aggravare gli scioperi negli stabilimenti di Stellantis. Si sa però che tra le Big Three Stellantis è nella posizione migliore per concedere aumenti più sostanziosi: nel 2022 in Nord America il margine di profitto è stato del 16,4 per cento, rispetto al 10,1 di General Motors e all’8,4 di Ford. L’azienda ha quindi più spazio per far crescere gli stipendi e rimanere comunque redditizia.
Per decenni Chrysler – il predecessore delle attività nordamericane di Stellantis – è stata la più piccola e la meno redditizia delle tre case automobilistiche di Detroit, oltre che la più dipendente dal mercato statunitense. Ora che Stellantis è più globale e più redditizia, queste dinamiche si sono ribaltate.
Non solo l’azienda è più efficiente nei costi, ma ha anche un mercato più diversificato rispetto a General Motors e Ford: mentre queste due generano quasi tutti i loro profitti in Nord America, Stellantis ha una gran parte dei propri ricavi che dipende dalle vendite europee e sudamericane. Gli Stati Uniti non sono il suo mercato di riferimento, e può minacciare in modo credibile di ridurre le produzioni locali e di spostarle in paesi a basso costo come il Messico, con conseguenti chiusure e licenziamenti. La credibilità di queste minacce passa proprio dal fatto che Stellantis da quando esiste ha effettivamente licenziato migliaia di dipendenti.
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