Le “Quattro Giornate” che liberarono Napoli dai nazisti
Tra il 27 e il 30 settembre del 1943 la popolazione allontanò le truppe tedesche con una grande insurrezione collettiva
Tra il 27 e il 30 settembre a Napoli si festeggia l’ottantesimo anniversario delle Quattro Giornate, l’insurrezione popolare che liberò la città dall’occupazione delle truppe naziste e fasciste, durante la Seconda guerra mondiale. Per l’occasione nella mattinata di mercoledì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato la città per deporre una corona d’alloro davanti al monumento alle Quattro Giornate, in piazza della Repubblica, e partecipare a un convegno sul tema.
Per gran parte della Seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1943, Napoli fu una delle città italiane più duramente colpite dai bombardamenti degli Alleati angloamericani, che causarono morti anche tra la popolazione civile. Migliaia di persone furono deportate dalle truppe naziste nei campi di lavoro, interi edifici vennero demoliti e alcuni monumenti furono danneggiati, come la basilica di Santa Chiara, che il 4 agosto del 1943 venne quasi completamente distrutta da un bombardamento. La chiesa fu in seguito ricostruita secondo l’originario stile gotico e riaprì al culto dieci anni dopo, il 4 agosto del 1953.
L’8 settembre del 1943 l’armistizio di Cassibile divise l’Italia in due: gran parte del Sud fu liberata, mentre nel Nord i fascisti costituirono la Repubblica Sociale Italiana. Napoli, però, rimase occupata dalle forze tedesche, che approfittarono del momento di grande confusione e incertezza in cui si trovava l’esercito italiano per imporre pesanti limitazioni sulla vita dei cittadini: tra le altre cose venne introdotto un coprifuoco dalle 20 alle 6 di mattina, fucilato chiunque fosse trovato in possesso di armi e sgomberata tutta l’area costiera. Questo portò decine di migliaia di persone ad abbandonare improvvisamente la propria casa. Ci furono esecuzioni sommarie o dimostrative, ai danni di persone innocenti.
Le truppe naziste imposero anche il servizio di lavoro obbligatorio, ossia di fatto la deportazione in Germania, per i maschi tra i 18 e i 33 anni. L’iniziativa però fu un fallimento, dato che alla chiamata si presentarono solo 150 persone sulle circa 30mila previste. Il 27 settembre le truppe naziste iniziarono quindi un rastrellamento forzato tra le vie della città, ma i partigiani intervennero per proteggere gli uomini che i tedeschi volevano deportare: era l’inizio della disubbidienza di massa che sarebbe presto sfociata in un’insurrezione collettiva.
Tra il 27 e il 30 settembre, dopo settimane di violenze e abusi immotivati, la popolazione di Napoli insorse contro le truppe naziste e fasciste che occupavano la città. Ci furono combattimenti sia nelle zone centrali che in quelle periferiche, a cui parteciparono persone di ogni età e ceto sociale. Gli scontri cominciarono nel quartiere Vomero, in località Pagliarone, dove un gruppo di partigiani guidati da Vincenzo Stimoli uccise un maresciallo tedesco. Inizialmente gli insorti occuparono alcune armerie e depositi di armi, da cui si rifornirono, e nei giorni successivi i combattimenti coinvolsero molti quartieri e località, tra cui Chiaia, Ponticelli, Mergellina e Soccavo.
La resistenza non aveva una vera e propria organizzazione, furono per lo più gruppi di persone che combattevano contro le truppe tedesche in vari punti della città, spostandosi in base alle informazioni frammentate ricevute soprattutto con il passaparola. Era in generale un momento molto confusionario, in cui i partigiani si stavano organizzando in seguito alla destituzione di Mussolini e all’armistizio con gli Alleati angloamericani. Il Comitato di liberazione nazionale (CLN) fu fondato il 9 settembre del 1943, solamente un paio di settimane prima dell’insurrezione a Napoli.
Molti partigiani comunque si distinsero nei combattimenti, tra gli altri Mario Menichini, Pasquale Formisano, Gennaro Capuozzo e Filippo Illuminato ricevettero la medaglia d’oro al valor militare. All’insurrezione parteciparono anche molte donne tra cui Maddalena Cerasuolo, che combatté per impedire all’esercito tedesco di depredare una fabbrica e fu insignita della medaglia di bronzo al valor militare. Dopo quattro giorni di combattimenti, quando gli Alleati angloamericani arrivarono a Napoli il 1° ottobre trovarono la città liberata.
Secondo il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi le Quattro Giornate del 1943 «fanno parte dell’identità nazionale». Per commemorare l’ottantesimo anniversario della liberazione nella città sono state organizzate oltre 50 iniziative, che proseguiranno fino a novembre. Le parole di Manfredi non sono solo di circostanza, per certi versi la città si identifica con la propria storia di rivolte dal basso, spontanee, e ne va piuttosto orgogliosa. Uno degli esempi più noti è del luglio del 1647, quando i cittadini insorsero contro le tasse considerate eccessive imposte dal governo spagnolo. I rivoltosi erano guidati da Tommaso Aniello, detto “Masaniello”, un pescatore che arrivò a negoziare migliori condizioni con le autorità spagnole (ma morì poco dopo in una congiura).