Non si sa ancora niente sulle accuse a Khaled El Qaisi
Il ricercatore italo-palestinese è stato arrestato il 31 agosto dalle autorità israeliane al confine con la Giordania, senza comunicazioni sui motivi
Lo scorso 31 agosto le autorità israeliane hanno arrestato Khaled El Qaisi, uno studente con cittadinanza italiana e palestinese di 29 anni. Dopo quasi un mese non si sa ancora se ci siano accuse contro di lui né perché sia stato arrestato, e inizialmente gli era stato impedito anche di incontrare il suo avvocato. Finora si sono svolte tre udienze: il 7, il 14 e il 21 settembre. Tutte e tre hanno confermato la permanenza in carcere di El Qaisi, quella del 21 l’ha prorogata per 11 giorni.
El Qaisi fa il traduttore e studia Lingue orientali alla Sapienza di Roma, oltre ad aver fondato il Centro di documentazione palestinese. È stato arrestato mentre si trovava in vacanza a Betlemme, in Cisgiordania. Era con sua moglie, Francesca Antinucci, e suo figlio di 4 anni. I tre stavano per fare ritorno a Roma, dove abitano, ma al ponte di Allenby, uno dei valichi di frontiera con la Giordania, è stato fermato e ammanettato. In un secondo momento Antinucci e il bambino sono stati rilasciati, mentre El Qaisi è rimasto nel carcere di Petah Tiqwa, a Tel Aviv.
Antinucci e la madre di El Qaisi hanno raccontato le modalità dell’arresto in una lettera:
Al controllo dei bagagli e dei documenti, dopo una lunga attesa, [El Qaisi] è stato ammanettato sotto lo sguardo incredulo del figlio di quattro anni, della moglie nonché di tutti i presenti che erano in attesa di poter riprendere il proprio percorso. Alle richieste di delucidazioni della moglie non è seguita risposta alcuna, piuttosto le sono state sottoposte domande per poi essere allontanata col proprio figlio verso il territorio giordano, senza telefono, senza contanti né contatti, in un paese straniero.
El Qaisi ha potuto incontrare il proprio avvocato in Palestina solamente dopo 15 giorni, ma ad oggi non sono state recapitate ordinanze di custodia né altri documenti che possano far capire le ragioni dell’arresto. Antinucci non è ancora riuscita a contattare il marito né lo ha potuto fare l’avvocato della famiglia, Flavio Rossi Albertini, peraltro già avvocato del detenuto anarchico Alfredo Cospito.
In queste settimane i giornalisti hanno più volte chiesto informazioni su El Qaisi al ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Secondo Tajani l’ambasciata e il consolato italiano «stanno seguendo la vicenda come seguono la vicenda di tutti gli italiani che sono detenuti nel mondo», ma «non possiamo interferire con le attività giudiziarie di un altro paese».
Sulla Stampa questa settimana l’ex senatore e intellettuale Luigi Manconi ha scritto del caso di El Qaisi, ponendo una «grande questione giuridica e politico-diplomatica». E cioè se sia possibile che un cittadino italiano, «protetto nel proprio Paese da un sistema di garanzie, proprie dello Stato di diritto, si trovi completamente indifeso e privo di tutele quando viene sottoposto a procedimento giudiziario» in un altro paese, con cui l’Italia ha una consolidata tradizione di relazioni diplomatiche. Nel caso di El Qaisi, scrive Manconi, «risultano violate tutte, ma proprio tutte, le prerogative di un procedimento giudiziario che voglia essere equo e rispettoso del diritto moderno, del quale il diritto alla difesa è condizione essenziale».
Dopo l’ultima decisione sulla proroga di 11 giorni, il tribunale di Rishon Lezion ha detto che le accuse dovranno essere presentate entro tre giorni dal 1° ottobre, altrimenti scadrebbe il termine della detenzione in quella forma e quindi El Qaisi dovrà essere rilasciato.