L’architetto che voleva costruire Venezia a Napoli
Lamont Young fu il primo a progettare una metropolitana a Napoli e un nuovo quartiere avveniristico nel mare di fronte a Bagnoli, chiamato rione Venezia
Nella storia urbanistica di Napoli c’è stato un ambizioso progetto di espansione della città mai iniziato e oggi quasi dimenticato: il rione Venezia. Alla fine dell’Ottocento molti urbanisti e architetti pensavano che l’unica direzione verso cui sviluppare il centro storico fosse la zona occidentale, cioè la piana e il quartiere di Bagnoli, al di là della collina di Posillipo. Tra questi c’era anche un architetto inglese nato a Napoli, Lamont Young, autore di alcune ville e castelli che ancora oggi fanno parte dell’architettura della città.
Fu un uomo dalla vita tormentata, segnata soprattutto dal rimpianto di non essere riuscito a realizzare il progetto della metropolitana cittadina. La sua era un’idea a quel tempo visionaria, ma lo era ancora di più il suo progetto – quasi utopistico – di costruire un nuovo rione nel mare, chiamato non a caso rione Venezia.
Young nacque nel 1851. Il padre era un proprietario terriero inglese che aveva fatto fortuna in India, la madre era nata a Calcutta. Studiò in Svizzera e nel Regno Unito. Grazie alle influenze assimilate dai suoi studi e dalle sue origini, Young divenne un esponente dell’eclettismo, uno stile architettonico formato dalla mescolanza di neogotico, neoromanico e neobizantino, tra gli altri.
Tornato a Napoli, nel 1874 partecipò al concorso bandito dal comune per la costruzione di una nuova linea di tram trainati dai cavalli, come quella che era stata da poco inaugurata a Torino. Preparò alcune tavole illustrate in modo minuzioso per presentare alla commissione quella che di fatto era la prima idea di metropolitana della città. Non vinse: l’appalto andò a una società francese, ma Young non si arrese e continuò a lavorare al progetto negli anni successivi.
Era un convinto sostenitore del trasporto di massa, che a Napoli sarebbe stato possibile solo con linee metropolitane realizzate su diversi livelli collegati tra loro con ascensori, e soprattutto con gallerie scavate nelle colline della città. La galleria più importante del suo progetto, chiamata traforo-canale, avrebbe attraversato la collina per collegare Bagnoli a Posillipo. Lo scavo della galleria sarebbe stato imponente, ma Young pensava di poter utilizzare il materiale di risulta per realizzare nel mare le fondamenta di un nuovo quartiere.
Il rione Venezia era stato pensato come una serie di isole addossate alla collina di Posillipo, lungo in totale un chilometro e mezzo e largo in media 285 metri. Young fece calcoli molto precisi: complessivamente il rione avrebbe occupato una superficie di 425mila metri quadrati, di cui 111mila erano occupati da edifici, 144mila da strade, 100mila da canali navigabili e 70mila da giardini. Aveva previsto una distanza minima di 8 metri tra un palazzo e l’altro, e canali larghi non meno di 12 metri. Secondo le sue stime, gli edifici avrebbero coperto soltanto il 26,15 per cento del nuovo territorio creato in mare, così da avere una circolazione dell’aria migliore rispetto alla Venezia originale.
La disposizione delle isole e dei canali era stata pensata per far circolare l’acqua seguendo le correnti del golfo che vanno dalla zona orientale a quella occidentale. Anche la viabilità era piuttosto innovativa: oltre ai canali ci sarebbero state strade collegate tra loro con ponti in ferro. «Le case che sorgeranno nel rione Venezia saranno le più salubri d’Europa», scrisse Young. «E saranno anche le più belle perché […] è chiaro che esse godranno non solo la veduta dell’incantevole golfo, ma ancora quella delle dietrostanti colline, ed ancora godranno di vedute laterali stupende verso Napoli, e verso occidente la distesa delle colline che terminano alla Gaiola».
Young progettò anche alcuni edifici da costruire nella piana di Bagnoli. Il palazzo di Cristallo, per esempio, doveva essere un’ambiziosa opera architettonica per dare lustro alla città, ma non venne mai costruita. Era ispirato al Crystal Palace di Londra, l’enorme costruzione di vetro realizzata a Londra nel 1851 per la prima esposizione universale. Vicino al rione Venezia Young voleva costruire anche terme, alberghi, un piccolo porto e stabilimenti balneari coperti da una grande tettoia in ferro.
All’inizio del Novecento il consiglio comunale tornò a valutare il progetto della metropolitana e del rione Venezia a cui Young aveva lavorato per diversi anni. I consiglieri lo approvarono e l’architetto si diede da fare per trovare investitori privati per realizzarlo. Il comune tuttavia gestì l’appalto in modo discutibile, imponendo tempi troppo stretti. Nonostante due rinvii, Young non riuscì a trovare i soldi necessari e fu costretto ad abbandonare per sempre la sua idea.
Approfittando della legge per favorire l’industrializzazione di Napoli sul modello di città come Torino e Milano, nel 1904 la zona di Coroglio, all’interno del quartiere di Bagnoli, venne individuata come la più idonea a costruire un grande stabilimento dell’ILVA, l’azienda siderurgica che nel 1961 avrebbe cambiato nome in Italsider per poi recuperare il nome originale nel 1988. Bagnoli fu scelto perché aveva a disposizione vasti terreni acquistabili a costi contenuti. Il progetto aveva indubbi vantaggi dal punto di vista economico, ma all’epoca nessuno ne valutò le conseguenze ambientali.
Alessandro Castagnaro, professore di storia dell’architettura dell’università di Napoli, ha dedicato molto tempo allo studio della vita e dei progetti di Lamont Young. Sostiene che l’architetto inglese fosse molto talentuoso, forse addirittura troppo all’avanguardia per quell’epoca. «Le sue idee anticiparono molte delle tendenze che in Europa avremmo visto soltanto nei decenni successivi», dice. «Aveva una visione utopistica, ma lungimirante soprattutto nel campo dei trasporti».
I giudizi sul rione Venezia sono diversi. Alcuni esperti lo considerano un’occasione mancata, mentre secondo Castagnaro il nuovo quartiere e le sue isole avrebbero avuto un impatto eccessivo sul golfo di Napoli. «Una colmata così imponente in quell’area avrebbe rotto la continuità del paesaggio che da Mergellina porta a Posillipo. Resta comunque qualcosa di molto affascinante e visionario».
Nella sua carriera Young riuscì comunque a portare a termine diversi progetti, tra cui castel Grifeo, oggi conosciuto con il nome di villa Curcio. Nel 1884 firmò il disegno dell’istituto scolastico femminile che nel 1933 divenne palazzo Grenoble, sede dell’istituto francese di Napoli. Venne poi l’hotel Bertolini, nel 1892. Tra il 1892 e il 1894 ristrutturò completamente la casa del guardiano di villa Lucia, trasformandola in uno chalet con suggestioni architettoniche che rimandano alla Scozia, all’India e alla Svizzera, dove aveva studiato. Nel 1902 costruì castel Lamont, venduto due anni più tardi al banchiere Carlo Aselmeyer, da cui l’edificio prese poi il nome.
Nei primi due decenni del Novecento, deluso dal trattamento ricevuto a Napoli, Young si ritirò e non si sa bene dove visse. Comprò metà dell’isolotto di Vivara, a Procida, dove realizzò un progetto ancora oggi semisconosciuto, la “casa girevole”, che nonostante il nome non ha in realtà un meccanismo per farla ruotare su se stessa. È stata chiamata così semplicemente per la forma rotonda e per la disposizione delle stanze e delle finestre che consentono di avere una vista sul panorama sempre diversa, che sembra essere in costante movimento. Nei dieci anni tra il 1900 e il 1910 tentò di comprare l’altra metà dell’isolotto di Vivara, ma non riuscì ad accordarsi con i proprietari, quindi vendette la sua parte. Oggi l’isolotto è inaccessibile, perché in un’area di riserva naturale, e la casa girevole è abbandonata.
Nel 1922 costruì villa Ebe in cima alle rampe di Pizzofalcone, nel quartiere San Ferdinando. Aveva lussuosi interni in legno e una caratteristica scala elicoidale. Young visse a villa Ebe fino alla morte, misteriosa. Si dice che si sia suicidato con un colpo di pistola nel 1929, ma alcune testimonianze dicono che il tentativo di suicidio risalga a due anni prima e che nel 1929 sia morto per le conseguenze della ferita. Nessuno sa dove è sepolto.
Nei decenni successivi Young venne dimenticato e ancora oggi è un architetto poco celebrato a Napoli. «Con l’avvento del movimento moderno ci fu una sorta di damnatio memoriae dello stile eclettico, un disinteresse che coinvolse anche le opere di Young», continua Castagnaro. «I suoi archivi, inoltre, non furono ben conservati e la maggior parte dei suoi disegni sono andati persi». Soltanto nell’ultimo anno c’è stata una parziale riscoperta di Young grazie a un documentario intitolato Il sogno di Lamont Young, girato da Francesco Carignani di Novoli.
Negli anni Novanta a villa Ebe furono organizzati eventi letterari e artistici. Nel 1997 il comune la acquistò per 5,5 miliardi di lire (sarebbero oggi 4,7 milioni di euro) e l’anno successivo propose di abbatterla per costruire un parcheggio. Poi l’idea fu accantonata, anche in seguito alle proteste degli abitanti della zona. Nel 2000 ci fu un incendio di origine dolosa che bruciò tutti i preziosi interni della villa, compresa la scala elicoidale. Da allora villa Ebe è completamente abbandonata. Nel 2022 il comune di Napoli ha presentato una candidatura al bando internazionale Reinventing Cities per trasformarla in spazi culturali e dedicati alla formazione.