I Paesi Bassi fermeranno le attività estrattive nel giacimento di gas più grande d’Europa
Lo sfruttamento del giacimento di Groningen ha fatto diventare sismica un'area che prima non lo era, causando molti problemi
Alle 6 del mattino di domenica i Paesi Bassi hanno fermato le attività di estrazione di gas naturale nella provincia di Groningen (o Groninga), nel nord-est del paese, dove si trova il più grande giacimento di gas d’Europa. La decisione è legata al gran numero di terremoti provocati dall’attività estrattiva, che ha fatto diventare sismica un’area che prima non lo era, con grossi danni e disagi per la popolazione locale. Adesso per un anno undici impianti della provincia potranno riprendere le attività solo in caso di necessità eccezionali, per esempio qualora l’inverno dovesse essere particolarmente rigido. Il governo olandese ha anche firmato un provvedimento che prevede la chiusura completa degli impianti, senza eccezioni, a partire dal primo ottobre del 2024. Il testo deve comunque essere approvato dal parlamento, e a quel punto diventerà definitivo.
La grande riserva di gas naturale sotto la provincia di Groningen fu scoperta nel 1959 con l’installazione dei primi pozzi esplorativi, che portarono alla costruzione degli impianti per l’estrazione. Le loro attività sono gestite dalla Nederlandse Aardolie Maatschappij BV (NAM), una società la cui proprietà è condivisa al 50 per cento da Shell e da ExxonMobil.
L’area di Groningen era a basso rischio sismico, ma a metà anni Ottanta i sismografi cominciarono a rilevare i primi terremoti. Da allora ne sono stati rilevati un migliaio, perlopiù con una magnitudo inferiore a 2, percepibile solo dagli strumenti: nel 2012 però ci fu una scossa di magnitudo 3.6, sufficiente per essere avvertita dalla popolazione e per causare danni, soprattutto in una zona considerata a bassissimo rischio e dove gli edifici non erano stati costruiti con particolari criteri antisismici.
Dopo il terremoto del 2012, nonostante le contestazioni di NAM, il governo olandese aveva cominciato a valutare restrizioni per l’attività estrattiva, e negli ultimi anni la produzione era stata quasi azzerata. Gli impianti comunque erano rimasti aperti a causa delle grandi incertezze sul fabbisogno energetico legate all’invasione russa dell’Ucraina.
Ricercatori, associazioni di cittadini e le stesse aziende impegnate nello sfruttamento del giacimento concordano sul fatto che sia stata l’attività estrattiva a fare aumentare il numero dei terremoti in un’area dove erano pressoché assenti. Dal 2015 più di 3mila case hanno dovuto essere demolite a causa dei danni provocati dai terremoti. Al contempo NAM ha riconosciuto le proprie responsabilità e negli anni ha pagato centinaia di migliaia di euro per chiudere i contenziosi legali avviati da alcune amministrazioni locali e associazioni di cittadini.
Il problema è che secondo le autorità della provincia di Groningen il blocco delle attività di estrazione non comporterà la fine dei terremoti, e quindi il rischio è che sia gli edifici sia gli abitanti della zona continueranno a subire danni. A febbraio il rapporto di una commissione parlamentare incaricata di valutare la situazione ha accusato le autorità del paese di «aver trascurato i rischi» delle attività di estrazione «sul lungo periodo». Il governo olandese ha ammesso che alla provincia debbano essere riconosciute ulteriori compensazioni per i danni subiti. In precedenza il governo olandese aveva già approvato un piano di compensazione di 22 miliardi di euro in 30 anni per i residenti delle zone interessate dai disagi.
La coalizione che sostiene il governo dimissionario del primo ministro Mark Rutte, composta dal Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), dal partito centrista ed europeista D66, dai conservatori liberali di Appello Cristiano Democratico (CDA) e dal partito conservatore Unione Cristiana (CU), ha una risicata maggioranza alla Camera bassa, mentre al Senato è in minoranza. Ci si aspetta comunque che il parlamento approvi la chiusura definitiva degli impianti.
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