Un gioco a rischio di “paralisi da analisi”
In "Calico" bisogna cucire una trapunta che accomodi i gusti di vari gattini: è facile se non siete di quelli che pensano troppo a ogni mossa
di Viola Stefanello
Kamchatka è una rubrica mensile di Consumismi in cui proviamo giochi da tavolo per conto vostro e vi diciamo se ci siamo divertiti, cosa ne pensiamo e a chi potrebbero piacere. Non parleremo di grandi classici come Risiko!, ma l’abbiamo chiamata “Kamchatka” perché speriamo di conquistare voi come tutti i giocatori hanno fatto almeno una volta con il più famoso dei suoi territori.
La parola “calico” vuol dire varie cose. Con un accento (o una “t”) alla fine, è un tipo di tessuto leggero, in cotone grezzo, con una storia di colonialismo. Associata ai gatti, indica invece gli esemplari dal mantello tricolore, bianchi a grandi macchie arancioni e nere, oppure grigie e color crema. E dal 2020, grazie al game designer Kevin Russ e l’artista Beth Sobel, è anche un gioco da tavolo da una a quattro persone, edito in Italia da Little Rocket Games.
La premessa di Calico è semplicissima, così come le regole: ogni giocatore ha di fronte a sé una plancia che rappresenta una trapunta, e a ogni turno deve piazzarci sopra una tessera esagonale, fino a completare la trapunta. Le tessere possono essere di sei colori diversi (gialle, rosa, viola, blu, azzurre o verdi) e sei motivi diversi (righe, puntini, felci, fiorellini, croci o arabeschi): ogni tessera ha sia un colore che un motivo, e il punto del gioco è piazzarle in modo strategico sulla plancia per massimizzare i punti che si possono ottenere. Ognuno ha di fronte a sè due tessere che può piazzare, e alla fine del proprio turno ne pesca una a scelta dal “mercato”, composto da tre tessere scoperte e visibili a tutti. In totale ci sono 108 tessere, pescate man mano da un sacchetto di tela: i materiali di Calico sono tutti molto solidi e, bisogna dirlo, belli da vedere.
Il gioco finisce quando la trapunta è completata, ed è tempo di contare i punti. Si ottengono soltanto in tre modi, piuttosto semplici da memorizzare: completando gli obiettivi (che sono stampati su una serie di tessere esagonali da piazzare a loro volta sulla plancia, e hanno a che fare sempre con i colori o i motivi delle tessere che vengono loro piazzate attorno); attirando gattini sulla trapunta (creando dei blocchi di esagoni di uno specifico motivo, che cambia di gattino in gattino); o cucendo bottoni sulla trapunta (ogni volta che ci sono tre esagoni dello stesso colore vicino, si guadagna un bottone).
Insegnare Calico a una persona che non ci ha mai giocato impiega meno di cinque minuti, anche nel caso in cui non sia appassionata di giochi da tavolo: è tutto piuttosto lineare, e il libretto delle istruzioni include indicazioni dettagliate per la primissima partita, semplificata ma non troppo. Nelle ultime pagine delle istruzioni, invece, ci sono tantissime varianti o scenari di gioco alternativi per chi ci ha già giocato varie volte e vuole aggiungere nuovi livelli di complessità e novità all’esperienza.
Quello che è difficile – o quanto meno intellettualmente stimolante, nel modo in cui può esserlo un bel cruciverba o un puzzle di una certa complessità – è capire come massimizzare i potenziali punti, individuare una strategia, e adattarla man mano che si pescano nuovi pezzi che non sempre sono quelli che servono per fare quello che si voleva. A prescindere dal fatto che si abbia sotto mano un pezzo utile o meno, infatti, non è possibile saltare un turno: ogni volta che tocca a te, devi aggiungere un pezzo alla trapunta, non importa quanto sgraziato.
La componente di fortuna (o sfortuna) nel pescare i pezzi è la più grande incognita di Calico, e per questo è anche il motore del gioco: se si vuole guardarla con filosofia, è il momento in cui ci si deve riconciliare con il fatto che non sempre si può ottenere quello che si vuole, e che a volte bisogna adattare i propri programmi con il mutare delle circostanze. C’è chi odia scoprirlo.
Di fronte a questa dura verità, c’è chi soccombe a uno dei più grandi pericoli dei giochi da tavolo: la paralisi da analisi. Per citare La Tana dei Goblin, storico forum italiano di appassionati, la paralisi da analisi è quel difetto che porta un giocatore a «trovarsi spiazzato di fronte al numero o alla profondità delle opzioni di gioco» al punto da non riuscire «a decidere la propria mossa in un tempo proporzionato al flusso di gioco».
Non tutti ne sono afflitti, ma chi gioca insieme a qualcuno incline alla paralisi da analisi lo sa già: stare ad aspettare che una persona finisca di riflettere lungamente sulle proprie opzioni può portare a turni infiniti e ad alti livelli di frustrazione. Non a caso si tratta di un tema molto dibattuto all’interno della comunità di amanti dei giochi da tavolo, divisa tra chi ha qualche piccolo (o grande) problema di fronte alle decisioni e chi vorrebbe soltanto che il ritmo della partita non fosse interrotto costantemente. Per questo, diremo che Calico è adatto a tutti, ma non a chi si trova in difficoltà a fare scelte che potrebbero non rivelarsi sempre ottimali, o chi malsopporta l’idea di pensare in anticipo anche di vari turni le proprie possibili mosse. Alternativamente, è sempre possibile giocare da soli, senza cambiare particolarmente le regole: l’opzione è prevista esplicitamente dalle istruzioni e risulta in un’esperienza piuttosto zen.
Calico si può acquistare online a 40 euro su IBS o sul sito del Libraccio e a 38 sul sito della Feltrinelli. Su Amazon c’è solo la versione inglese a 45 euro, che è uguale alla versione italiana (non ci sono parole sulle tessere o sulla plancia) salvo le istruzioni. Il libretto d’istruzioni in italiano originale ufficiale della casa editrice non è disponibile online, ma si può trovare una versione delle regole online qui.
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