Il parlamento spagnolo non ha dato la fiducia ad Alberto Núñez Feijóo
Come previsto il leader del centrodestra, incaricato di formare un governo, non ha avuto i voti necessari: ci riproverà venerdì
Mercoledì il parlamento spagnolo ha respinto il voto di fiducia al leader del Partito Popolare Alberto Núñez Feijóo per la formazione del nuovo governo dopo le elezioni di luglio. Come ampiamente previsto Feijóo non ha ottenuto i voti necessari per avere la maggioranza: a favore della fiducia hanno votato 172 parlamentari, mentre i contrari sono stati 178. Ci sarà un secondo voto di fiducia venerdì, ma molto probabilmente il risultato sarà lo stesso: a quel punto ci si aspetta che il re Felipe VI darà l’incarico al leader del Partito Socialista e primo ministro uscente Pedro Sánchez, e nel giro di qualche settimana il parlamento sarà chiamato a votare di nuovo la fiducia.
Feijóo è il leader del partito che dopo le elezioni aveva preso il maggior numero di voti, e per questo aveva ricevuto l’incarico dal re Felipe VI, il capo dello stato. Ma si era capito presto che la sua coalizione di destra non avrebbe avuto i voti sufficienti per governare, tanto più che il suo principale rivale, Sánchez, ha maggiori possibilità di ottenerli, anche se in maniera un po’ rocambolesca e coinvolgendo in un’unica coalizione partiti molto diversi tra loro.
È una situazione un po’ paradossale, in cui Feijóo ha l’incarico di governo ma è già sicuro che non otterrà i voti necessari. Durante il dibattito per la fiducia, iniziato martedì, Feijóo si era comportato di fatto come capo dell’opposizione, e aveva usato il suo discorso non tanto per fare proposte di governo quanto per criticare il futuro governo che Sánchez dovrebbe riuscire a formare nelle prossime settimane.
I negoziati per la formazione di un nuovo governo Sánchez sono in realtà ancora in corso e sono piuttosto complicati. Sánchez sta di fatto negoziando con un solo partito, Junts per Catalunya (detto più semplicemente Junts: significa “Uniti per la Catalogna”), un partito indipendentista catalano di centrodestra guidato da Carles Puigdemont, che dopo le elezioni si è sorprendentemente ritrovato nel ruolo decisivo di poter determinare la formazione del governo.
Nelle ultime settimane Puigdemont ha fatto molte richieste a Sánchez, come per esempio quella di rendere il catalano e le altre lingue regionali (come il galiziano e il basco) lingue ufficiali del parlamento spagnolo e del Parlamento Europeo.
La richiesta più difficile da esaudire, e quella che nelle prossime settimane provocherà maggiori divisioni e problemi, è di concedere l’amnistia a tutte le persone che hanno subìto procedimenti giudiziari dopo il referendum indipendentista catalano dell’ottobre del 2017, che fu considerato illegale dallo stato spagnolo. Lo stesso Puigdemont, che fu tra i principali promotori di quel referendum, scappò dalla Catalogna e da allora si trova in esilio in Belgio.
La possibilità di concedere l’amnistia alle persone coinvolte nel referendum indipendentista è estremamente controversa in Spagna, anche all’interno dello stesso Partito Socialista di Sánchez. Anzitutto perché le persone coinvolte sono tantissime: secondo Òmnium Cultural, un’associazione indipendentista catalana, le persone coinvolte a vario titolo in procedimenti giudiziari, penali o amministrativi che dovrebbero ricevere l’amnistia sono circa 1.400. Di queste nessuna si trova al momento in prigione: tutti i leader indipendentisti che erano stati condannati per reati come la sedizione hanno ricevuto la grazia dal governo Sánchez nel 2021.
Ma c’è ancora un gruppo di leader, tra cui appunto Puigdemont, che essendo scappato alla giustizia spagnola non ha potuto ottenere la grazia, e per cui le accuse sono ancora pendenti, anche se sono state ridotte nel tempo. Inoltre migliaia di attivisti hanno ancora un processo pendente o condanne per reati minori, che comunque sono un problema per la loro vita economica e lavorativa.
Per una parte consistente della società spagnola, non soltanto per le persone di centrodestra, il referendum del 2017 fu un evento che ancora risulta in qualche modo traumatico, e i partiti di destra in Spagna stanno alimentando molto l’idea che Sánchez voglia far passare impunito un grave crimine contro lo stato spagnolo (anche se in realtà non è vero che non ci furono punizioni, anzi: i leader indipendentisti, come detto, sono rimasti in prigione per alcuni anni, e molti attivisti hanno subìto processi, multe e sanzioni).
Nel fine settimana decine di migliaia di persone hanno manifestato a Madrid contro la possibilità di un’amnistia, e Feijóo, nel suo discorso in parlamento di martedì, ha parlato soprattutto di questo: «Amnistia» è stata la prima parola che ha pronunciato, subito dopo i ringraziamenti, e ha dedicato al tema tutta la prima parte del discorso.
Sull’amnistia ci sono comunque molte perplessità anche all’interno del centrosinistra spagnolo, e per questo il negoziato tra Sánchez e Puigdemont sarà probabilmente molto duro e complicato.