Anche negli eserciti si gioca alla guerra
I “wargame” sono giochi in cui si simulano eventi bellici, hanno da secoli una grande importanza nelle decisioni militari e da qualche tempo sono tornati a essere molto usati
di Eugenio Cau
In quasi tutti gli eserciti del mondo ci sono persone, spesso ufficiali militari e analisti, il cui compito principale è giocare. Proprio giocare, con i tabelloni, i dadi, le pedine, le carte da estrarre e tutto il resto. E ci sono persone che si occupano di pensare e costruire giochi sempre nuovi a cui giocare: anche in questo caso fanno parte dei ministeri della Difesa, oppure sono legate a entità private che operano nel settore.
Questi giochi si chiamano “wargame”, parola che si traduce semplicemente con “giochi di guerra” ma che ha senso mantenere in inglese, perché è così che tutta la comunità internazionale della difesa la utilizza. Sono usati dagli eserciti di tutto il mondo per simulare in maniera realistica scenari di guerra e azioni militari: servono a testare le strategie, immaginare lo sviluppo e l’utilizzo di nuove armi e verificare metodi di addestramento e azione sul campo.
Spesso somigliano a normali giochi di società, con le pedine e tutto il resto, anche se sono più complessi e i giocatori adottano regole specifiche a seconda del contesto. Vengono usati anche sistemi digitali, ed esistono wargame che vengono fatti in ambiente completamente digitale, un po’ come videogiochi.
In alcuni casi celebri nella storia dell’ultimo secolo, i wargame hanno contribuito a sviluppare strategie di guerra che poi sono state utilizzate sul campo di battaglia. In altri casi hanno avuto un ruolo importante nelle decisioni dei governi su quali armi sviluppare, dove investire il proprio budget, che atteggiamento adottare nei contesti internazionali. Non sempre hanno portato a risultati positivi: è successo che abbiano contribuito a prendere decisioni sbagliate o a fare previsioni che poi si sono rivelate errate, come nel caso della guerra in Ucraina.
I risultati di alcuni di questi wargame (cioè, concretamente, come sono andate le partite del gioco) sono considerati classificati, cioè segreti, dagli stati che li commissionano, perché potrebbero rivelare strategie e tattiche operative dei loro eserciti. Altri invece sono pubblicamente consultabili.
L’utilizzo e la diffusione dei wargame differiscono però molto da paese a paese. Negli Stati Uniti il loro uso è istituzionalizzato e coinvolge centinaia di persone tra dipendenti del Pentagono, cioè il ministero della Difesa, e numerosi centri studi e università che si occupano di pensarli, crearli e giocarci. In altri paesi, come l’Italia, i wargame sono molto meno diffusi, anche se di recente la NATO ne ha riscoperto l’utilità e l’importanza.
Farsi le domande giuste
Becca Wasser è la direttrice del Gaming Lab del Center for a New American Security (CNAS), uno dei principali centri studi statunitensi. Il Gaming Lab è l’ufficio all’interno del CNAS che si occupa di immaginare, sviluppare e creare i wargame che poi saranno utilizzati in diverse occasioni all’interno del centro studi stesso o che sono sviluppati per essere poi usati dal ministero della Difesa statunitense, con cui il CNAS collabora. Per capire l’importanza della questione, basti pensare che il Gaming Lab è un ufficio che impiega 23 persone, tra personale a tempo pieno, consulenti e stagisti, ed è soltanto uno tra i moltissimi che si occupano di wargame negli Stati Uniti.
Secondo Becca Wasser, per capire cosa siano i wargame bisogna anzitutto partire dalla definizione di “gioco”, che è un contesto in cui «le persone devono prendere delle decisioni in una simulazione e gestire le conseguenze delle decisioni che hanno preso». I wargame sono i giochi in cui si testano le conseguenze dei conflitti tra forze militari.
L’utilizzo più classico dei wargame è la simulazione delle battaglie di guerra convenzionale, tra due eserciti. Ma in realtà i wargame possono simulare moltissimi tipi di eventi e di situazioni, militari e non solo. Andrew Reddie, professore all’Università della California e fondatore del Berkeley Risk and Security Lab, dice che la struttura e la forma di un wargame dipende dalla domanda che ci si pone: «I wargame sono utili quando dobbiamo rispondere a una domanda e non abbiamo dati empirici per farlo».
Si possono creare wargame per rispondere a grandi domande strategiche, come per esempio “immaginiamo come andrebbe una guerra tra Stati Uniti e Cina per la difesa di Taiwan”, oppure per rispondere a domande più limitate e tattiche, come “che tipo di difesa aerea è meglio usare in un determinato contesto?”. Si possono creare wargame didattici, in cui il ministero della Difesa o un centro studi cerca di spiegare a persone che non hanno esperienza militare (come per esempio i politici) cosa succederebbe se venisse presa una decisione piuttosto che un’altra. In tutti i casi si immagina un gioco che sia il più realistico possibile e poi lo si gioca per cercare di capire quale sarebbe il risultato più probabile. Molto spesso lo stesso wargame è giocato anche decine di volte daccapo, per cercare di esaurire tutte le possibili alternative.
Tabelloni, pedine, cartine
Proprio perché i wargame sono creati ad hoc per rispondere alle domande del loro committente, possono assumere moltissime forme: nella loro versione più pratica e abituale sono molto simili a giochi di società tradizionali, ma molto spesso utilizzano anche supporti digitali. I più evoluti, ma sono rari, utilizzano anche simulazioni sofisticate, avvalendosi per esempio della realtà virtuale o della realtà aumentata, mentre ce ne sono anche di estremamente semplici che sono pensati per essere giocati davanti a un gran numero di persone in un seminario e che possono essere ridotti a una presentazione PowerPoint.
Un esempio recente di wargame pubblico è stato fatto ad aprile al Congresso americano, dove il CNAS ha organizzato un incontro in cui sono stati coinvolti alcuni deputati. Il wargame era piuttosto tradizionale: tutti i partecipanti si sono radunati attorno a un tavolo su cui erano posizionati un tabellone e alcune plance di gioco. Sul tabellone potevano muoversi varie pedine e i risultati delle decisioni venivano ottenuti spesso tirando i dadi.
Lo scopo del wargame era immaginare che la Cina avrebbe invaso Taiwan – l’isola che da oltre 70 anni si governa in maniera indipendente ma che il regime cinese considera come propria – e che gli Stati Uniti sarebbero intervenuti per difenderla e bloccare l’invasione. I presenti erano divisi in un “team rosso” che rappresentava la Cina e in un “team blu” che rappresentava gli Stati Uniti, ma trattandosi di un evento pubblico al Congresso i deputati facevano tutti parte del team blu, e il team rosso era composto da ricercatori del CNAS e altri collaboratori.
– Leggi anche: Perché gli Stati Uniti tengono tanto a Taiwan
I deputati dovevano interpretare il ruolo di consiglieri del presidente degli Stati Uniti, e decidere in che modo agire, che tipo di strategia d’attacco usare, dove posizionare i propri mezzi, e rispondere alle azioni della Cina, cioè del team rosso. Il gioco assomiglia a grandissime linee al Risiko, ma è molto più complesso e soprattutto è pensato proprio per simulare un determinato scenario.
Questo wargame aveva soprattutto una funzione didattica, e serviva a istruire i deputati (cioè le persone che poi alla fine votano le leggi e il budget militare) su quali risorse e quali necessità potrebbe avere l’esercito americano per rispondere a un eventuale attacco della Cina su Taiwan.
Questo tipo di giochi didattici o dimostrativi porta con sé anche un certo rischio: non è affatto raro che, nell’ambito delle decisioni militari, e soprattutto quelle che implicano il finanziamento di armi e mezzi, i wargame siano usati non tanto come strumento di analisi, ma per fornire una risposta predeterminata che conferma una decisione già presa. Un esempio potrebbe essere quello di un generale che decide che l’esercito americano ha bisogno di investire molto su un certo tipo di armi e fa confezionare ad hoc un wargame che mostri al dipartimento della Difesa o al Congresso come per la difesa degli Stati Uniti sia necessario finanziare proprio quel tipo di arma.
La guerra con la Cina
Di recente una possibile guerra tra Stati Uniti e Cina per la difesa di Taiwan è stata l’oggetto di un altro wargame di cui si è parlato molto, organizzato da un altro centro studi americano, il Center for Strategic and International Studies (CSIS), che all’inizio dell’anno ha organizzato un wargame interno, quindi non dimostrativo per i deputati del Congresso, ma giocato da analisti professionisti. Il wargame immaginava ancora una volta che la Cina avrebbe attaccato Taiwan, e che gli Stati Uniti sarebbero entrati in guerra per difenderla. Il gioco è stato ripetuto 24 volte, per cercare di coprire tutti i possibili scenari, e le conclusioni sono state notevoli.
Come si legge sul sito del CSIS, «nella maggior parte degli scenari, gli Stati Uniti assieme a Taiwan e al Giappone riescono a sconfiggere un’invasione anfibia da parte della Cina e a mantenere l’autonomia di Taiwan. Ma questa difesa ha un costo molto alto. Gli Stati Uniti e i loro alleati perdono decine di navi, centinaia di aerei e decine di migliaia di soldati. L’economia di Taiwan è devastata».
Questo non significa che il risultato di una guerra tra Stati Uniti e Cina sia predeterminato, o che il wargame del CSIS sia davvero in grado di prevedere come andrà. Per esempio: al CSIS hanno immaginato che il Giappone entrerebbe in guerra a fianco di Stati Uniti e Taiwan contro la Cina, ma è perfettamente possibile che in uno scenario reale decida invece di rimanere neutrale.
Il punto è che i wargame sono strumenti analitici che aiutano a comprendere meglio le proprie debolezze e i propri punti di forza. Anzi, se i wargame mostrano che la tua parte perderebbe «non è un problema», dice Becca Wasser del CNAS. «Vuol dire che bisogna trovare una strategia diversa. I wargame servono proprio a creare un sistema in cui non si corrono rischi se si fallisce, al contrario della guerra vera».
Il gioco della guerra
Possiamo dire che i wargame sono antichissimi. Lo stesso gioco degli scacchi, inventato in India nel Sesto secolo, è di fatto un wargame, nel senso che simula una situazione di guerra. Ci sono giochi di guerra ancora più antichi, come il Wei Hai cinese, che assomiglia al moderno go e fu sviluppato millenni fa.
La prima versione moderna dei wargame fu adottata in Prussia all’inizio del Diciannovesimo secolo dal barone von Reisswitz, un ufficiale dell’esercito che cercando strategie per battere l’esercito francese di Napoleone creò un kriegsspiel (gioco di guerra in tedesco) in cui delle miniature rappresentavano le unità dell’esercito e si muovevano su un tavolo su cui era ricostruito in maniera più realistica possibile il territorio su cui le unità dovevano muoversi. Il gioco era studiato in modo tale che gli ufficiali prussiani che ci giocavano avessero le stesse informazioni (sulle posizioni dei nemici, i loro armamenti, e così via) che avrebbero avuto sul campo di battaglia. Nel giro di qualche decennio, tutti i grossi paesi europei e gli Stati Uniti cominciarono a organizzare wargame e resero il loro utilizzo obbligatorio per gli ufficiali.
La più famosa campagna di wargame della storia fu il “War Plan Orange”, piano di guerra arancione, che fu sviluppato tra il 1919 e il 1941 al Naval War College negli Stati Uniti grazie a una lunghissima campagna di wargame, avvenuta in più fasi nel corso dei decenni. Il War Plan Orange immaginava una guerra contro il Giappone nell’Oceano Pacifico (dettaglio interessante è il fatto che nel 1919, quando gli Stati Uniti cominciarono a simulare una guerra con il Giappone, i due paesi erano alleati): gli ufficiali americani, a turno, giocavano o dalla parte dei giapponesi (che erano il team arancione) o dalla parte degli americani (che erano il team blu) e simulavano tutti gli scenari possibili.
Quando poi la guerra iniziò e gli Stati Uniti dichiararono guerra al Giappone nell’ambito della Seconda guerra mondiale la loro strategia di attacco, che prevedeva di liberare una per una tutte le isole del Pacifico conquistate dai giapponesi anziché attaccare direttamente il Giappone, fu quella che era emersa come la più convincente grazie ai ripetuti wargame del War Plan Orange.
Tempo dopo Chester Nimitz, ammiraglio della marina statunitense, disse che «la guerra con il Giappone è stata simulata nelle stanze per i wargame al War College da così tante persone e in così tanti modi differenti che niente di quello che successe durante la guerra fu una sorpresa: assolutamente niente, a parte le tattiche kamikaze verso la fine della guerra. Quello non l’avevamo previsto». In realtà il War Plan Orange sottovalutò numerose grosse questioni che si presentarono durante la guerra, ma è vero che il piano nei suoi punti più importanti fu quello emerso durante i wargame.
Dopo la Seconda guerra mondiale i wargame continuarono a essere popolari soprattutto negli Stati Uniti, dove divennero molto importanti per definire soprattutto le strategie nucleari nell’ambito della Guerra Fredda e della competizione con l’Unione Sovietica. La RAND Corporation, un centro studi fondato nel 1946, divenne il luogo in cui si concentrò il grosso degli studi sulla questione, e dove cominciò a essere applicata la teoria dei giochi alle decisioni strategiche e militari, spesso con una postura abbastanza aggressiva. La teoria dei giochi è quella parte della matematica dedicata allo studio e all’analisi delle decisioni che ogni soggetto fa quando interagisce con altri per ottenere il massimo guadagno possibile. In quel periodo uno dei principali membri della RAND, Herman Kahn, divenne l’ispirazione per il personaggio del dottor Stranamore nel film omonimo di Stanley Kubrick.
«Molte innovazioni concettuali degli ultimi anni, ma anche dei decenni passati, adottate delle forze armate americane sono arrivate dopo dei war games», dice Andrea Gilli, ricercatore del NATO Defense College.
Oggi i wargame rimangono molto diffusi nel mondo anglosassone, e lo sono molto meno nell’Europa continentale, anche se le cose stanno cambiando: la NATO per esempio ha avviato un programma piuttosto intenso di wargaming, e da due anni ha avviato la cosiddetta Wargaming Initiative, una grande conferenza che raduna esperti di wargame da tutto il mondo. La seconda edizione di questo evento si è tenuta a Roma a giugno.
Previsioni sbagliate
Dopo la Guerra Fredda e con il crollo dell’Unione Sovietica, i wargame conobbero un periodo di declino legato al fatto che buona parte del mondo occidentale riteneva che l’inizio di una guerra convenzionale (cioè quella che si combatte tra eserciti) sarebbe diventato sempre più raro e improbabile, ma rimasero comunque diffusi.
I wargame, peraltro, sono legati a numerosi eventi bellici della storia recente, e non sempre in maniere particolarmente di successo. Durante la prima guerra in Iraq del 1991, per esempio, le simulazioni fatte con i wargame sopravvalutarono grandemente la preparazione dell’esercito iracheno di Saddam Hussein, e previdero grosse perdite che poi non si verificarono.
I wargame hanno avuto un ruolo anche nelle previsioni – sbagliate – degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
Nelle settimane precedenti all’invasione, quando l’esercito russo si stava ammassando ai confini ucraini, i giornali americani scrissero che l’intelligence statunitense era molto pessimista sulle possibilità di resistenza dell’Ucraina. La maggior parte delle previsioni immaginava che il potente esercito russo sarebbe stato in grado di occupare la capitale Kiev «in due giorni», di deporre il governo di Volodymyr Zelensky e di dilagare facilmente in tutto il paese.
Questa previsione – che tra le altre cose era la stessa della Russia – era stata almeno in parte basata sulle simulazioni fatte al dipartimento della Difesa tramite wargame. Ovviamente i wargame non erano l’unico strumento usato per fare questa previsione, ma hanno comunque avuto un ruolo. La previsione americana però si è rivelata decisamente sbagliata.