Quanto cambia nella vita avere fratelli e sorelle
Dipende da diverse variabili, nel bene e nel male, ma in generale la relazione è tra le più durature e influenti che si possano vivere
Secondo una delle più conosciute frasi fatte sui rapporti familiari nessuna persona sceglie la propria famiglia: i propri genitori, prima di tutto, ma nemmeno fratelli e sorelle. Che è sicuramente vero, nella misura in cui è vero che non “decidiamo” in quale ambiente nascere: per quanto riguarda la famiglia, appunto, ma anche molto altro. Tra le molte influenze che subiamo e a nostra volta esercitiamo nel corso della vita quella tra fratelli e sorelle è di un tipo abbastanza eccezionale: può essere più forte dell’influenza dei genitori, e il più delle volte dura più a lungo. Ma allo stesso tempo è completamente diversa, e tende a subire un’evoluzione man mano che fratelli e sorelle lasciano la casa in cui sono nati e cresciuti.
Nella ricerca scientifica i legami familiari, soprattutto quello tra gemelli, sono considerati una preziosa opportunità di studiare l’influenza dei fattori sia ambientali che ereditari nella definizione delle caratteristiche fisiche e psichiche delle persone. Ma i rapporti tra fratelli e sorelle sono anche un frequente spunto di conversazioni comuni. Capita spesso di parlare di una persona ponendola in relazione con i suoi fratelli e le sue sorelle, per valutarne somiglianze e differenze. E capita spesso di chiedersi se e in che misura questi particolari rapporti siano importanti nella costruzione dell’identità delle persone, anche per la loro semplice presenza, e senza che le persone stesse ne abbiano consapevolezza.
È molto probabile che l’influenza reciproca tra fratelli e sorelle abbia a sua volta subito un’evoluzione storica significativa sul piano collettivo, dovuta all’allungamento dei tempi di coabitazione nello stesso ambiente familiare rispetto al passato: un fenomeno da tempo noto e diffuso in Italia, ma anche in altri paesi dell’Europa mediterranea e in aumento anche negli Stati Uniti. In Italia, secondo un rapporto dell’ISTAT pubblicato nel 2022, la tendenza a lasciare la famiglia di origine più tardi che in passato rende la coabitazione tra fratelli e sorelle un fenomeno piuttosto normale nella fascia più giovane della popolazione.
Il 68,2 per cento delle persone tra 18 e 24 anni vive con almeno un fratello o una sorella. Questa percentuale scende al 23,1 se si considera la fascia di età 25-34 anni, e diminuisce progressivamente man mano che l’età aumenta. Ma la solidità dei legami si manifesta anche in seguito, come attestato dal fatto che molti fratelli e sorelle non conviventi abitano a poca distanza tra loro. Circa una persona su due (50,7 per cento) vive infatti in un’altra abitazione ma nello stesso comune del fratello o della sorella più vicini.
– Leggi anche: Perché i gemelli identici ci affascinano
Sebbene tutte le famiglie differiscano le une dalle altre per molti aspetti e sfumature, tanto più in contesti sociali e culturali diversi, l’influenza del rapporto con fratelli e sorelle nella definizione dei caratteri e di altre caratteristiche delle persone è da tempo oggetto di molte ricerche, principalmente su campioni di famiglie europee e statunitensi. Sono studi accomunati prima di tutto da un accresciuto interesse per le relazioni sociali in generale e per come siano cambiate a seguito del progressivo calo della mortalità e della fertilità: condizioni che hanno reso possibili legami più durevoli, attivi e intensi, familiari e non, ma anche più complessi, ambigui e incerti.
Per le persone che hanno fratelli o sorelle è probabile che i rapporti con loro – intensi o no, conflittuali o meno – siano i più lunghi di tutta la vita. Se questi rapporti determinino poi un miglioramento o un peggioramento della qualità della vita dipende da molte variabili ed è una questione discussa da diversi punti di vista. Una ricerca pubblicata nel 2012 e basata sull’analisi di diversi studi sulle relazioni tra fratelli e sorelle nell’infanzia e nell’adolescenza, condotti nei precedenti due decenni, suggerisce che le interazioni positive con un fratello o una sorella durante l’adolescenza favoriscano l’empatia, il comportamento prosociale e il rendimento scolastico.
Altri studi indicano però che questi effetti positivi variano al variare del numero di componenti della famiglia. Nella letteratura scientifica esiste infatti un rapporto inverso molto chiaro tra numero di fratelli o sorelle e buoni risultati scolastici e prestazioni nei test di intelligenza psicometrica. Ma l’universalità di questo rapporto è a sua volta messa in discussione da altre ricerche che includono altre variabili specifiche come l’ordine di nascita e il genere, e suggeriscono che non tenere conto di questi altri fattori per studiare i risultati scolastici ed economici possa restituire stime distorte dell’influenza di avere uno o più fratelli e sorelle.
– Leggi anche: L’altissimo QI dei geni è una balla
Secondo un ampio studio del 2005 sull’intera popolazione norvegese, per esempio, la dimensione della famiglia sul livello di istruzione dei figli ha effetti meno importanti rispetto all’ordine di nascita. Avere o non avere fratelli e sorelle risultò infatti piuttosto ininfluente per il livello di istruzione del primogenito o della primogenita, che tendeva a essere lo stesso indifferentemente dal numero di fratelli e sorelle più piccole che aveva. Era però influente per i nati successivamente, penalizzante in particolare per le donne: quelle nate più tardi avevano guadagni più bassi (che fossero impiegate a tempo pieno o meno), meno probabilità di lavorare a tempo pieno e maggiori probabilità di avere il primo parto da adolescenti. Al contrario, anche se gli uomini nati più tardi avevano un reddito a tempo pieno più basso rispetto ai nati prima, non avevano meno probabilità di lavorare a tempo pieno.
L’ordine di nascita all’interno delle famiglie numerose non è invece un fattore altrettanto influente nella definizione del carattere e dell’identità delle persone, contrariamente a quanto suggerito da molte teorie incerte e luoghi comuni, come quello sui presunti tratti ricorrenti nei figli di mezzo, per esempio. Una ricerca condotta da un gruppo del dipartimento di psicologia dell’Università di Lipsia e dell’Università Johannes Gutenberg di Magonza, pubblicata nel 2015 sulla rivista scientifica PNAS, analizzò un ampio insieme di dati relativi a tre campioni di popolazione degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Germania. E non riscontrò effetti dell’ordine di nascita sull’estroversione, sulla stabilità emotiva, sulla piacevolezza, sulla diligenza e sull’immaginazione delle persone.
Ovviamente le relazioni tra fratelli e sorelle possono anche essere negative, e in alcuni casi pessime, al punto da condizionare pesantemente tutta la vita. Avere cattivi rapporti con fratelli e sorelle aumenta le probabilità di abuso di sostanze, depressione e ansia durante l’adolescenza. E due studi longitudinali su un campione piuttosto esteso di popolazione del Regno Unito indicano che il bullismo tra fratelli adolescenti aumenti il rischio di compiere atti di autolesionismo nella prima età adulta e il rischio di soffrire di psicosi (varie condizioni patologiche caratterizzate da un’alterazione del rapporto con la realtà).
Alcune riflessioni e studi recenti si sono concentrati su quanto le relazioni tra fratelli e sorelle siano soggette a un’evoluzione nel corso del tempo e possano cambiare anche molto, specialmente in seguito alla fine della coabitazione, o alla morte dei genitori. In un recente articolo sul rapporto tra fratelli e sorelle, intitolato Le relazioni più lunghe della nostra vita, l’Atlantic ha scritto che questo rapporto ha generalmente due fasi distinte: una prima fase in cui è molto radicato nel tessuto familiare e guidato dai genitori, e un’altra in cui sopraggiunge l’indipendenza.
In questa seconda fase quello tra fratelli e sorelle diventa un caso piuttosto unico di legame in parte ancora «involontario», perché nessuno sceglie i propri fratelli o le proprie sorelle, appunto, ma in parte anche «volontario». Continuare a frequentare i propri fratelli e sorelle, così come smettere di farlo, tende infatti a non essere più un atto condizionato da dinamiche familiari e obblighi morali o di altro tipo. Tant’è che allontanarsi da un fratello o da una sorella è solitamente considerato un fatto meno eccezionale e in un certo senso meno grave che allontanarsi da un genitore o da un coniuge. In estrema sintesi, scrive l’Atlantic, fratelli e sorelle sono «persone costrette a stare insieme che poi all’improvviso non lo sono più».
La seconda fase della relazione tra fratelli e sorelle è tendenzialmente caratterizzata da un’indipendenza economica e affettiva che può dare l’opportunità di costruire una relazione diversa rispetto a quella della giovinezza. A volte le persone rimangono bloccate nei ruoli interpretati nella fase precedente, a volte riescono a liberarsene. E una delle ragioni per cui capita di avere un rapporto completamente diverso, secondo la statunitense Katherine Jewsbury Conger, sociologa della University of California Davis, è il venir meno di un particolare fattore a volte percepito all’interno del contesto familiare: i favoritismi.
Utilizzando il campione di uno studio longitudinale su tre generazioni di famiglie rurali dell’Iowa cominciato alla fine degli anni Ottanta (il Family Transitions Project), Conger ha intervistato coppie di fratelli e sorelle, sia insieme che separatamente, dagli anni della scuola media fino all’età adulta. E ha scoperto che ricordavano anche a distanza di anni quale dei due condividesse più interessi con la madre o con il padre, o avesse più bisogno di aiuto per i compiti a casa o per altro, e che questa condizione non era causa di dissidi. Nei racconti emergevano invece conflitti e tensioni nei rapporti nei casi in cui fosse presente la percezione di favoritismi slegati da necessità particolari e specifiche.
L’eventuale risentimento per questo tipo di dinamica familiare, in cui coesistono sentimenti sia positivi che negativi verso il fratello o la sorella, tende a raggiungere il picco prima dell’adolescenza. Dopodiché le persone cominciano a essere più indipendenti e a trascorrere più tempo con gli amici e meno con i genitori. E comincia a emergere per la prima volta la natura «volontaria» delle relazioni tra fratelli e sorelle, e l’idea che sia necessaria una qualche forma di impegno per mantenerle. L’adolescenza è per questo motivo considerata un punto di svolta nel rapporto tra fratelli e sorelle, dal momento che pone in molti casi le basi delle relazioni future: quanto saranno attive e impegnate, o distanti e poco coinvolgenti, in età adulta.
Non significa che quanto emerge nella relazione tra fratelli e sorelle durante l’adolescenza sia destinato a rimanere immutato per sempre: come affermato da Conger è possibile che più avanti nella vita quel legame venga in parte riscritto a seguito di un «ricentramento dinamico». La parola «ricentramento» si riferisce al fatto che rispetto all’infanzia, una fase in cui i bambini e le bambine vedono i genitori come il centro della famiglia, il legame tra fratelli e sorelle e il cambiamento di quella relazione diventa il nuovo centro.
Spesso gli eventi e i passaggi più significativi nel corso della vita delle persone, sia positivi che negativi, possono contribuire a un ricentramento della relazione tra fratelli e sorelle: un matrimonio, una gravidanza, una nascita o un lutto. Ma queste stesse occasioni possono anche lasciare inalterati o peggiorare i rapporti, come nel caso dell’assistenza ai familiari, che secondo una ricerca del 2014 può far riemergere in alcuni casi risentimenti del passato legati ai favoritismi nel nucleo familiare d’origine.
Una conclusione condivisa da molte ricerche e riflessioni sul rapporto tra fratelli e sorelle è che l’influenza reciproca sia comunque duratura. Per molte persone la relazione con fratelli e sorelle è infatti la più lunga di tutta la vita: precede quella con il o la partner, e sopravvive generalmente a quella con i genitori. Spesso è anche una delle relazioni più intense. Uno studio del 2013 condotto su oltre un milione di svedesi riscontrò una correlazione tra la morte di un fratello o una sorella in età adulta e il rischio di morire di infarto fino a 18 anni dopo il lutto. E citò come possibili cause sia le predisposizioni genetiche condivise che lo stress causato dal lutto, fattori di rischio di infarto miocardico.
È probabile che la maggior parte delle persone con fratelli o sorelle sia diversa da come sarebbe stata senza. Come ha scritto l’Atlantic «fratelli e sorelle sono una parte viva della storia di qualcuno e una forma di memoria che vive al di fuori di noi stessi».